Omelia funerale di Marco Tondat, trucidato a Dacca in Bangladesh – Cordovado, 9 luglio 2016

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Omelia funerale di Marco Tondat, trucidato a Dacca in Bangladesh

Cordovado, 9 luglio 2016

 

Letture: Apocalisse 21,1-5a, 6b-7     –  Luca 23,33-43

 

La vita del nostro fratello Marco e delle altre persone uccise insieme con lui, è stata spazzata via dalla follia terroristica e omicida di sei giovani benestanti che hanno fatto diventare la violenza e il massacro un ideale di vita per cui valeva la pena perdere la propria stessa vita. Come è possibile un tale cammino di barbarie? Qualche volta siamo tentati anche noi di pensare che il male, la malvagità e la perdita di ogni dignità e valore umano possano avere la meglio e che la violenza e la crudeltà possano trovare spazio per diffondersi sempre di più e schiacciare qualsiasi germe di civiltà e di umanità. E così chinare il capo sconsolati e rasseganti. Ancora potremo aprire il nostro cuore al desiderio di vendetta, al rancore e all’astio che portano inevitabilmente ad una conflittualità dilagante che non farà altro che innescare nuove violenze e nuove intolleranze. Purtroppo, la barbara uccisone di Marco e dei suoi compagni, non è altro che il frutto di questa logica iniqua e perversa. Sento ancora più vere, oggi, le parole di papa Francesco durante la Via Crucis al Colosseo: “O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo eretta nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli uccisi, bruciati vivi, sgozzati e decapitati con le spade barbariche e con il silenzio vigliacco. … Ti vediamo ancora oggi nei fondamentalismi e nel terrorismo dei seguaci di qualche religione che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze”.

La Parola di Dio appena proclamata ci offre un messaggio di consolazione e di speranza, con la certezza che tutto ciò che oggi deturpa e rovina la vita, un giorno scomparirà.  “E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima, infatti, erano scomparsi” (Apocalisse 21,1). L’apostolo sta vivendo, insieme alla sua comunità, un tempo di persecuzione e di dolore; gli viene rivelato che questo mondo, invecchiato dall’odio, dalla violenza e dall’ingiustizia un giorno scomparirà per far posto ad un ‘mondo nuovo’, dove regnerà l’amore, la pace e a giustizia. Dio stesso si impegnerà in prima persona con la forza della sua tenerezza e della sua misericordia. Carissimi, potrebbero sembrare solo delle belle parole consolatorie. Ma non è così, perché Gesù, lungo tutta la sua vita, ci ha testimoniato l’amore e la compassione del Padre. L’odio e la ferocia disumana di questo attentato ci permettono di capire e di comprendere ancora di più la forza e il valore delle parole di Gesù in croce: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” e al ladrone pentito: “Oggi con me sarai nel paradiso” (Luca 23, 34.43). C’è una solidarietà profonda tra la morte di Gesù e la morte di ogni uomo, anche della morte di Marco. Con un amore totale e libero, Gesù si è offerto al Padre, prendendo su di sé tutti i nostri peccati, le nostre sofferenze e la nostra morte. Le ingiustizie e le sofferenze non hanno distolto Gesù dal suo amore. Nella sua sconfitta egli rimane un vincitore, perché vive ciò che ha insegnato. Con Gesù anche Marco ha vinto la morte nell’amore e con l’amore. Per quanto lontano possa spingersi l’odio di alcune persone, l’amore di Dio è stato e sarà sempre più forte. Gesù sulla croce non ha chiesto al Padre di vendicare quelli che l’hanno ucciso e così sostenere la sua causa. Ha chiesto solo il perdono!

Carissimi tutti, anche se umanamente non è facile da accettare, il Signore ci invita ad abbandonare sentimenti di odio e di vendetta. C’è solo una cosa che può salvare il mondo: l’amore e la misericordia di Dio per gli uomini e degli uomini tra di loro. Dobbiamo ribadire con fermezza e coraggio che la pace e la giustizia si raggiungono soltanto quando siamo capaci di mettere al centro della convivenza sociale e civile l’amore e il perdono, come valori assoluti anche per noi. Significa credere che anche per la persona più crudele ci può essere una salvezza e una redenzione, un riscatto, a condizione però che si rivesta di sentimenti di amore, di giustizia e di rispetto verso gli altri. Il vero credente non potrà mai giungere a compiere tali atrocità e crudeltà, perché Dio, qualsiasi sia il credo e la religione, è ricco di amore e di misericordia. Ecco perché chi offende l’essere umano, offende anche Dio.

Solo così il sacrificio di Marco e di tantissime altre persone, vittime dell’odio e del terrorismo, non sarà stato vano. Chi ha conosciuto Marco lo descrive come una persona sorridente e solare, con tanta voglia di vivere, con un cuore grande che batteva non solo per sé ma anche per gli altri. Lo possono ben testimoniare mamma Gemma, il fratello Fabio e i tanti amici. Aveva lasciato l’Italia, stanco del precariato, alla ricerca di qualcosa di più sicuro e stabile. Desiderava vivere una vita piena di gioia e di felicità, facendo sempre del bene a tutti. E’ necessario che la comunità internazionale, abbandonati i particolarismi segnati da ambizioni di guerra fredda, reagisca con fermezza a queste barbarie e insieme crei progetti comuni in difesa dei diritti dei popoli e della persona umana, garantendo la piena dignità di ogni individuo. Si spendono ancora enormi cifre per armi e mezzi di distruzione; è necessario creare una cultura e una mentalità di pace e di giustizia.

Siamo vicini, con il cuore straziato, alla mamma Gemma, al fratello Fabio, alla piccola figlia Eleonora, alle persone a cui ha voluto bene e a tutti i parenti. Oltre che manifestarvi la nostra solidale amicizia e il dolore di tutta la comunità diocesana e civile, vi assicuriamo la nostra preghiera e vi affidiamo al Signore, unica fonte di misericordia e di consolazione.

                                               + Giuseppe Pellegrini

                                                           vescovo

Cordovado
09/07/2016
Cordovado, Friuli Venezia Giulia Italia