Omelia Giovedì Santo, Messa del Crisma – Pordenone 29 marzo 2018

condividi su

Omelia Giovedì Santo – Messa del Crisma

Pordenone  29 marzo 2018

 

I presbiteri: ascoltatori della Parola
 

 È bello per noi essere insieme quest’oggi e trovarci come Chiesa locale, in particolare i presbiteri insieme con i vescovi e i diaconi, uniti dal sacramento dell’Ordine. Non capita spesso, come hanno scritto alcuni giornali, di essere per un po’ di tempo tre vescovi presenti in diocesi. Saluto con affetto, stima e gratitudine per tutto quello che fa, il vescovo Ovidio e anche il carissimo nuovo vescovo Livio che sta ancora gustando tra noi le primizie del suo ministero episcopale. Un grazie che parte dal profondo del cuore a tutto il presbiterio diocesano, dinamico e ancora vivace, pur con qualche acciacco. Ricordiamo quanti non sono presenti, per malattia o anzianità e anche quelli che stanno svolgendo altri servizi fuori diocesi. Nel nostro cuore c’è un posto speciale per i missionari e i Fidei Donum. Accompagniamo già con un po’ di nostalgia il carissimo don Loris che lunedì partirà per la missione di Chipene in Mozambico. Grazie di andare in missione anche a nome nostro! Saluto pure i sacerdoti di altre nazionalità che prestano qualche servizio pastorale in diocesi e tutti voi presbiteri che aiutate le parrocchie nelle festività pasquali. Ringraziamo insieme il Signore per quanti celebrano quest’anno un anniversario particolare della propria ordinazione. Saluto con affetto anche il gruppo dei diaconi permanenti augurando loro di essere nella nostra Chiesa segno vivente di Gesù che è venuto per servire l’umanità. Un pensiero e un grazie alla comunità del seminario qui presente e accompagniamo con affetto, preghiera e incoraggiamento in modo del tutto particolare i diaconi Boris e Davide che il 21 aprile entreranno nella nostra famiglia presbiterale.

Ancora una volta, carissimi confratelli, ci troviamo insieme in questo giorno santo per celebrare l’amore di Dio che ci ha amati e scelti per testimoniarlo nel mondo. Siamo invitati anche noi, come hanno fatto le persone nella sinagoga di Cafarnao, a fissare gli occhi su Gesù, centro della nostra vita e origine del nostro servizio ministeriale. In quella sinagoga Gesù, sotto la potenza dello Spirito, dopo aver preso coscienza nel battesimo al Giordano della sua identità e della sua missione, scopre il contesto e il destino del suo annuncio: iniziati i tempi nuovi, deve annunciare a tutti l’universalità della salvezza e il volto misericordioso di Dio Padre. “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato” (Luca 4,21). In queste parole di Gesù è racchiusa una verità fondamentale: la Parola è venuta per la potenza dello Spirito ed opera in ciascuno di noi nella misura in cui ci rendiamo disponibili ad accoglierla ed ascoltarla. Come umanamente l’ascolto permette di crescere e maturare entrando in dialogo e in comunione profonda con le persone, ancora di più nella vita spirituale l’ascolto è basilare per crescere nella fede e nella relazione con Dio, proprio perché non potendo vederlo, l’unica possibilità che ci resta è di ascoltarlo nel “sacramento” della sua Parola. Ogni credente e quindi anche noi presbiteri e diaconi, siamo innanzitutto ascoltatori della Parola, perché, come ci dice san Paolo, “la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo” (Romani 10,17). Nell’Antico Testamento la professione di fede sulla bocca di ogni israelita, che esprime la sua adesione intima e profonda all’amore di Dio, è: “Ascolta, Israele” (Deuteronomio 6,4). Ascoltare Dio significa conoscerlo, entrare in relazione con Lui e amarlo sopra ogni cosa. Ce lo ricorda il salmo 95 che accompagna ogni giorno l’inizio della nostra preghiera: “Se ascoltaste oggi la sua voce! Non indurite il cuore”.  Ascoltare oggi la sua voce, non è sempre facile, perché sia attratti da mille suoni e mille altre voci. La Bibbia chiede di prestare molta attenzione a chi si ascolta, a ciò che si ascolta, a come si ascolta. Ciò implica un serio discernimento tra la Parola e le parole, nella faticosa opera di riconoscimento della Parola di Dio dentro le parole e gli avvenimenti umani. Ecco perché la Parola di Dio ascoltata viene legata alla mano, diventando guida all’azione; diventa pendaglio sulla fronte, come guida del pensiero; diventa segno sugli stipiti delle porte, come espressione della vita sociale e dell’incontro con gli altri. L’ascolto è quasi la radice dell’essere di una persona, che favorisce la costruzione della nostra personalità. Mettersi in ascolto vuol dire imparare e imparare vuol dire crescere. Il libro degli Atti ci ricorda che le prime comunità “erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli” (Atti 2,42). L’ascolto della Parola era fondamentale per maturare la propria identità di cristiani e per vivere dentro la storia la fede, la speranza e la carità.

Ora, se l’ascolto è un ‘dovere’ per ogni discepolo, per noi ordinati, che dall’ascolto troviamo la nostra identità e il proprium del nostro servizio ministeriale, esso diventa ancora più necessario e decisivo. In spirito di fraternità, desidero quest’anno soffermarmi un po’ su questa caratteristica che è ben più di una qualità del prete e del diacono, perché ascoltare e predicare la Parola, celebrarla nella liturgia e testimoniarla nella carità, nell’ascolto e nell’incontro delle persone, sono gli ambiti che forniscono la sorgente per nutrire e sostenere la nostra vita spirituale. Mediante l’ascolto noi mettiamo a disposizione del Signore e della Chiesa tutto il nostro essere, anima e corpo. Nel rinnovare, fra poco, le promesse dell’ordinazione, vi chiederò se volete “adempiere il ministero della parola di salvezza sull’esempio del Cristo”. Prima di essere ministri, è necessario essere discepoli, ascoltatori assidui, lasciandoci raggiungere e incontrare da essa. Riascoltiamo quanto ci ha detto il Concilio Vaticano II, nel proemio della Costituzione ‘Dei Verbum’: “Religiose audiens et fidenter proclamans – In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia”. Noi, come diceva il teologo Rahner, siamo il popolo degli ascoltanti la Parola. Infatti, tutta la nostra vita è sotto la Parola: il nostro pensare, agire ed operare. Papa Francesco ad Assisi ha ricordato che “la prima cosa è ascoltare la Parola di Dio. … Penso che tutti possiamo migliorare un po’ su questo aspetto: diventare più ascoltatori della Parola di Dio, per essere meno ricchi di nostre parole e più ricchi delle sue Parole. Penso al sacerdote che ha il compito di predicare. Come può predicare se prima non ha aperto il suo cuore, non ha ascoltato nel silenzio la Parola di Dio?” (Cattedrale di Assisi, 4 ottobre 2013).

Carissimi confratelli, vi invito a meditare approfonditamente e a prendere in seria considerazione questo aspetto essenziale della nostra vita e del nostro ministero. Essere uomini di ascolto, meglio artisti dell’ascolto. Non possiamo più, soprattutto ai giorni nostri, essere pastori d’anime se non siamo capaci di metterci in ascolto di Dio e dei nostri fratelli. Ascoltare significa dare energie e presenza, dare la nostra vita all’altro, fino ad accoglierlo in noi. Siamo chiamati sempre più a fare esperienza dell’inabitazione della presenza di Dio in noi che ci porterà, poi, a dare ospitalità alla presenza degli altri. Colui che ascolta e che definisce la sua identità in base all’ascolto, è anche colui che sarà capace di amare, perché l’amore nasce primariamente dall’ascolto. Non è facile ascoltare perché comporta un continuo uscire da se stessi; ecco perché è necessaria una decisione e una scelta ben precisa. L’ascolto non è solamente un atto meccanico perché coinvolge tutto il nostro essere: mente, cuore, sentimenti, intelligenza, volontà e anche la nostra corporeità. La strada dell’ascolto è una strada in salita; per ascoltare, infatti, devo far spazio dentro di me, sgomberando il mio io da distrazioni ed immagini che riempiono il cuore e la mente, per mettermi in comunicazione con il Signore o con gli altri. Se sono libero da me stesso, riuscirò ad ascoltare più facilmente non solo le parole ma anche il cuore e i sentimenti che si esprimono con linguaggi differenti. Ascoltare è dare tempo all’altro. La fretta è nemica del buon ascolto perché è importante conoscere i tempi dell’altro. Senza ascolto il dialogo si riduce a monologo, talvolta anche nella preghiera. Vi confesso che anch’io, iniziando la visita pastorale, sperimento quanto sia bello ma anche esigente mettersi realmente in ascolto degli altri, a partire da voi sacerdoti e diaconi, dai vostri collaboratori più stretti e da tanta altra gente. E’ uno sforzo fruttuoso perché non solo io ne esco arricchito, ma anche perché il mio ministero episcopale tra di voi si qualifica sempre meglio. Quanto sono vere le parole che ho scritto nella lettera di indizione della visita pastorale: “Si innescano, così, sentimenti di fiducia che favoriscono l’apertura del cuore, il senso di appartenenza, la gioia di lavorare per la medesima vigna. La genialità pastorale, se non è preceduta dall’arte dell’ascolto, è votata al fallimento”.

Il riferimento imprescindibile per l’ascolto e per il nostro ministero dell’ascolto è e rimane Gesù di Nazareth: “Gli occhi di tutti erano fissi su di Lui” (Luca 4,20). Gesù è colui che ascolta il Padre, ma è anche colui che sa ascoltare e pertanto incontrare gli uomini e le donne del suo tempo. Vogliamo anche noi, carissimi, imparare la pratica dell’ascolto dall’umanità di Gesù. Per Gesù l’ascolto deve essere accogliente. Lui entra nella vita e nella storia delle persone senza pregiudizi e senza mai giudicare, accogliendo l’altro così come si presenta, anche quando si trova di fronte a situazioni discutibili, scorgendo nel cuore di ciascuno il desiderio di un cambiamento e di una vita migliore là dove tutti vedono solo egoismo e peccato. L’ascolto dell’altro, poi, è un ascolto delle sofferenze delle persone, perché Gesù ha fiducia e crede negli altri, nella consapevolezza che le sofferenze aiutano ad aprirsi più facilmente all’amore e al servizio reciproco. Ecco perché l’ascolto di Gesù è carico di compassione. Gesù sente compassione delle folle, delle persone ammalate, di chi soffre interiormente e di chi ha perso la speranza. La compassione è una forma fondamentale di ascolto e di incontro con l’altro, perché è un linguaggio umanissimo, capace di capire tutte le espressioni della comunicazione umana. È un ascolto che apre alla speranza. Partendo dalla situazione concreta e dalla storia personale di ciascuno, Gesù offre una prospettiva e un bene ancora più grande, il perdono che restituisce alla persona la propria dignità, apre all’incontro con il vero amore e con la misericordia del Padre.

C’è un’espressione di Paolo nel discorso di addio ai presbiteri di Efeso fatto a Mileto che richiama in modo profondo un orientamento di vita per noi preti e diaconi: “E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia” (Atti 20,32). Noi, ministri della Parola, siamo affidati alla Parola di Dio. Paolo non affida la Parola ai ministri, ma affida i ministri alla Parola. Ai destinatari della Parola, a coloro che devono tener viva la Parola in mezzo al gregge e che sono chiamati e mandati ad annunciarla e testimoniarla nel mondo, Paolo, prima di tutto li affida alla Parola, perché prima di essere portatori della Parola, essi stessi si lascino portare dalla Parola di Dio. La Parola è potente ed efficace (cfr. Ebrei 4,12), ha il potere di salvare la vita (cfr. Giacomo 1,21), di comunicare la sapienza che porta alla salvezza (cfr. 2 Timoteo 3,15-17), di offrire l’eredità con tutti i santi (cfr. Atti 20,32). Carissimi confratelli, non dimenticatelo mai: voi porterete la Parola agli altri solo se vi lasciate portare dalla Parola. Questo significa mettere la nostra fede nella Parola di Dio e non in noi stessi o in altre realtà. Significa, ogni mattina fare attento il nostro orecchio per ascoltare nella preghiera e nella lectio, come discepoli, il Signore che ci parla. Significa portare ed indirizzare questa Parola alle genti, ascoltando i bisogni e le necessita degli afflitti per offrire loro amore, accoglienza e consolazione. Essere affidati alla Parola non è solo un augurio che vi faccio, ma un impegno di assiduità con la Parola, fino ad accoglierla “non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio che opera in voi credenti” (1Tessalonicesi 2,13).

Con questi sentimenti auspico per me e per voi che, proprio in questi giorni santi del Triduo Pasquale, possiamo trovare del tempo per metterci in ascolto della Parola del Signore, lasciandoci afferrare da essa per poi offrirla come dono prezioso ai fratelli e alle sorelle che incontreremo. Buona Pasqua a tutti.

 

                                                                 + Giuseppe Pellegrini

                                                                           vescovo

 

Pordenone
29/03/2018
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia