Festa del Patrono Santo Stefano
Concordia 3 agosto 2012
Letture: Atti 7,54‐60; Ebrei 12,1‐3; Matteo 10,17‐22
Carissimi, siamo veramente fortunati ad avere come patrono della nostra Chiesa diocesana Santo Stefano. Oggi, nel giorno anniversario del rinvenimento delle sue reliquie, per antica tradizione i sacerdoti e diaconi, i religiosi e le religiose, insieme a tutto il Popolo santo di Dio, si ritrovano nella Chiesa cattedrale insieme con il vescovo, per innalzare alla Santissima Trinità un inno di lode e di ringraziamento per il dono della fraternità, della comunione e corresponsabilità che stiamo vivendo e progressivamente costruendo in questi anni. Porto ancora scolpito nel mio cuore, anche se sono già passati alcuni anni, quanto il Santo Padre Giovanni Paolo II ci indicò nella Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte a conclusione del Grande Giubileo del 2000: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo (n. 43).
Oggi stiamo vivendo una tappa importante e significativa del cammino della nostra comunità ecclesiale. Ci stiamo preparando a oltrepassare la soglia della Porta delle fede che è sempre aperta per tutti e che ci introduce alla piena comunione con Dio (cfr. Porta Fidei, 1). Non siamo soli. Siamo in compagnia di Santo Stefano, sostenuti dalla sua testimonianza, dalla sua preghiera e soprattutto dalla sua fede. Stefano, come primo martire diventa per tutti noi modello di una nuova umanità, esempio vivente da contemplare e da imitare, ‘tipo’ del vero credente che si conforma a Cristo in vita e in morte.
‐ “Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’Uomo che sta alla destra di Dio” (Atti 7,56). La persona che si lascia trasfigurare dalla fede acquisisce uno sguardo nuovo che gli permette di vedere la realtà con gli occhi buoni di Dio. E sappiamo bene tutti che gli occhi di Dio sono gli occhi di un cuore che ama, di un cuore che sa donare tutto per la salvezza dell’umanità. L’uomo di fede è l’uomo che ama come Dio, che sa scorgere negli avvenimenti della storia, anche in quelli più bui e dolorosi, una speranza che va oltre, una presenza amorevole del Padre.
‐ “Signore Gesù, accogli il mio spirito” (v. 59). Stefano si consegna nelle mani di Dio. Si consegna come ha fatto Gesù dalla croce, come ha fatto la Vergine Maria. Non è una fuga dalla realtà, dalla libera scelta delle persone, ma è un autentico abbandono, un affidamento che nasce da una fede profonda e limpida. Santo Stefano si è lasciato progressivamente plasmare da Dio, facendo della sua vita, sull’esempio della vita di Gesù, un dono verso i più poveri. L’atto di fede non è mai semplice e facile perché è un atto di amore, che domanda il pieno coinvolgimento di tutto il nostro essere, che chiede di uscire da noi stessi, dai nostri interessi per il bene dell’altro. “ A Dio che rivela – leggiamo nella Dei Verbum – è dovuta l’obbedienza della fede, con la quale l’uomo gli si abbandona tutt’intero e liberamente prestandogli il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà” (n. 5).
A questo punto viene spontaneo chiederci: “Da dove questo primo martire cristiano ha tratto la forza per affrontare il martirio, per giungere al dono totale di se stesso?. Come ha maturato la sua fede?”. Ci viene in aiuto la seconda lettura che è stata proclamata, presa dalla Lettera agli Ebrei e che riassume molto bene tutta l’esperienza di Stefano: “Tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (12,2). Gesù è l’origine della fede, perché in Lui il piano di salvezza voluto da Dio trova la sua espressione unica e più alta. La fede è dono di Dio e Gesù apre il nostro cuore e il nostro spirito alla piena adesione ed accoglienza. Solo in Gesù possiamo accogliere e conoscere la volontà salvifica del Padre, il progetto d’amore su di noi. Gesù poi, porta anche a compimento la fede che ci è stata donata, proprio perché il progetto di salvezza dell’umanità trova la piena realizzazione nel sacrificio di Cristo sulla croce e nel suo ritorno glorioso alla fine dei tempi quando consegnerà al Padre l’universo rinnovato. Veramente santo Stefano, nel contemplare il Figlio dell’Uomo, ha tenuto fisso lo sguardo su Gesù.
Carissimi tutti, e in particolare voi sacerdoti: questo è il vero atteggiamento che siamo invitati ad assumere in quest’ anno della Fede: tenere fisso lo sguardo su Gesù! Lo sguardo resta fisso sulla persona amata soltanto se il cuore continua ad amarla, perché libero da falsi amori. Per mantenere fisso lo sguardo su Gesù, per contemplare la realtà con gli occhi di Dio, come ha fatto santo Stefano, è necessario che gli occhi del nostro cuore siano resi limpidi dalla castità, siano sorretti da una fede nutrita dalla sua Parola, siano tenuti desti e svegli dalla contemplazione della sua permanente presenza nell’Eucaristia e siano purificati dal perdono accolto nel sacramento della riconciliazione.
Un’ultima considerazione. Come ci ricordava la Dei Verbum, il vero atto di fede si compie nell’obbedienza alla Verità. Tutta la vita di Gesù è guidata da questo atteggiamento che si è concretizzato in quell’AMEN che è risposta alla voce di Dio, in “così è e così sia” che indica fede e obbedienza, abbandono e amore. Dalla Croce Gesù a gran voce grida: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Luca 23,46). Mi sento, in questo momento, di ringraziare tutti quei sacerdoti, e sono tanti, che in questi giorni hanno pronunciato il loro SI, generoso e libero, anche se talvolta accompagnato dalla naturale fatica che porta con se ogni cambiamento. Certamente sarà accompagnato dalla benedizione di Dio che rende fecondo ogni ministero e servizio nella Chiesa.
Sia lodato Gesù Cristo!
+ Giuseppe Pellegrini vescovo