XXII DOMENICA T.O. E GIORNATA DEL CREATO

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Carissimi e carissime, in questa prima domenica di settembre celebriamo la Giornata Mondiale di Preghiera per la cura del Creato, che porta lo slogan che ci ha dato Papa Francesco nel suo messaggio: “Che scorrano la giustizia e la pace” (cfr. Amos 5,24).  Dio desidera che regni la giustizia e la pace, essenziali per la nostra vita come l’acqua lo è per la sopravvivenza fisica. Infatti, “quando cerchiamo prima di tutto il Regno di Dio (cfr. Matteo 6,33), mantenendo una giusta relazione con Dio, l’umanità e la natura, allora la giustizia e la pace possono scorrere, come una corrente inesauribile di acqua pura, nutrendo l’umanità e tutte le creature” (Messaggio, 13 maggio 2023). Siamo consapevoli che la lotta per la salvaguardia del creato è una dimensione fondamentale non solo della nostra umanità, ma anche della nostra fede. Il rispetto per l’ambiente e un atto di lode e di ringraziamento al Signore che ha creato il mondo perché noi lo custodissimo e lo conservassimo per vivere bene e felicemente la nostra esistenza. Non ho paura di affermare che le radici della crisi ecologica sono spirituali ed etiche, connaturali al cuore di ogni persona, che spesso provocano passioni, sentimenti e comportamenti negativi, come l’avidità, l’avarizia, l’egoismo, l’insaziabile desiderio di avere sempre di più, il potere sugli altri, che minacciano l’ambiente e inquinano in maniera grave e irreversibile la nostra casa comune. Pensate per un attimo: le emissioni inquinanti prodotte dalla guerra in Ucraina, sono pari a quelle prodotte dal Belgio!

La Parola di Dio di questa domenica, in particolare la pagina evangelica, ci aiuta a comprendere ancora più profondamente la nostra umanità e la nostra spiritualità, per essere autentici discepoli del Signore, attenti alle necessità degli altri. Il brano di oggi è la continuazione del racconto di domenica scorsa, dove Gesù, a Cesarea di Filippo, ha chiesto ai suoi discepoli: “Ma voi, chi dite che io sia?” (Matteo 16,15). Pietro aveva confessato la sua fede in Gesù, Figlio di Dio, ricevendo il mandato di guidare la sua Chiesa. Ora, nella pagina evangelica di oggi, ai discepoli Gesù consegna l’aspetto più doloroso e faticoso della sua vita: lui, Gesù, dovrà attraversare il dolore e la sofferenza, e i discepoli ne saranno convolti. Il cammino verso Gerusalemme porterà Gesù ad essere rifiutato e alla passione e alla morte violenta, rivelando pure una grande speranza: il Padre, più forte della morte lo risusciterà il terzo giorno. Pietro, turbato, reagì male rifiutando l’idea di una fine così dolorosa per Gesù. Per Pietro l’idea di sofferenza e l’idea di Messia sono semplicemente incompatibili tra loro. Appare così evidente la divergenza tra il disegno d’amore del Padre che arriva a donare suo Figlio per salvare l’umanità, e le attese e i progetti dei discepoli. Ecco perché la reazione di Gesù fu così forte che invitò Pietro a porre da parte queste idee e a rimettersi alla sua sequela, sottomettendosi alla volontà del Padre. Questa è la vera sequela: accogliere il progetto d’amore del Padre che in Cristo si fa dono per l’umanità. Proseguendo l’insegnamento su come essere suoi discepoli, Gesù, rivolgendosi a tutti, dice: “Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (16,24). Gesù chiede anche a noi oggi due movimenti esistenziali. Il primo è ‘rinnegare se stessi’. Questo non vuol dire mortificarsi annichilirsi o non riconoscere i talenti e le doti che abbiamo, ma smetterla di pensare solo a se stessi. Smetti, ci dice Gesù, a metterti al centro di tutto, a pensare solo ai tuoi interessi, ad una felicità che sia solo individuale; smetti, direbbe oggi, di essere autoreferenziale, perché la vera libertà sta nel donarsi agli altri. L’altro movimento con consiste nel ‘prendere la propria croce’. Gesù non ci chiede un cammino pieno di dolori, non vuole esaltare la sofferenza o che ci sentiamo sempre delle vittime, ma che la smettiamo di subire le cose, per assumere tutte le nostre responsabilità. Nel Vangelo la croce è la sintesi della vita di Gesù; la croce è segno di speranza, è il massimo della rivelazione di Dio amore e misericordioso che si dona tutti, per il nostro bene e la nostra felicità. La croce è la via dell’amore verso tutti. Come ricordava Papa Francesco ai giovani raccolti a Lisbona, tutti, tutti, tutti sono destinatari dell’amore e della misericordia del Padre. L’alternativa è tra un modo di concepire la vita privo di amore e un modo, invece, di vivere facendosi dono per gli altri

Questo è il cambiamento di vita, la conversione che Gesù chiede a tutti noi, mettendo il bene dell’altro al centro di tutto. È questo pure il senso più vero della giornata di preghiera per la cura del Creato. La conversione che ci viene chiesta, se vogliamo salvare la nostra terra, consiste nel passaggio dall’io al noi. Avere cura significa prestare attenzione al bene dell’umanità e non solo al bene di pochi, al bene del creato, perché chi vivrà dopo di noi, possa godere di un ambiente sano e salubre, possa bere acqua cristallina e nutrirsi di cibo e non di scorie velenose. Facciamo nostre le indicazioni e i suggerimenti del messaggio del papa: “Soffermiamoci su questi battiti del cuore: il nostro, quello delle nostre madri e delle nostre nonne, il battito del cuore del creato e di Dio. Oggi essi non sono in armonia, non battono insieme nella giustizia e nella pace. A troppi viene impedito di abbeverarsi a questo fiume possente. Ascoltiamo l’appello a stare a fianco delle vittime dell’ingiustizia ambientale e climatica e a porre fine a questa insensata guerra al creato”. Ringraziamo Dio per le tante persone che lavorano duramente per prevenire ulteriori aggressioni all’ambiente o per riparare i danni già fatti.

In questa celebrazione eucarestia desideriamo essere vicini a tutte quelle persone che in questi ultimi tempi sono state colpite dai gravi cambiamenti climatici, che hanno devastato non solo i raccolti agricoli ma anche le case e le fabbriche, creando grossi problemi economici e sociali, non solo nel nostro territorio, ma in Italia, nel nord Europa e in numerosi paesi del mondo. I potenti della terra, i governati e noi tutti dobbiamo essere più responsabili delle politiche che governano le nostre vite per evitare nuovi cambiamenti climatici. Ecco perché è necessario che ciascuno cooperi a creare ‘nuovi stili di vita’, più umani e più rispettosi dell’ambiente, degli altri e di Dio.

 

+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo