Ringrazio il pastore Daniele e la comunità evangelica Battista per averci accolto nella loro Chiesa e per darmi la possibilità di offrirvi la meditazione sulla Parola. Un saluto cordiale alle altre Chiese e comunità cristiane presenti a questo incontro di preghiera.
Il brano evangelico proposto per la giornata di quest’oggi ci riporta all’inizio della nostra fede cristiana che ci è stata donata nel battesimo. Il brano di Matteo posto alla conclusione del suo vangelo è molto evocativo e fa parte di quei testi definiti ‘cristofanie apostoliche’ comuni a tutti e quattro gli Evangelisti. Sono racconti differenti legati alla centralità del ministero Pasquale: passione morte e resurrezione di Gesù che non hanno un intento cronologico ma più pratico, indicando il rapporto tra Cristo e la prima comunità cristiana. Infatti le prime parole del risorto nel v. 18 mettono in evidenza il suo ruolo nella prima comunità: salvatore di Israele e di tutti i popoli, evidenziando la continuità tra Gesù della storia e il Cristo della fede.
Gesù risorto si manifesta in Galilea (cfr. v.18), nei luoghi della sua prima predicazione e le sue parole esprimono profondamente l’intento cristologico nel proclamare l’intronizzazione celeste del Messia. La resurrezione ha ridato a Cristo il suo ruolo di Signore e di Messia dell’universo, che è un posto alla pari di quello di Dio. L’adorazione degli Apostoli (cfr. v.17) conferma il senso della manifestazione di Gesù come Dio: “A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (v.19), che esprimono la totalità e l’universalità della missione di Gesù, presenti, come dice l’evangelista Matteo, già nel battesimo e nella trasfigurazione. La Risurrezione segna il passaggio di Gesù dall’essere chiamato servo di Jahvè al diventare il Figlio glorioso. Il regno di Cristo non sarà più la Palestina ma il mondo intero.
Dal versetto 19 è evidente che la missione di Gesù continua nella Chiesa e nella storia, oltre alla sua opera invisibile, tramite i suoi discepoli. La Chiesa, tutte le Chiese e le comunità cristiane sono la continuazione della missione di Cristo, il suo corpo rimasto sulla terra. Ma in che modo la missione può continuare? Come noi oggi possiamo trovare e vedere il Signore? Possiamo dire che la missione nel testo evangelico è presentata con un verbo e due participi. Il verbo è fondamentale: andate (mazetheùsate), che significa fare discepoli. Il compito del discepolo è portare gli uomini e le donne alla sequela di Cristo, non tanto nell’accettazione di una dottrina, quando in un’adesione a lui. I due participi: battezzare (v.19) e insegnare (v.20), sono la via concreta per diventare discepoli. La predicazione è il ministero apostolico per eccellenza, che la comunità credente e non solo i pastori è chiamata a svolgere. Il battesimo, poi, sigilla l’opera di Dio, non in modo magico ma confermando nel profondo la fede e l’unione con Cristo e con Dio. È un battesimo nel nome delle persone trinitarie: Padre, Figlio e Spirito Santo, che evidentemente era già in uso nella comunità cristiana primitiva. Il versetto 20, di tradizione veterotestamentaria, ci ricorda l’assistenza che Dio ha promesso e promette ai suoi inviati; come lo è stato per Mosè, per Giosuè e per il profeta Geremia, lo è stato per Gesù e lo sarà per i suoi inviati, fino alla fine della storia e per tutta la fase terrestre del Regno. La Chiesa, infatti, è di Cristo, non è un’organizzazione ma un organismo, che nasce da una relazione personale con Cristo e si sostiene in virtù di un rapporto personale con lui. Lì dove c’è il kerigma, il battesimo e l’insegnamento è presente Gesù.
Nella preghiera di questa sera per l’unità dei cristiani, siamo invitati a mettere l’accento sul Battesimo che sigilla l’opera di Dio in noi e che è comune a tutte le nostre Chiese. Battezzare, in greco significa immergere. Il bagno con l’acqua è un rito di purificazione comune a numerose culture e tradizioni, per indicare il passaggio da una condizione all’altra, segno di conversione e di purificazione. Per noi cristiani c’è una particolarità: il corpo è immerso nell’acqua, ma è l’anima ad essere immersa in Cristo per ricevere il perdono e per risplendere della vita divina, in virtù dello Spirito Santo. Non un’acqua qualsiasi, ma un’acqua dove è presente lo Spirito che dà la vita. Gesù ha detto a Nicodemo: “Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel Regno di Dio” (Giovanni 3,5). Ecco perché il battesimo è il fondamento su cui si fonda la nostra fede. Non è un gesto formale di appartenenza, ma come dice Paolo nel capitolo Sesto della lettera dei Romani: “Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (v. 4). Il battesimo tocca in profondità tutta la nostra esistenza e in forza del battesimo siamo innestati in Gesù Cristo, in una vera e autentica relazione con Gesù e il Padre, portatori più di una speranza nuova che non finisse mai.
All’inizio del testo evangelico proclamato, l’evangelista Matteo ci ha ricordato che alcuni discepoli, alla vista di Gesù, erano stati presi da alcuni dubbi (cfr. v.17). Il tema della Settimana di Preghiera per l’Unità ha posto anche a ciascuno di noi la domanda: “Credi tu questo” (Giovanni 11,26). È la domanda fondamentale della fede cristiana che ci interpella sia sul piano personale che comunitario per ognuna delle nostre Chiese.
– Crediamo veramente che Gesù è vivo ed è risorto?
– Crediamo che lui continua attraverso di noi, attraverso la nostra fede in lui, attraverso la nostra conversione, attraverso la nostra predicazione e testimonianza, ad essere presente?
– Crediamo che nonostante le fatiche, le contrarietà e anche le delusioni è possibile sperare nell’Unità dei cristiani?
Il Concilio di Nicea, a 1700 anni dalla sua celebrazione, ci sia di esempio per camminare e pregare insieme, perché solo così saremo sempre capaci di essere testimoni dell’amore, della bontà e della misericordia di Dio.
Buon cammino verso l’Unità a tutte e a tutti.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo
