Omelia Giovedì Santo – Messa del Crisma Pordenone, 28 marzo 2013

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Omelia Giovedì Santo – Messa del Crisma

Pordenone, 28 marzo 2013

SIAMO UOMINI DI FEDE

In questa suggestiva liturgia della Messa del Crisma, che vede insieme presbiteri, diaconi, persone consacrate e fedeli laici, si scorge un filo conduttore che attraversando i vari momenti, illumina il nostro servizio ministeriale, in particolare quello di noi presbiteri e diaconi: la fedeltà al dono ricevuto come condizione di autenticità nel servizio ministeriale a favore di tutto il popolo santo di Dio. Durante la rinnovazione delle promesse sacerdotali esprimeremo il nostro impegno di essere fedeli ai doveri assunti e chiederemo alla comunità tutta di pregare perché vescovo e sacerdoti siano fedeli ministri di Cristo e al ministero che la Chiesa ci ha affidato. Nel prefazio poi, pregheremo di essere capaci di conformarci a Cristo e di essere testimoni di fedeltà e di amore generoso. Anche Gesù, rivestito della potenza dello Spirito Santo, nella sinagoga di Nazareth, pronunciando consapevolmente: “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato” (Luca 4,21), esprime tutta la sua fedeltà al mandato del Padre; fedeltà che si fonda nella fedeltà di Dio alle sue promesse. Una sola cosa Gesù ha chiesto ai suoi ascoltatori e che oggi chiede a ciascuno di noi: credere, avere fede in Lui e accoglierlo come Parola apportatrice della benedizione di Dio Padre.
Carissimi confratelli, non lasciamoci sopraffare e talvolta anche stordire dai tanti eventi sociali e politici accaduti in questi ultimi tempi. Apriamoci invece, in quest’anno della fede, ad accogliere le sorprese di Dio e dello Spirito Santo, sempre belle e imprevedibili, e riprendiamo con speranza e fiducia il cammino di fede, come ha ricordato papa Francesco nella S. Messa celebrata con i cardinali: “Camminare sempre, in presenza del Signore, alla luce del Signore, cercando di vivere con quella irreprensibilità che Dio chiedeva ad Abramo, nella sua promessa”. E’ necessario che ripartiamo dal fondamento che sostiene la nostra vita umana, cristiana e sacerdotale: l’essere uomini di fede, l’aver posto nella relazione personale con il Signore Gesù il motivo della nostra vita e delle nostre scelte, facendo nostre le parole dell’apostolo Paolo: “Se con la tua bocca proclamerai: <Gesù è il Signore!>, e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza” (Romani 10,9-10). Il cuore indica che il primo atto con cui si viene alla fede è dono di Dio che ci raggiunge gratuitamente, agisce dentro di noi e ci trasforma dal profondo. Professare con la bocca sottolinea invece che la fede, dopo essere accolta liberamente da noi, si fa testimonianza e impegno. Credere non è un fatto privato: è una decisione di stare con Lui, vivere di Lui per poi annunciarlo agli altri, senza timore. Gli impegni assunti nel giorno dell’ordinazione e che ora rinnoveremo, sono un atto personale e comunitario, possibile nella fede della Chiesa e nella certezza che Dio per primo ci permette di conoscere il suo mistero d’amore. E’ iscritta, infatti, nel cuore di ogni persona l’esigenza di metterci in cammino per trovare, come dice S. Agostino: “ Te – o Signore – che prima che io t’invocassi, mi hai prevenuto, moltiplicando, con insistenza, i richiami, affinché ti udissi di lontano, mi rivolgessi e invocassi te che ripetutamente chiamavi” (Le Confessioni, XIII,1).

Siamo uomini di fede? Lo so bene carissimi, per noi, credere non è una scelta scontata, fatta una volta per sempre! Se è ‘naturale’ definire il prete ‘uomo di fede’, non è per niente fuori luogo metterci un punto di domanda. Tutti sentiamo dentro la domanda sulla propria fede. “La fede non elimina gli enigmi dell’esistenza e il credente è chiamato a misurarsi con essi. L’enigma è parte integrante della fede” (Manicardi, Per una fede matura, 54). Rischiamo anche noi, talvolta, di parlare sempre di Dio senza mai incontrarlo. Agli interrogativi personali, si aggiungono poi quelli che provengono dall’esercizio del ministero, che rinasce ogni giorno e che ogni giorno è messo alla prova per accogliere le fatiche del mondo. La fede pertanto è un cammino ricominciato e percorso ogni giorno in compagnia dell’umanità intera, di chi crede e di chi non crede. E’ questo che rende la nostra fede apostolica e sacerdotale. Facciamo nostra, in questa celebrazione, la preghiera sacerdotale di Gesù: “Perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Giovanni 17,21). Come ci ricordava Papa Benedetto XVI nell’apertura dell’Anno della Fede, stiamo vivendo una desertificazione spirituale. “E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza. La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimismo. Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada”. E’ qui tracciato uno dei nostri ministeri principali: aiutare le comunità cristiane, le nostre parrocchie, tutte le persone che incontriamo a consolidare e irrobustire la fede, camminando insieme con loro e testimoniando la nostra relazione personale e viva con il Signore Gesù.
Permettetemi di tratteggiare in maniera delicata, ma altrettanto convinta alcuni aspetti che mi sembrano importanti e necessari per il nostro cammino di fede umano, sacerdotale e ministeriale, a servizio della fede di tutto il Popolo santo di Dio.

– La fede di noi consacrati, deve essere una fede accogliente, una fede nella quale si odono voci e si incontrano volti di persone conosciute e incontrate. Una fede frutto di paziente ascolto delle fatiche, dei dubbi e delle crisi dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che quotidianamente incontriamo. Più ci lasciamo provocare dalle sofferenze dell’umanità, più sarà purificata la nostra fede e più eserciteremo il nostro compito sacerdotale.
– Una fede che si fida pienamente di Dio che si donato a noi nel suo Figlio Gesù! Ecco perché la nostra fede deve essere caratterizzata da un atto di fiducia totale nel Vangelo. Fidarsi nel Vangelo significa giocare anche oggi, in questo tempo, tutta la nostra vita, nella certezza che possiamo trovare in Lui la piena realizzazione umana, cristiana e sacerdotale di noi stessi. Fidarsi del Vangelo: facile da dirsi, ma sconvolgente se lo prediamo sul serio. Gesù si è donato a tutti, senza far preferenze di persone, senza mai giudicare. Dobbiamo essere capaci anche noi, come ha vissuto Gesù, di cercare il volto di Dio in ogni persona; di annunciare il suo regno in ogni contesto e situazione. Il nostro cuore e la nostra carità devono essere aperte a tutti. Fidarsi del vangelo, non cambia solo i nostri comportamenti, ma prima di tutto il nostro modo di guardare, pensare. Non abbiamo paura di amare, di scorgere il volto di Dio nei fratelli più poveri, nelle povertà dei nostri giorni (le famiglie senza lavoro; gli stranieri, i divorziati con i loro figli, i giovani senza futuro). Anche a questi dobbiamo portare la fede in Dio Padre, che ama tutti.
– Una fede che si alimenta quotidianamente nella celebrazione dell’Eucaristia, atto di amore supremo con il quale Cristo ha voluto raggiungere e fare sua tutta l’umanità, riconciliandola con Dio e con il mondo. Così nell’Eucaristia noi sacerdoti, uniti strettamente a Dio e partecipando alla sua vita divina, saremo in grado di trasformare la storia, di immettere dentro di essa l’amore di Cristo offerto nel suo atto supremo sulla croce, perché solo l’amore è capace di donare la vita. Dall’amore di un Dio che si dona totalmente, nasce anche il gesto di solidarietà che compiremo dopo la rinnovazione delle promesse sacerdotali, verso le persone colpite dalla grave crisi economica, di dare vita al

Concludo, con un po’ di commozione, riportando alcune parole dell’ultima udienza di Papa Benedetto XVI. Erano rivolte a tutti. Le sentiamo ora rivolte a noi presbiteri e diaconi, come un suo testamento. “Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano”.

 

Sia lodato Gesù Cristo!

+Giuseppe Pellegrini

vescovo

Pordenone
28/03/2013
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia