Omelia celebrazione di apertura Visita Pastorale forania Spilimbergo Travesio, 23 giugno 2019  

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Omelia celebrazione di apertura Visita Pastorale forania Spilimbergo

Travesio, 23 giugno 2019

 

Carissimi, ci troviamo insieme nella solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo per dare inizio alla Visita Pastorale nella Forania di Spilimbergo, insieme ai vostri sacerdoti, ai vicepresidenti dei Consigli Pastorali Parrocchiali, ai membri dei due consigli di Unità Pastorale e a tutti voi qui presenti. Una forania particolare, formata da 30 parrocchie e altre piccole comunità, molte delle quali situate in zona montagnosa. Come ricordavo nella lettera di indizione della Visita Pastorale “Oggi devo fermarmi a casa tua” (Luca 19,5), Gesù desidera incontrare Zaccheo e incontrarlo proprio a casa sua, nella quotidianità del sua vita. Gesù non ha paura di incontrare le persone dove vivono realmente e di misurarsi con loro, senza pregiudizi e precomprensioni. Questo vuole essere anche la modalità e l’atteggiamento di fondo per vivere l’incontro con voi e con le vostre comunità. La visita pastorale non è un retaggio del passato, ma un’opportunità per condividere con voi un po’ del vostro cammino, per sostenere la vita delle comunità, incoraggiarvi nei momenti di fatica e di difficoltà e sostenere la vostra fede in questi tempi non sempre facili. In questo modo sarà più facile annunciare la gioia del Vangelo e la bellezza del testimoniarlo agli altri, anche alle persone che hanno fatica ad avvicinarsi alle nostre comunità.

La visita inizia oggi, con la festa del Corpus Domini. E’ un’occasione ricca di significato, perché ritorniamo al centro della nostra fede, della nostra vita cristiana: Gesù che si fa dono. Dono di amore per tutti: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me” (1 Corinzi, 11,24). Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci aiuta a comprendere il valore di questo cibo che riceviamo. Gesù era seguito da tanta gente, che voleva ascoltare la sua parola, essere aiutata e guarita. Ma si fece tardi. Che fare, si chiesero i discepoli. Consigliano Gesù in modo del tutto comprensibile: “Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo; qui siamo in una zona deserta” (Luca 9,12). Come fare davanti a un bisogno così grande e imprevisto? Capita anche a noi di sentirci impotenti davanti al bisogno degli altri. Anzi, molti oggi si sentono impauriti di fronte al bisogno dei poveri, dei profughi, degli anziani, e di tanti altri. Facile dire: vadano a cercarsi un posto altrove! Qui non ce n’è abbastanza neppure per noi! Non sono ragionamenti sbagliati, ma non sono quelli di Gesù, che non si fa intimorire e dice ai discepoli: “Voi stessi date loro da mangiare!” (9,13). Anche se è poco non conta. Ciò che abbiamo porta frutto se lo condividiamo con gli altri. Il Signore è capace di fare grandi cose con la nostra piccolezza.

Dalla risposta che Gesù ha dato ai suoi discepoli prendo lo spunto per dare una prospettiva unitaria alla visita pastorale che inizia nelle vostre comunità parrocchiali e al cammino che come Chiesa diocesana e come comunità cristiane siamo chiamati a vivere nei nostri giorni, giorni non semplici e facili. Vi propongo tre semplici considerazioni.

° “Voi stessi”. E’ il soggetto della frase e ci ricorda che anche tutti noi siamo il soggetto della pastorale. Spesso ce ne dimentichiamo perché pensiamo che prima di tutto sia la Chiesa istituzione e i sacerdoti che devono preoccuparsi della pastorale. Dobbiamo ricordarci sempre di più che siamo tutti noi, che è la comunità cristiana, nella varietà di doni e di ministeri, che si deve preoccupare dell’evangelizzazione e dell’annuncio del Vangelo. La Chiesa è fatta non solo di istituzioni, ma di persone che, illuminate e sostenute dalla forza dello Spirito Santo, sentono dentro di loro la gioia e la passione di portare Gesù a tutti, in particolare ai più bisognosi, singolarmente e insieme, come comunità. Una comunità che non si chiude in se stessa, ma che si apre, che ha il coraggio di andare in cerca nelle periferie esistenziali della storia, di chi si è allontanato, di chi non crede o non vuol sentir parlare di fede e di Chiesa. Persone che hanno coraggio di impegnarsi in prima persona, persone che vivono profondamente la loro vocazione battesimale, mettendo a servizio degli altri i propri doni e i talenti ricevuti. “La Chiesa in uscita – ci ricorda papa Francesco – è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane” (EG 46). E al numero 49: “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”. Penso, in particolare, al vostro territorio formato da numerose e piccole comunità cristiane. Non è più possibile chiudersi e pensare al passato glorioso che non ritornerà mai più. Se vogliamo essere presenti e significativi nella vita quotidiana delle persone, è fondamentale mettersi insieme e insieme domandarci cosa fare, individuando qualche possibile risposta ai bisogni e alle urgenze dell’annuncio del Vangelo. Già qualche anno fa, i Vescovi italiani ci hanno ricordato che “la radice locale è la nostra forza, perché rende la nostra presenza diffusa e rispondente alle diverse situazioni. Ma se diventa chiuso particolarismo, si trasforma nel nostro limite, in quanto impedisce di lavorare insieme. … Tutti devono acquisire la consapevolezza che è finito il tempo della parrocchia autosufficiente” (Il volto missionario delle parrocchie…, 11). Ecco perché è sempre più indispensabile lavorare in Unità Pastorale. Oramai tantissime parrocchie non sono più in grado di attuare, da sole, una seria e incisiva proposta pastorale.

° “Date da mangiare”. Gesù ci invita a portare, ad offrire agli altri qualcosa di solido e nutriente. Benissimo la preoccupazione di trovare strategie e modalità nuove di pastorale e di evangelizzazione. Ma non dimentichiamo che prima di tutto è necessario annunciare e portare Gesù, la sua parola e il suo Vangelo. Dobbiamo ripartire da qui. La Chiesa non è apparato o una machina per far soldi. La Chiesa è la comunità che si raduna attorno a Cristo, che celebra il giorno del Signore, la sua vittoria sulla morte e che lo testimonia gioiosamente ai fratelli e alle sorelle che avvicina. Il Vangelo ci ha appena ricordato che per trovare l’energia per rispondere alla fame e al bisogno delle donne e degli uomini del nostro tempo, abbiamo Gesù con noi; abbiamo la sua forza, la forza di questo cibo di vita eterna: la sua parola e il suo pane, che diventano cibo per noi. L’Eucaristia ce lo insegna: lì c’è Dio racchiuso in un pezzetto di pane. Semplice, essenziale, Pane spezzato e condiviso, l’Eucaristia che riceviamo ci trasmette la mentalità di Dio. E ci porta a dare noi stessi agli altri.

° “Loro”. Coloro che ci passano accanto e che hanno bisogno di essere accolti e ascoltati, che desiderano dare un significato alla loro vita, ma non sanno cosa fare e dove andare. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13,34-35). Non abbiate paura, carissimi, nei Consigli Pastorali Parrocchiali e di Unità Pastorale, di riflettere domandandovi chi sono concretamente “loro”, che hanno bisogno di sentire annunciare la parola di Gesù attraverso la testimonianza della vita. Penso, in particolare le famiglie e gli adulti, i giovani e gli adolescenti, i tanti poveri materialmente e spiritualmente della nostre comunità.

Vi auguro che l’esperienza della visita pastorale possa aiutare ciascuno di noi e le nostre comunità, ad accogliere la bellezza della presenza viva di Gesù per diventare gioiosi testimoni nel mondo. Buon cammino.

+ Giuseppe Pellegrini vescovo

Travesio
23/06/2019
Travesio, Friuli Venezia Giulia Italia