La celebrazione eucaristica della solennità di Tutti i Santi, nell’antifona d’ingresso si apre con l’esortazione ‘rallegriamoci nel Signore’, invitandoci a condividere la gioia di tutte quelle persone che hanno cercato di compiere nella vita, con amore fedeltà, la volontà di Dio. Il Paradiso non è per pochi eletti, e i santi non sono una casta di eroi, ma, come ci ricorda l’Apocalisse sono “una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popoli e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello” (7,9). Tutti nel mondo hanno la possibilità di realizzare pienamente la loro umanità e la loro fede, rendendosi docili e accogliendo l’amore del Padre. Uomini e donne, che stanno in piedi, dice l’Apocalisse, davanti all’Agnello, davanti al sangue di Cristo che li ha liberati facendoli diventare non servi, ma amici del Signore e fratelli tra di loro.
La festa di Tutti i Santi, è una delle feste più care e più sentite del popolo cristiano fin dai fin dai secoli ottavo e nono, sia perché è unita strettamente al ricordo dei nostri cari defunti, ma soprattutto perché si celebra la festa di tutti gli uomini e le donne che, pur vivendo la vita e la quotidianità tra tante fatiche e tribolazioni, non si sono lasciati scoraggiare dal male ma con la loro fede e carità hanno accolto il Signore, lo hanno cercato e testimoniato in vita, amandolo intensamente. Nel cuore d’autunno, raccolti gli ultimi prodotti della terra, la Chiesa è in festa perché contempla e gioisce per quei magnifici frutti prodotti lungo la storia dai tralci uniti alla vera vite che è Cristo Gesù. Cinque anni fa Papa Francesco ci ha donato una delle più belle esortazioni apostoliche: Gaudete et Exultate, intendendo collocare la santità nella vita quotidiana, nella porta accanto, nelle nostre case e quartieri. È la santità che ciascuno di noi vive e può sperimentare: la santità dei lavoratori, dei malati, degli anziani e nonni, dei genitori, dei laici e dei preti e consacrati, dei giovani e degli studenti, dei genitori e delle famiglie di chi comanda; ma soprattutto è la santità di chi soffre per le ingiustizie e per la guerra. È la santità per tutti! Questa visione ce l’aveva già offerta e presentata il grande santo vescovo Francesco di Sales, nella sua opera La vita devota, convinto che la santità è la vocazione universale di tutti i cristiani e che tutti possono essere e diventare santi. La santità cresce attraverso i piccoli gesti buoni della vita quotidiana. Essere santi significa vivere con amore, offrendo la testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno. In questo giorno la Chiesa ci invita a rimanere anche noi in piedi, ad alzare il nostro sguardo verso il cielo, verso la Gerusalemme Celeste, dove l’Assemblea dei nostri fratelli e sorelle loda e glorifica in eterno il Signore. Tutta la lunga storia della Chiesa, venti secoli, è segnata da uomini e donne che con la loro fede, con la loro carità e con la loro vita sono stati degli esempi e dei fari per tante generazioni, con un unico filo conduttore: si sono uniti così fortemente a Cristo, da essere uno con Lui, come ha affermato san Paolo: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Galati 2,20).
Un interrogativo può nascere dentro di noi: come possiamo diventare santi, amici di Dio? In negativo, possiamo dire che per essere santi non è necessario compiere azioni e opere straordinarie, né essere perfetti o possedere doni particolari. In positivo è necessario ascoltare Gesù e poi seguirlo senza mai perdersi d’animo di fronte alle difficoltà. Molte biografie di santi, anche famosi, parlano di persone normali, ma docili al Signore che li ha sostenuti soprattutto nei momenti di prova più difficili. Il discorso della Montagna che la liturgia ci ha proposto, presenta il testo di Matteo delle Beatitudini, una delle pagine più belle del Vangelo, in quanto traccia la via, il cammino del discepolo sulle orme verso il Regno. È un testo molto conosciuto e che si presta ad essere frainteso, o come un testo poetico e suggestivo, oppure un testo del passato, un testo di morale da seguire per essere buoni cristiani, dimenticandoci così che prima di tutto è Vangelo, buona notizia, opportunità e possibilità di vivere una vita piena, perché l’ha già vissuta e sperimentata Gesù; una vita capace di dare senso e significato a qualsiasi cosa ci possa capitare. Solo confrontandoci con Gesù, con il suo progetto e stile di vita, si possono accogliere vivere le Beatitudini, strada luminosa che porta alla santità.
Le Beatitudini ci presentano la novità cristiana, ricordandoci con forza la logica del Regno. Per nove volte Gesù proclama beati quanti vivono alcune situazioni particolari, anche difficili, aiutandoli nel cammino verso la piena comunione con Dio La beatitudine non proviene dalle condizioni esterne favorevoli, ma nasce da alcuni comportamenti destinatari di una promessa di felicità da parte di Dio, anche se non sono sempre facili da accogliere, quali il distacco dei beni, l’esercizio della misericordia, la mitezza, la solidarietà e la ricerca sincera della pace. È la beatitudine di chi conosce una ragione per cui valga la pena non solo vivere, ma vivere in pienezza con serenità e gioia, facendo della propria vita un dono per tutti. In questo modo ci si sente figli di Dio; ed è questo, alla fine quello che conta!
Carissimi e carissime, la Solennità di Tutti i Santi è la nostra festa: non perché siamo perfetti e buoni, ma perché la santità di Dio ha toccato la nostra vita. Questa festa ci fa sentire figli amati da Dio, fratelli di Gesù Cristo e tra di noi, Chiesa terrena in cammino verso la Chiesa celeste. Oggi celebriamo la fedeltà di Dio, ma anche il cammino e il desiderio di essere tutti noi fedeli e uniti al Signore Gesù. I santi in cielo già posseggono questa promessa Noi siamo ancora in cammino, desiderosi di possederla, un domani, nel cielo.
+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo