Omelia solennità del NATALE
Pordenone 25 dicembre 2017
Dio nel quotidiano
Dio entra nel mondo scegliendo la quotidianità della vita. Non sceglie il tempio con le sue sfarzose cerimonie né la reggia con le sue comodità ma sceglie una semplice grotta “perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Luca 2,7). Alla grande città Dio preferisce la grotta di un semplice paese e viene senza far rumore, senza testimoni qualificati, lontano dai luoghi dove si ‘fa’ la storia, nelle periferie del mondo. Dio viene portando a tutti un messaggio di amore e di pace, una promessa di speranza e di felicità.
Il salvatore, il messia era atteso da secoli. Il profeta Isaia, che ci ha accompagnato in tutto il cammino di Avvento, annuncia al suo popolo, dopo un periodo di difficoltà, di oscurità e di angoscia, un liberatore, un salvatore: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. … Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio” (6,1.5). Questo, carissimi tutti, è lo stile di Dio: Dio entra nella storia dell’umanità per liberarla dalla schiavitù del male e del peccato e per salvarla, non attraverso un eroe o un personaggio famoso, ma attraverso la nascita di un bambino, di un figlio, come ci ha detto l’evangelista Luca “oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (2,11). Ecco il grande dono, il regalo che Dio offre al mondo intero anche quest’anno. L’incarnazione di Gesù non è il frutto di una coincidenza o, come alcuni pensano, dell’incrocio di alcune costellazioni o astri del cielo, ma è un progetto ben preciso di Dio che ha pensato fin dalla creazione del mondo. Gesù è il Figlio di Dio, è Dio che il Padre, con un atto d’amore infinito, dona all’umanità per salvarla. Ce lo ricorda l’evangelista Giovanni nel Prologo del suo vangelo: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Vervo era Dio. … E il Verbo si è fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (1,1.14). Gesù è Dio ma anche il Figlio di Davide, il figlio di Maria che si è incarnato in un luogo e in un momento ben preciso della storia. Gesù, come professiamo nel credo, simbolo della nostra fede, è “vero Dio e vero uomo”. Nel racconto della nascita di Gesù, ci viene rivelato il volto di un Dio che sceglie la via della debolezza e dell’umiltà per aprire all’umanità la via della vita. Attraverso il mistero dell’incarnazione, passione, morte e risurrezione, che sono il segno del dono totale di sé, la vita, la vita vera ci avvolge totalmente. In questa notte e in questo giorno santo, Dio assume tutta la nostra fragilità e le nostre sofferenze, le nostre paure e i nostri limiti e con un gesto di amore entra nella vita di ogni giorno facendosi come noi e non abbandonando più la nostra umanità che ha fatto sua.
Ecco perché non dobbiamo più aver paura! Questo meraviglioso annuncio che in Gesù Dio si avvicina a noi entrando nella nostra umanità, si rivolge concretamente a noi che siamo qui presenti e che desideriamo incontrarci con Lui. Non conta il motivo o le ragioni personali che ci hanno spinto a partecipare alla Messa di Natale. Siamo qui con la nostra umanità ricca di risorse e di esperienze belle, di speranze e di sogni, ma anche carica di dubbi, paure, preoccupazioni e talvolta anche fallimenti e debolezze. Se siamo qui è perché qualcuno ci ha attratti e chiamati a vivere un momento forte di vita spirituale, per ritrovare quella serenità e quella pace che solo Gesù ci può donare, in una piccolezza che ci sorprende. Non è difficile incontralo perché non ci chiede chissà che cosa, ma solo di andare da Lui, di abbassarci e di farsi piccoli, abbandonando le illusioni, le insoddisfazioni e le pretese effimere, per ritrovare nella semplicità di un Dio-bambino la pace, la gioia e il senso vero della vita.
Carissimi, viviamo in un’epoca malata di individualismo, di frenesia e di tanta solitudine, perdendo così il senso e il significato vero del Natale: l’accoglienza del bambino Gesù, un povero e piccolo bambino, segno dell’amore di Dio Padre che ci ama e che continuamente ci incontra e ci dona la vita vera. Lasciamoci avvolgere dall’amore di Dio e attorno al presepe e alla santa famiglia, segno della nostra quotidianità, riscopriamo l’amore che Dio ha per noi e il significato dello stare insieme, della fraternità e dell’amicizia tra di noi. C’è nel Vangelo della nascita di Gesù, una piccola frase che descrive il rischio di sempre: per loro non c’era posto nell’alloggio. Anche oggi Dio entra nel mondo in fila con tutti i poveri, gli emarginati, i rifugiati e gli esclusi. Purtroppo può capitare e capita che, preoccupati di noi stessi e di tante cose materiali, non abbiamo più il tempo e il coraggio di accorgerci dell’altro, di chi ha bisogno del nostro amore e della nostra vicinanza, lasciando le porte del nostro cuore e delle nostre case chiuse ai bisogni e alle necessità dei fratelli.
Carissimi fratelli e sorelle, lasciamoci interpellare da Gesù e con fiducia e speranza, come hanno fatto i pastori, andiamo a Lui. Lasciamoci toccare dal suo amore e dalla sua misericordia e diciamogli semplicemente GRAZIE perché ci vuoi ancora bene!
Buon Natale a tutti.
+ don Giuseppe Pellegrini
vescovo