Omelia
Seminario, 9 giugno 2022
Giornata della santificazione sacerdotale
Meditare il discorso della montagna diventa per tutti noi una preziosa occasione per fare il punto sul cammino di sequela. Celebrare la Giornata Mondiale della santificazione Sacerdotale significa ripensare e ritornare non solo con la mente ma con il cuore al giorno della nostra Ordinazione presbiterale e diaconale, rivisitando gli anni trascorsi e il cammino di fedeltà e di adesione alla scelta iniziale.
Il brano del Vangelo di oggi ci invita senza mezzi termini a superare il nostro egoismo e le nostre chiusure con l’amore: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” (Matteo 5,20). La porta per entrare nel Regno è “stretta” (Luca 13,24). Gesù ci invita ad entrare in una nuova logica, quella delle beatitudini, di chi sa cogliere il dinamismo dell’amore che dilata, che spinge oltre, invitando a non accontentarsi mai, a non disperare e a non abbattersi. Questo modo di parlare di Gesù suscitava grande impressione nella gente che rimaneva quasi spaventata da quella espressione: “Io vi dico”, perché rimandava all’autorità di Dio stesso. Anche per noi oggi questa è la novità: Gesù stesso che riempie i comandamenti con l’amore di Dio e la forza dello Spirito che abitano in noi. In questo modo anche noi possiamo superare i precetti della legge con un amore ancora più grande. Scriveva San Paolo ai Romani: “Pienezza della legge è la carità” (13,10), e Gesù ce l’ha dimostrato con la sua vita, proponendoci una giustizia che non si accontenta del minimo contrattuale, per preservare i diritti, ma un amore che diventa sempre più attento e raffinato nell’ attenzione agli altri e nel prendersi cura dei sofferenti: “Prima va a riconciliarti con il tuo fratello” (v.24). Questo è il cammino che ci viene indicato da Gesù. Però, non dobbiamo spaventarci, perché non dipende tutto da noi, ma di Dio che ci dona la sua forza, il suo perdono e il suo amore. Ne siamo ben consapevoli ricordando la nostra ordinazione e tutti gli anni di ministero trascorsi in mezzo alle nostre comunità. Ce lo ricorda anche la suggestiva immagine della prima lettura: “Ecco una nuvola, piccola come una mano d’uomo, sale dal mare” (1Re 18,40). È il segno che a breve arriverà la pioggia tanto desiderata per tutto il paese, e verrà proprio da questa piccola nuvola. Carissimi, anche noi siamo invitati a scrutare nel cielo della storia e della nostra vita, i segni dei tempi per poter cogliere nel migliore dei modi la via da seguire. Non sono segni grandi o spumeggianti, ma piccoli segni di un Dio che è presente e che non ci lascia soli nel cammino della vita. Penso che possiamo applicare il significato di questa immagine anche per i giorni che viviamo e per noi stessi. Il cammino sinodale della Chiesa universale, italiana e diocesana, ci chiede di non aver paura di sognare e di credere nella possibilità di ridefinire e precisare sempre meglio il rinnovamento necessario per portare anche oggi a tutti, il messaggio di gioia del Vangelo. Così come ci aiuta a vivere in pienezza il ministero e il servizio pastorale che siamo chiamati ad esercitare nelle nostre comunità. Il cammino è ancora lungo, ma possibile e attraente. Così san Paolo definisce il ministero: “E’ lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo” (Colossesi 1,28). Paolo non è preoccupato delle fatiche del ministero, quanto di aiutare le persone a camminare verso la maturazione della vita cristiana. Questo è il compito che abbiamo, proprio in questo contesto culturale: portare tutti alla piena maturità in Cristo. Spesso siamo presi da tante cose e tanti servizi, da lasciare un po’ da parte la crescita spirituale delle persone e la formazione degli adulti in Cristo, evitando, talvolta, di nutrirli e di sostenerli, non offrendo una solita vita cristiana ma dei surrogati. Recitiamo e cantiamo spesso il Salmo 23: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce” (1-2). Il primo compito del pastore è di guidare le pecore a trovare cibo e bevanda, nutrendole in modo che possano crescere e maturare. Nel libro di Ezechiele, Dio rimprovera i falsi profeti perché non portano le pecore al pascolo e non le nutrono (cfr. 34,3). Papa Francesco riassume il nostro compito formativo nell’espressione: discepoli-missionari. Innamorati del Signore e annunciatori coraggiosi a tutti del suo messaggio di amore.
Carissimi, vi confesso che anch’io in questi ultimi tempi non mi è sempre stato facile essere un pastore così come ce lo chiede il Signore, pieno di speranza e di fiducia. Provando nella relazione con qualcuno di voi qualche fatica, resistenza e inevitabile chiusura, talvolta mi sono chiuso in me stesso, e quando ci si chiude si fa fatica ad accogliere il Signore, lo Spirito Santo e le persone. Così mi sono scoraggiato, perdendo, talvolta, la speranza e la fiducia di poter formare una Chiesa più missionaria e attenta ai tanti bisogni e alle tante necessità; paura di fare del male agli altri o alla Chiesa che il Signore mi ha affidata; paura di non svolgere bene il ministero di pastore, di padre e di guida, con la tentazione di tirare i remi in barca o di lasciarmi portare alla deriva o di dire … mancano ancora 6/7 anni! Ringrazio il Signore e anche qualche confratello che me lo ha fatto notare. Ma ci sono state due circostanze vissute in questi ultimi tempi che mi hanno aitato e mi hanno fatto bene. Ho ripreso in mano con attenzione il discorso di Papa Francesco al Simposio ‘Per una teologia fondamentale del sacerdozio’ del 17 febbraio 2022. Riflessione che alla fine dell’Eucarestia consegnerò a tutti. Una meditazione che mi ha dato speranza e fiducia, aprendomi nuovi scenari di vita spirituale e pastorale. Papa Francesco richiama le quattro colonne, le quattro vicinanze che ci possono aiutare a ravvivare il dono e la fecondità del Ministero: vicinanza a Dio, al vescovo, tra presbiteri e al popolo. L’altra circostanza è data dai due incontri dei delegati dell’Assemblea sinodale, svoltisi a Sclavons. Ho respirato la presenza viva dello Spirito Santo che porta gioia, speranza e fiducia. Ho visto anche una Chiesa che desidera camminare nel mondo per portare a tutti la bellezza del Vangelo, senza paura e senza rimpianti, con la forza dello Spirito.
È vero! La pioggia ristoratrice non è ancora arrivata. Ma insieme abbiamo visto la nuvoletta chi ci ricorda che lo Spirito Santo è all’opera. Allora, Carissimi tutti, riprendiamo con fiducia il cammino insieme, preti e laici. Giovanni Paolo II all’inizio del Terzo Millennio ci ha detto: Duc in altum!, invitandoci a non aver e paura e a prendere il largo. Sulla barca c’è Lui e ci siamo anche tutti noi, insieme. Vi assicuro che con il Signore e l’amicizia tra di noi ce la faremo. Mi impegno anch’io a remare con voi senza paura, ad essere ancora un pastore che dà speranza e fiducia, che non si scoraggia e non si abbatte, perché il Signore è sempre con noi. Buon cammino e buona festa.
+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo