Festa Cattedra di San Pietro

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Omelia Festa Cattedra di San Pietro

Seminario, 22 febbraio 2021

 

La festa liturgica della Cattedra di San Pietro, vanta una tradizione molto antica, attestata a Roma fin dal quarto secolo, con la quale si rende grazie a Dio per la missione affidata all’apostolo Pietro e ai suoi successori. La cattedra è il seggio episcopale fisso, presente in ogni Chiesa madre, la Cattedrale delle diocesi, segno del magistero e dell’insegnamento evangelico che il Vescovo è chiamato ad esercitare nella sua diocesi. Secondo la tradizione la prima sede di Pietro fu ad Antiochia e successivamente a Roma e poi in ogni diocesi del mondo. La data della festa potrebbe essere stata scelta perché nell’antica Roma il 22 febbraio si onoravano i morti, recandosi vicino alle tombe attorno ad una cattedra, che richiamava la presenza del defunto.

Per noi, celebrare questa festa è molto importante perché, in questo anno centenario della presenza del Seminario in Pordenone, ci sentiamo ancora più strettamente legati al ministero petrino, di guida di tutto il popolo di Dio, segno della comunione e dell’università della Chiesa Cattolica. In questo modo siamo in comunione con il successore di Pietro, papa Francesco. Ringraziamo il Signore per aver dato, in questi tempi faticosi e difficili, un papa che sa coniugare strettamente l’esigenza di rinnovamento e di riforma della Chiesa, ancorandola nella sua più feconda tradizione spirituale.  Diventa pure l’occasione per intensificare la nostra preghiera per il Vescovo di Roma e per il suo ministero petrino, a servizio dell’unità e della carità di tutte le Chiese del mondo.

La liturgia della Parola ci aiuta ad entrare nella comprensione del significato più profondo del ministero nella Chiesa e in particolare del ministero di Pietro. L’apostolo Pietro esorta i pastori della comunità ad essere punto di riferimento per il gregge, testimoni, come Lui, dell’amore e della misericordia del Padre. “Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, … con animo generoso, non come padroni delle persone affidate, ma facendovi modello del gregge” (1Pietro 5,2-3). La fedeltà al ministero si coniuga con l’amore vicendevole, con la prossimità e la vicinanza alle persone più fragili, agendo secondo il cuore di Cristo, con bontà e generosità. Queste parole le sento particolarmente rivolte anche a me, pastore da dieci anni in questa Chiesa di Concordia Pordenone, ma in qualche misura sono rivolte anche a tutti i presbiteri e a voi cari seminaristi. Dio chiede ad ognuno di farsi custode del proprio fratello, secondo le diverse vocazioni e ministeri. Tutti i battezzati, infatti,  partecipano del ministero di Pietro, a favore del gregge di Dio che è l’umanità chiamata ad essere riunita nell’unico ovile di Cristo.

Il brano del Vangelo di questa liturgia ci riporta a una delle grandi svolte del racconto di Matteo, in un momento significativo della vita di Gesù. Pietro mosso da un’ispirazione divina esprime la propria salda fede in Gesù, il Figlio di Dio, il Messia promesso. Matteo annota subito che questa comprensione non viene ‘da sangue e da carne’ (cfr. 16,17), ma dal Padre. È dono di Dio. Solo la luce che viene da Dio fa comprendere il mistero profondo di Gesù. In risposta a questa limpida professione di fede fatta da Pietro, a nome anche degli altri Apostoli, Gesù gli rivela la sua missione: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (16,18). Pietro è la roccia salda, fondamento visibile su cui è costruita tutta la Chiesa. La Chiesa è una casa costruita sulla roccia, anche se poggia sulla fragilità degli uomini. Il ruolo di Pietro è definito da tre metafore: la roccia, le chiavi e il legare-sciogliere. Attorno all’autorità di Pietro si forma l’unità della comunità, anche se la sua è un’autorità vicaria: egli è l’immagine di un altro, di Cristo, che è il vero Signore della Chiesa. Nel gruppo dei dodici Pietro è sempre stato considerato il primo, ma non tanto per il suo carattere o per le sue doti, ma perché Gesù lo ha chiamato ad essere il segno vivente dell’unità del suo corpo, la Chiesa. Pietro, riconoscendo in Gesù il figlio di Dio, ci riporta all’essenziale della fede cristiana e del nostro essere cristiani. “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente” (Matteo 16 16).

Guardando Pietro, contemplando la sua fede e le parole che Gesù gli ha rivoto, siamo invitati a considerare il ruolo dei successori di Pietro e il compito fondamentale e necessario che rivestono anche ai nostri tempi. Penso alla scelta sofferta e sconvolgente della rinuncia al ministero petrino di papa Benedetto XVI. Non è stata un rifiuto o una resa, ma la testimonianza di un uomo che si è affidato al soffio dello Spirito Santo, sollecitando la Chiesa ad un recupero di credibilità, di semplicità e di ritorno all’essenziale. Poche ore dopo l’annuncio diceva nell’udienza generale: “Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura”.  Penso anche alla testimonianza che papa Francesco ha offerto e offre ancora alla Chiesa e al mondo, durante questo periodo di pandemia. Viviamo nella paura e nello smarrimento, nell’incertezza del futuro. Anche le comunità cristiane faticano a ritrovarsi e a testimoniare la fede. Centrali e per certi versi fondamentali sono state le parole e i gesti di papa Francesco, che in mezzo a tanta sofferenza ed oscurità hanno portato luce e speranza, ricordandoci che non siamo soli, che Gesù è vivo e presente, che non ci abbandona e cammina con noi. Lui è la roccia salda a cui aggrapparci. Diceva nell’omelia del 19 aprile 2020: “Ora, mentre pensiamo a una lenta e faticosa ripresa dalla pandemia, si insinua proprio questo pericolo: dimenticare chi è rimasto indietro. Il rischio è che ci colpisca un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente. Si trasmette a partire dall’idea che la vita migliora se va meglio a me, che tutto andrà bene se andrà bene per me. Si parte da qui e si arriva a selezionare le persone, a scartare i poveri, a immolare chi sta indietro sull’altare del progresso”.

Anche noi, questa sera, desideriamo manifestare la nostra adesione sincera e filiale al magistero del Santo Padre. Non sbaglio nel dire che sempre il nostro seminario, ieri come oggi, nelle sue diverse componenti – seminaristi, educatori e professori dello Studio Teologico – è sempre stato in piena comunione e in sintonia con gli insegnamenti del papa, in particolare per quel che riguarda la formazione dei futuri presbiteri. Il tempo santo della quaresima che abbiamo da poco inaugurato ci spinge a guardare dentro noi stessi con la piena consapevolezza che questa adesione può nascere dal coltivare un sincero spirito di fede e un’attenzione all’unità di vita. E’ infatti fondamentale che nel cuore del discepolo – parlo per noi preti e anche per voi seminaristi – ogni sentimento, ogni desiderio e ogni proposito siano in armonia con la chiamata che il Signore Gesù ci rivolge: seguimi!

 

 

                                                                       + Giuseppe Pellegrini

                                                                                   vescovo

Pordenone
22/02/2021
Via Seminario, 33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia