Giubileo politici e amministratori – Pordenone 11 marzo 2016

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Giubileo politici e amministratori

Pordenone 11 marzo 2016

 

Il Giubileo della misericordia che stiamo vivendo insieme in questo giorno, ci rinnova l’appello alla conversione. E’ la chiamata che Dio ci fa per cambiare vita, per lasciarci toccare il cuore dall’amore di Dio, perché la conversione non è questione di un gesto o di un momento, ma è un cammino e un impegno che dura tutta la vita. Il vangelo che la liturgia ci ha proposto invita anche noi, come gli abitanti di Gerusalemme, a porci, quando ci si incontra con Gesù, la domanda fondamentale: “Non è costui quello che cercano di uccidere?” (Giovanni 7,25). E’ sempre difficile riconoscere in Gesù il vero Messia. Anche chi lo aveva conosciuto a Nazareth non aveva capito la presenza di Dio nell’umiltà della sua persona, fermandosi solo alla dimensione terrena. Gesù fa appello, circa la sua origine, all’autorità stessa di Dio che lo ha mandato. Egli non è venuto da se stesso; la sua missione l’ha ricevuta direttamente da Dio che non inganna mai. La sua predicazione a Gerusalemme risultava scandalosa perché Gesù si è manifestato come vero Dio. Ma per riconoscerlo è necessaria la fede e la disponibilità del cuore; se queste mancano, Gesù diventa segno di contraddizione e motivo di scandalo, perché manifesta la sua gloria nel Mistero Pasquale della sua morte e risurrezione. Questo è il modo di amare di Gesù: dare la sua vita, tutto se stesso, per noi e per l’umanità. San Giovanni inizia il suo Vangelo dicendo che la luce splende nelle tenebre, ma molti non l’hanno accolta. Le tenebre, però, non possono impedire alla luce di illuminare il mondo, e questa luce si è manifestata in tutta la sua pienezza sulla croce. Per Gesù anche il male più grande e le situazioni più difficili diventano occasioni per manifestare l’amore, la misericordia e la bontà di Dio Padre.

La vera conversione ci chiede di camminare, ma anche di attendere i tempi di Dio, perché questo tempo, quest’ora non è determinata dagli uomini ma da Dio. Così si conclude la pagina del Vangelo di oggi: “Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di Lui, perché non era ancora giunta la sua ora” (7,30). L’ora di Gesù è quella della sua glorificazione che ha il suo inizio nella croce. Durante tutta la sua vita Gesù ha reso visibile con gesti e parole il compimento di quest’ora, in particolare testimoniando l’amore misericordioso del Padre. L’amore di Gesù Cristo dura sempre, non avrà mai fine, perché è la vita stessa di Dio. Questo è il Dio Padre che ci ha rivelato Gesù. Un Dio che ci ama sempre, che non si stanca mai di noi, che prima ancora di riconoscere il nostro peccato e prima ancora di chiedergli perdono, Lui ci ha già perdonato perché ci ama e ci vuole un gran bene. Dio Padre, anche quando sbagliamo, ci aspetta sempre e ci accoglie a braccia spalancate.

Il Vangelo ci ricorda anche che l’ostilità verso Gesù, spesso, è da parte dei capi del popolo, che non riescono a riconoscere in Lui l’inviato, il mandato dal Padre. Anche noi qui, chiamati ad essere le guide, i responsabili del bene comune, talvolta induriamo il nostro cuore, diventando incapaci di ascoltare la voce del Signore e le voci delle persone che si rivolgono a noi. Vi leggo il n. 205 dell’Evangelii gaudium, che mi pare molto significativo per il nostro giubileo: “Chiedo a Dio che cresca il numero di politici capaci di entrare in un autentico dialogo che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l’apparenza dei mali del nostro mondo! La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune. Dobbiamo convincerci che la carità «è il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici». Prego il Signore che ci regali più politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri! È indispensabile che i governanti e il potere finanziario alzino lo sguardo e amplino le loro prospettive, che facciano in modo che ci sia un lavoro degno, istruzione e assistenza sanitaria per tutti i cittadini. E perché non ricorrere a Dio affinché ispiri i loro piani? Sono convinto che a partire da un’apertura alla trascendenza potrebbe formarsi una nuova mentalità politica ed economica che aiuterebbe a superare la dicotomia assoluta tra l’economia e il bene comune sociale”. Non abbiamo paura, carissimi tutti, di fare un serio esame di coscienza, di riconoscere anche le nostre colpe, certi che il Signore ci ama e che ci ha già perdonato. A noi, però, l’impegno di vivere e di attuare tale conversione nella nostra vita. Mi fa riflettere l’insistenza di papa Francesco, nell’incontro avuto con i politici italiani nel 2014, nel richiamare il rischio della classe politica di allontanarsi dalla gente, di chiudersi nel proprio gruppo, nell’avere un cuore indurito, idolatra, passando così da peccatori a corrotti.  Ed è difficile poi che un corrotto riesca a tornare indietro, perché Dio non trova più posto nel suo cuore, rivolto solo ai propri interessi. Il peccatore è colui che riconosce il proprio peccato ed è capace di tornare indietro. Il corrotto invece è fissato nelle sue cose perché ha il cuore indurito. Anche nella bolla di indizione del Giubileo, papa Francesco ritorna sul rischio della corruzione. “Questa piaga putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il cielo, perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione impedisce di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. È un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici. La corruzione è un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illusione del denaro come forma di potenza… Questo è il momento favorevole per cambiare vita!” (n. 19).

      Carissimi fratelli e sorelle, in questo cammino Dio Padre ci invita a confidare in Lui, a pensare al suo amore misericordioso, a non aver paura di accoglierlo e di convertirci. Vi lascio con una domanda, che può esserci utile per vivere bene questo giubileo e per prepararci alla gioia pasquale: “Ma io sono su questa strada? Desidero con tutto me stesso percorrerla?”.

                                                                       + Giuseppe Pellegrini

                                                                                   vescovo

 

 

Pordenone
11/03/2016
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia