60° ANNIVERSARIO TRAGEDIA DEL VAJONT

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Un saluto particolare al Sindaco, agli amministratori, ai sindaci di altri paesi e al numeroso gruppo degli Alpini. Carissimi confratelli e tutti voi della comunità di Vajont, ci troviamo insieme questa sera per ricordare il 60° Anniversario della tragedia del Vajont. Una tragedia presente e viva nel cuore di tutti; alcuni di voi l’avete vissuta in prima persona o sentita raccontare dai nonni, dai genitori o parenti. Una ferita che ancora oggi dopo 60 anni fa fatica ad essere rimarginata e che non potrà mai cicatrizzarsi.

Questa mattina la società civile rappresentata dal Presidente della Repubblica Italiana, dai due Presidenti delle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia e dai tantissimi sindaci, insieme a molti cittadini, ha fatto memoria, nella vicinanza della diga di Erto, di questo triste avvenimento, ricordando tutte le vittime e le persone coinvolte, superstiti e volontari, mettendo in luce le responsabilità di molti che hanno voluto costruire una diga così grande in un bellissimo territorio fragile, che non poteva sostenere un lago, considerata la fragilità del suolo e delle montagne soprastanti. Tutti gli interventi hanno riconosciuto le gravi responsabilità dell’uomo e delle realtà coinvolte, frutto solo di ingordigia e di bramosia di denaro, passando sulle teste e sulla vita di tante comunità e persone. “Desiderio cieco dell’uomo di piegare a proprio piacimento la natura per guadagnarne il massimo profitto”, così ha detto il Presidente Mattarella citando Fedriga.

Noi, questa sera, riuniti per la celebrazione dell’Eucaristia, attorno all’altare del Signore che si dona a noi, facciamo memoria di tutte le vittima del Vajont, ricordandoci che sopra ogni interesse e ogni legge ci sta l’amore di chi dà la vita non per i propri interessi o per il proprio tornaconto personale, ma per la salvezza degli altri. Siamo qui riuniti attorno alla sua Parola che viene proclamata in ogni liturgia: è il Signore che ci parla anche oggi e ci indica il cammino da seguire. Ma siamo qui anche per illuminare questa tragedia con la luce della sua Parola, sostenuti dalla presenza dello Spirito Santo che ci sostiene e ci dà la forza di continuare il nostro cammino. Una Parola che non è provocazione, né mettere alla prova l’altro, come ha fatto il dottore della legge nei confronti di Gesù. Una Parola che chiede ascolto e capacità di confrontare la propria vita con le proposte e il progetto di Dio padre. Interessante la risposta che Gesù dà al dottore della legge: “Che cosa sta scritto nella legge? come leggi?” (Luca 10,26). Ci può essere chi legge la Parola per trovare conferma delle proprie opinioni, del proprio modo di pensare o valutare la storia o per giudicare gli altri, oppure chi si lascia provocare e mettere in crisi dalla Parola, scoprendo che l’amore e la compassione verso chi soffre ed è nel bisogno ci può essere anche in chi noi non lo riteneva possibile. “E chi è mio prossimo” (Luca 20,29), chiede il dottore della legge per giustificarsi, invece Gesù risponde: di chi ti vuoi fare prossimo? (cfr. v.26).

In quei tragici giorni, narra la storia, sono stati tantissimi i soccorritori e i volontari che si sono fatti prossimo di chi era nella sofferenza e nel bisogno. Volti e nomi sconosciuti che ci hanno dato una lezione molto importante: quello che vale nella vita, quello che dà anche oggi gioia e soddisfazione, non è l’accumulare cose o il pensare solo a se stessi, ma mettere insieme i due comandamenti che nell’AT erano separati e che l’evangelista Luca ne fa diventare uno solo facendolo dire al dottore della legge: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, … e il tuo prossimo come te stesso” (10, 27). Il prossimo è qualsiasi persona che si trova in difficoltà, che è nel bisogno, che necessita della nostra vicinanza e attenzione. Il prossimo non può essere rinchiuso in una definizione o in uno schema, perché è colui che ognuno di noi decide di rendere prossimo, avvicinandosi. Il primo passo da fare consiste nel vedere e nell’accorgersi dell’altro, liberandoci dalla presunzione e dai pregiudizi e accostarci a lui, interessandoci dei suoi problemi e delle difficoltà, per poi fare qualcosa di concreto.

Questa, carissimi, è la prospettiva giusta per affrontare e rileggere la grave tragedia del Vajont. Certamente è necessaria la memoria, il non dimenticare mai e il ritornare a quei momenti e a quei giorni. Però non dobbiamo, passato qualche giorno, dimenticarci di tutto e aspettare il prossimo anno. Fare memoria significa rendere presente oggi l’avvenimento ricordato e imparare da quello che è successo per far sì che non succeda mai più. Domandiamoci: quanto siamo attenti al rispetto dell’ambiente, di questo bellissimo territorio e della natura che Dio ci ha donato? Quanto siamo disposti ad assumere uno stile di vita che rispetti il creato, che non lo sfrutti per interessi personali, andando contro anche alla salute e alla vita delle persone? Siamo disposti a guadagnare di meno per vivere così? Quante tragedie stanno accadendo per il ‘clima impazzito’ a causa del nostro modo di vivere; quante guerre che portano solo morti e sofferenza, solo per potere, dominio, denaro e sopraffazioni.

L’esperienza del profeta Giona narrata nella prima lettura, ci insegna che la storia è nelle mani di Dio e che non dobbiamo mai forzare la mano per addomesticarla. Quante persone, negli anni prima della costruzione della diga, dicevano già che non era possibile una diga in quella valle, che il terreno non era idoneo per accogliere un lago così grande. Giona si rifiutò di predicare come Dio voleva e andò nella direzione opposta, prendendo una nave. Ma gli eventi sovrastarono la sua scelta e i marinai per salvarsi lo gettarono in mare. Ma la provvidenza di Dio gli venne incontro. Quanto è accaduto 60 anni fa, ci sia di insegnamento per non sfidare mai le leggi della natura e le evidenze che sono nella tradizione e nel cuore delle persone. Significa anche fidarsi un po’ di più degli altri e del Signore, non preoccupati solo degli interessi economici ma del bene comune di tutti. Quanti eventi dolorosi e catastrofi anche oggi potrebbero essere evitati. Giona ci insegna a non dubitare mai dell’amore di Dio e della sua misericordia, che apre sempre nuove strade.

Preghiamo perché la vostra comunità civile e cristiana possa sempre testimoniare il rispetto e l’amore per ogni persona, amando e rispettando tutto quello che Dio ha creato e ci ha donato. Preghiamo e ricordiamo tutte le vittime della tragedia del Vajont e le vittime di tutte le altre tragedie e della guerre che anche oggi insanguinano il pianeta.

 

+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo