Meditazione Ritiro del clero – Seminario Pordenone 9 settembre 2019 

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Meditazione Ritiro del clero

Seminario Pordenone 9 settembre 2019 

 

In cammino con Gesù sulla strada di Emmaus

 

Introduzione

Iniziamo il nuovo anno pastorale con un momento di preghiera e di riflessione, desiderosi di testimoniare ed annunciare a tutti, in particolare ai nostri adolescenti e giovani, la bellezza dell’incontro con il Signore Gesù.

Ho scelto come filo conduttore della lettera pastorale, l’episodio dei due discepoli di Emmaus (Luca 24, 13-35), perché, come ricorda il documento finale del Sinodo dei Vescovi, ripreso anche da papa Francesco nella sua esortazione Christus Vivit al numero 237, ci aiuta a comprendere ancora di più la missione della Chiesa verso adolescenti e giovani, che è di CAMMINARE INSIEME A LORO. Riprendo alla lettera questo numero dell’esortazione, perché sia di stimolo, di guida e di sostegno nel cammino pastorale di quest’anno.

“Gesù cammina con i due discepoli che non hanno compreso il senso della sua vicenda e si stanno allontanando da Gerusalemme e dalla comunità. Per stare in loro compagnia, percorre la strada con loro. Li interroga e si mette in paziente ascolto della loro versione dei fatti per aiutarli a riconoscere quanto stanno vivendo. Poi, con affetto ed energia, annuncia loro la Parola, conducendoli a interpretare alla luce delle Scritture gli eventi che hanno vissuto. Accetta l’invito a fermarsi presso di loro al calar della sera: entra nella loro notte. Nell’ascolto il loro cuore si riscalda e la loro mente si illumina, nella frazione del pane i loro occhi si aprono. Sono loro stessi a scegliere di riprendere senza indugio il cammino in direzione opposta, per ritornare alla comunità, condividendo l’esperienza dell’incontro con il Risorto”.

Riprendiamo con coraggio e con gioia il cammino insieme con i giovani: stiamo con loro, incontriamoli e ascoltiamoli là dove essi vivono e si incontrano.

 

Lectio di Luca 24,13-35 – I due discepoli di Emmaus

 

13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

 

Meditazione 

Questo episodio ci affascina sempre. Un Vangelo nei Vangeli, “Vangelo in miniatura” l’aveva definito il card. Martini, dove fede ed emozione, ragione e sentimento, dolore e gioia, dubbio e certezza si fondono, toccando nel più profondo le corde del nostro cuore e spingendoci a metterci ancora una volta in cammino verso Gesù, fonte delle nostra gioia e felicità. Nel preparare questa meditazione, e in generale in tutti questi ultimi tempi nella preparazione della lettera pastorale, spesso sono stato colto dalla preoccupazione di pensare ai nostri adolescenti e giovani, di cercare di capire perché sono così lontani dalla vita di fede e delle comunità e soprattutto cosa poter fare per loro! Dico a voi e anche a me: oggi, questo brano del Vangelo, questa esperienza dei due di Emmaus è per noi! Lasciamoci provocare dalla Parola. Lasciamo che la Parola entri nel profondo di noi e della nostra vita. Camminava con loro, oggi è rivolto a noi!

E’ necessario, per comprendere meglio il testo, renderci conto del contesto in cui ci troviamo: il memoriale della Pasqua. Siamo all’interno dei racconti delle apparizioni e della risurrezione di Gesù. La crocifissione e la morte di Gesù avevano tolto ogni speranza alle donne e ai discepoli rimasti, tanto che non sono capaci di accogliere, subito, il messaggio della risurrezione. Il v. 11 riassume bene il loro stato d’animo: “Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse”. Ricordiamolo bene: l’esperienza del dolore e della morte cancella la memoria di quello che i discepoli avevano vissuto! Da qui parte il cammino dei due di Emmaus! Ciò che ha tolto loro la speranza e la memoria, è lo scandalo della croce. Forse anche noi – a un certo punto della nostra vita

– siamo inciampati in questo paradosso e in questa situazione tragica. Quella morte e quel dolore ci toglie ogni speranza perché abbatte i nostri progetti e cancella le nostre attese.

Luca ha costruito il suo racconto secondo lo schema di un cammino di andata e ritorno, che si trasforma in un cammino interiore e spirituale: dalla speranza perduta alla speranza ritrovata, dalla tristezza alla gioia, dalla croce alla risurrezione. E’ il cammino dei discepoli, ma è anche il cammino di Gesù. E’ il cammino delle donne e dei discepoli che vanno al sepolcro vuoto. E’ il cammino dei due che ritornano a Gerusalemme! Per noi diventa una annotazione di vita, anche spirituale: essere in cammino. Camminare è una delle sfide più grandi della vita. Pensiamo al bambino che impara a stare in piedi e a camminare da solo! Quando uno si fa male e per un periodo resta fermo… quanto deve fare per reimparare a camminare! Lo sanno bene gli anziani, che vedono progressivamente venir meno la capacità di muoversi senza un sostegno! Camminare è un verbo che si usa per indicare il procedere nella vita, facendo scelte e prendendo decisioni importanti. Camminare significa anche prendere la decisione che dà un orientamento preciso alla vita. Gesù, a un certo punto della vita, ce lo ricorda l’evangelista Luca 9,51, “prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”. Camminare è la condizione che ci permette di trovare qualche compagno di strada (vedi Cammino di Santiago), di mettere alla prova noi stessi, di trovare al di là delle comodità le cose essenziali della vita. Camminando si riscopre il gusto dello stare insieme e della condivisione! Importante è accorgerci con chi stiamo camminando e soprattutto dove desideriamo andare.

Lungo il cammino i discepoli di Emmaus vivono l’esperienza più meravigliosa della loro vita.

Richiamo alcuni passaggi di questo cammino.

° Durante il cammino i due discepoli parlano tra di loro, discutono tra loro, perché tutto quello che hanno vissuto e provato non era chiaro. Parlano tra loro perché, nonostante tutto, non si sono chiusi in se stessi, perché hanno il desiderio di discutere e di confrontarsi, aprendosi l’uno all’altro. Ogni parola vera comunicata in sincerità, è sempre un dono per tutti quelli che la vogliono accogliere. Ma perché discutevano tra di loro? Certamente avevano avvertito che qualcosa sfuggiva alla loro comprensione. I due avevano perso la speranza e tuttavia continuano a parlare e a discutere della speranza perduta. Probabilmente quel Crocifisso che aveva fatto perdere loro la speranza e il senso della loro vita, nascondeva qualcosa di importante! Luca usa tre verbi per descrivere quella conversazione: miléin (v.25): conversare, discutere insieme. Una conversazione lunga e ripetitiva, dirsi le solite cose! E’ un parlare insieme, un dirsi le cose nella convinzione che prima o dopo qualcosa verrà fuori di sicuro. Questo aspetto è ancora più preciso nel secondo verbo usato susetéin, che signifca indagare insieme, cercare, discutere. E’ un cercare di capire insieme. Il terzo verbo antiballéin lo usa Gesù che interroga i discepoli: “Cosa sono questi discorsi che fate?”. Gesù entra nella scena! Mentre i due si confidano le delusioni della vita, quello che è successo a loro, scoprono che c’è una presenza che aiuta a cogliere le cose in modo diverso, aiuta a rileggere anche gli aspetti negativi come un passaggio obbligato per aprirsi ad un nuovo modo di essere. La ricerca dell’uomo non è sufficiente. E’ necessario un evento di grazia. E’ un intervento inaspettato, non programmato.

° Tutto questo ha una spiegazione: eghéneto (v.15), che significa: è chiaro, avvenne, capitò, accadde che Gesù si avvicinò a loro. La comparsa del Risorto è del tutto gratuita. Semplicemente accadde! A noi il compito di riconoscerlo. Non è Gesù che deve cambiare: siamo noi invitati a guardare le cose da un’altra prospettiva. Questo Gesù, vuole far capire ai discepoli. Non stravolge la storia ma aiuta a leggerla in modo nuovo. Non è Gesù che deve cambiare volto ma i discepoli sono invitati a cambiare lo sguardo. I due avevano visto quello che era successo a Gerusalemme, senza comprenderne il significato.

Nella meditazione personale, davanti all’Eucaristia, vi invito a soffermarvi sui discorsi dei discepoli, che sintetizzano quello che è capitato a loro, e la risposta di Gesù.

  1. 18-24 (discorso dei discepoli): i discepoli non sono capaci di dare un significato alla morte di Gesù. Per loro la croce, il Crocifisso, è uno scandalo! Sulla croce è svanito il sogno di poter realizzare con Gesù un cambiamento concreto. La sintesi è chiara ed espressa nel v. 21: “Speravamo”. La morte di Gesù ha tolto ogni speranza.
  2. 25-27 (risposta di Gesù): Gesù non stravolge gli avvenimenti. Non dice che è successa un’altra cosa, che hanno visto male. Li aiuta solamente a capire dal profondo quello che è successo. Li aiuta a cogliere il significato. Il centro di tutto il discorso di Gesù sta in quel verbo al v. 26: “édei, non bisognava, doveva”; espressione che accompagna sempre i discorsi evangelici sulla croce e che esprime una divina necessità. Spesso ritorna in Luca: 9,22; 13,33; 17,25; 22,37. “Doveva”, significa che la passione è parte essenziale del disegno divino, non la rottura o la smentita. Per Gesù significa che ha vissuto la passione come un’obbedienza alla volontà del Padre. La croce non contraddice la potenza di Gesù di Nazareth, ma la svela in un modo ancora più preciso, ricordando che la potenza, per Dio, non è sopraffazione, arroganza, vittoria, ma dono, amore e gratuità. E’ il modo di agire di Dio, è il modo di portare avanti il suo piano salvifico, in tutta la storia della salvezza, “cominciando da Mosè spiegò loro” (v. 27). Gesù il vero e grande esegeta, che sa interpretare teologicamente tutte le Scritture. Importante saper cogliere nelle Scritture, per dono e grazia di Dio, il disegno di Dio. E’ un dono che lui fa, e non il frutto della nostra ricerca e delle nostre capacità.

Giunti nelle vicinanze di Emmaus, i due sentono che qualcosa di nuovo sta nascendo dentro di loro e per ben due volte Luca usa il verbo “Rimanere”, e precisando sempre “con loro” (v 29).

I discepoli cercano la sua compagnia e non altro. Le parole di Gesù hanno scaldato il loro cuore, perché non cercavano spiegazioni razionali ma con la sincerità dei loro affetti cercavano l’amore, qualcuno che riscaldasse il loro cuore e donasse un senso pieno alla loro vita. E’ l’esperienza di chi si innamora! Anche noi, siamo invitati a vivere questa l’esperienza, per poter poi diventare testimoni e annunciatori ai giovani. Innamorarci del Signore Gesù. Non dobbiamo aver paura di usare questo termine e di essere tacciati per sentimentali. Lasciamoci raggiungere dal Signore, lasciamoci incontrare da Lui e apriamo tutto noi stessi, la nostra mente, la nostra vita e il nostro cuore. La vita cristiana, la vita sacerdotale è proprio l’incontro con Gesù, lasciarci afferrare da Lui, come ha vissuto san Paolo: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Galati 2,20). La richiesta resta con noi, significa dimora con noi, Vivi con noi. Una preghiera che si fa contemplazione. Questa è l’Eucaristia: stare con Lui, dimorare con Lui.

Spezzato e condiviso il pane, riconosciuto vivente il Signore Gesù, partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme. La decisione è immediata: si rimettono in cammino su quella stessa strada che li aveva visti sconfitti. Non scappano via, non c’è niente da temere o di cui aver paura, com’è successo ai Magi che ritornano per un’altra strada. Per i due di Emmaus è il momento della missione, di ritornare sui propri passi, rinfrancati dal Risorto e desiderosi di testimoniare e annunciare agli altri Gesù. Tutti i racconti di risurrezione terminano con la missione, sostenuti dalla forza dello Spirito Santo. Ora per andare in missione non c’è più bisogno di altri segni straordinari. Il discepolo è invitato a riconoscere il Signore lungo il proprio cammino della vita, senza visioni particolari:

  • con la Parola che interpreta e sorregge anche nei momenti più difficili;
  • con lo spezzare il pane, la fraternità e la

Gesù risorto, ricordiamolo sempre, illumina la strada della vita nelle due direzioni: in avanti: per un futuro migliore e ricco della presenza del Risorto; all’indietro: aiutandoci a comprendere il senso e il significato di tutto quello che ci è capitato.

 

Considerazioni per la nostra vita spirituale

  • La prima che mi sento di suggerire nasce dalla caratteristica principale del racconto: il camminare, non solo in senso fisico quanto spirituale Per Luca il vangelo è un camminare con Gesù. Camminare non è sempre facile; è faticoso e stancante. Papa Francesco, parlando ai giovani, e anche a noi, ci ricorda la “tentazione del divano”, che consiste nell’essere comodi, nel chiuderci in noi stessi, nel non voler incontrare o stare con gli altri, non essere disturbati dagli altri e fare quello che piace. Quanta fatica facciamo anche noi preti ad uscire da noi stessi, dai nostri schemi, dall’ aver sempre fatto così, e intanto ci chiudiamo sempre più, giustificando talvolta questa scelta come necessità di avere del tempo per noi, perché troppo stressati o consumati dalle Riprendiamo il gusto del camminare a fianco delle persone, di ascoltare e dialogare con loro. Riprendiamo il gusto di stare anche con i giovani…, cerchiamo qualche modo originale, più vicino a loro. Invitiamo qualche gruppetto (chi anima il canto, il gruppo animatori, le squadrette di calcio…) a casa nostra per una cenetta… Cominciamo anche con chi sta vivendo qualche situazione di difficoltà; con qualcuno che ha dei problemi, con chi, giovane, ha bisogno di uno che lo aiuti nel discernimento.
  • Un’altra sottolineatura la prendo dallo stile del camminare dei due di Emmaus. Camminavano insieme dialogando tra di loro, in un cammino di amicizia Quanto è importante, e non ho paura di dire anche necessaria, un’amicizia vera anche tra noi preti. Noto che capita anche nel nostro presbiterio; carenza che va ad intaccare la stessa sacramentalità dell’Ordine Ricordiamolo che siamo inseriti sacramentalmente nel presbiterio. Non esiste un “prete” da solo. Quanta fatica! Tante difficoltà che troviamo nel collaborare tra noi preti, tanta fatica, diciamocelo pure, senza arrossire, che abbiamo nel far partire seriamente le unità pastorali, nasce primariamente dal non essere ancora un presbiterio, dal non sentirci veramente una fraternità, dal far fatica ad essere amici tra di noi. Ci mettiamo dentro tutti! I due di Emmaus discutono, si confrontano, camminando insieme. E’ proprio qui lo specifico del camminare: insieme! Solo così si possiamo superare le inevitabili fragilità, momenti di sconfitta, problemi pastorali e personali. Più di un confratello mi sta suggerendo di essere più forte, più deciso nel proporre/imporre maggiore fraternità tra preti, anche con scelte audaci.

Nell’assemblea del clero di mercoledì, qualcosa in più vi dirò. Vivere insieme ci aiuta ad essere più vicini e più fedeli al Signore. Nella preghiera, nell’amicizia tra di noi e nella fraternità: è la testimonianza più bella che possiamo offrire alle nostre comunità e al mondo.

  • Quante volte è capitato a noi, a me, di avere un sogno, un progetto, magari iniziato e anche con qualche successo, che poi è svanito nel nulla. Partita con entusiasmo, qualche attività o iniziativa bella… e poi improvvisamente una croce (personale, incomprensioni, fragilità, debolezze) ed è la fine del sogno, del progetto, di quello che pensavo … e ci porta alla chiusura e alla depressione. Come i due di Emmaus, dopo aver vissuto un’esperienza esaltante, bella, ricca… ce ne torniamo a casa stanchi e delusi. Qual è la nostra Emmaus? Individuiamola bene. Stiamo anche noi rischiando il riflusso verso casa? Se ci troviamo dentro a questa situazione, delusi e scoraggiati, abbiamo qualche punto di riferimento? Ci accorgiamo che Gesù cammina a fianco a noi? Gesù spiegandoci la scrittura ci aiuta a comprendere anche gli aspetti più dolorosi e negativi della vita. Troviamo un po’ di tempo per rientrare dentro noi stessi per evidenziarne qualcuno. Lo facciamo non per masochismo, né per una esaltazione anacronistica della sofferenza, ma per attraversarli come una forma di grazia. E’ il classico “con il senno di poi”! Gesù interpreta la sua morte come il dolore di una partoriente, dolore e fatica di oggi che scompaiono per la gioia di una vita nuova che viene (cfr. Giovanni 16,21-23). Scopriremo anche noi che da qualche sofferenza e dolore può nascere una gioia

Carissimi, sostiamo insieme davanti al Signore. Sentiamolo vicino. Sta camminando con noi.

Spalanchiamo il nostro cuore e accogliamolo nella nostra casa. O Signore, resta con noi.

+ Giuseppe Pellegrini vescovo

Pordenone
09/09/2019
Via Seminario, 33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia