Omelia Giovedì Santo S. Messa Cena del Signore
Pordenone 29 marzo 2018
I segni dell’amore
Carissimi, con la celebrazione di questa sera ha inizio il Triduo Pasquale di passione, morte e risurrezione del Signore Gesù. Siamo all’inizio del primo giorno che si apre con la cena di Gesù, nella quale egli con alcuni gesti e segni ci racconta in anticipo quello che sarebbe accaduto nelle ore e nei giorni successivi: dare liberamente la sua vita per tutta l’umanità, spinto solamente dall’amore. Le letture proclamate, ci offrono la narrazione di questi due gesti significativi: san Paolo nella Prima lettera ai Corinzi ci parla del segno eucaristico della frazione del pane e della benedizione della coppa del vino, istituzione dell’Eucaristia; l’evangelista Giovanni nel quanto vangelo ci narra il gesto della lavanda dei piedi. I due eventi hanno, però, lo stesso significato di svelarci l’amore di Gesù per tutti noi, fino alla morte in croce. Sono i due segni dell’amore fino alla fine, come ci ha ricordato Giovanni all’inizio della pericope: “Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Giovanni 13,1).
Il primo segno che la liturgia ci propone è il pasto eucaristico. Non un pasto come tanti altri, non una cena tra amici per rinsaldare i legami, e nemmeno il pasto rituale degli Ebrei, perché l’agnello e sostituto dal vero Agnello, Gesù, che presiede il banchetto e nello stesso tempo offre se stesso come cibo e bevanda. Gesù ci ama con tutto se stesso, con il suo corpo, il segno più grande dell’amore, come dirà qualche versetto più avanti: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (15,13). Anche umanamente il corpo esprime la pienezza e la totalità dell’amore, ed è appunto il suo corpo che Gesù consegna nell’ultima cena, sotto i segni del pane e del vino: il corpo consegnato per tutti e il sangue versato per la remissione dei peccati: “Prese il pane … lo spezzò e disse: questo è il mio corpo … Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue” (1 Corinzi 11,24-25). Queste parole significano che la sua vita è donata, spesa per tutti noi. L’Eucaristia ci ricorda il grande dono di amore che Gesù ci ha lasciato come segno della sua continua presenza in mezzo a noi. Un segno che ci chiede non solo di accogliere ma anche di farlo nostro e di attualizzarlo concretamente, condividendo con i fratelli la nostra vita.
L’evangelista Giovanni, nel narrare la scena della lavanda dei piedi ci fa vedere cosa significa per Gesù pane spezzato e vino versato per noi e per tutti. Gesù è pienamente consapevole dell’imminenza della sua passione ed è anche consapevole che la Croce è il passaggio necessario per arrivare al Padre. Pertanto si abbassa e lava i piedi ai suoi discepoli, riassumendo tutta la sua vita di amore e di dono e prefigurando anche la sua morte. È un gesto che compiva lo schiavo, ma è anche un gesto di amore che il figlio riservava al padre anziano: o obbedienza o amore! Gesù lava i piedi di tutti, i piedi del discepolo amato come i piedi di Pietro che lo rinnegherà e di Giuda che poi lo tradirà. Un gesto che rivela la gratuità smisurata dell’amore di Gesù che si fa nostra schiavo. Egli è amore, amore che serve fino al dono della vita, chinandosi a lavare le piaghe dell’umanità.
Con il gesto paradossale della lavanda dei piedi e con il dono del suo corpo e del suo sangue, i due segni dell’amore, Gesù ha voluto dare ai discepoli un esempio di amore totale, di gratuità e di servizio: “Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (13,15). Essi esprimono l’amore fedele che Gesù è venuto a rivelarci da parte del Padre. Sono i suoi segni distintivi, dai quali possiamo riconoscerlo e che rimarranno per sempre i segni distintivi dei suoi discepoli. I gesti di Gesù non sono per noi cristiani un semplice insegnamento morale, una indicazione di comportamento, ma sono una vera rivelazione, la manifestazione dell’amore di Dio. Con questi gesti Gesù rende visibile la logica di amore, di servizio, di dono e di gratuità che ha guidato la sua vita e che ci chiede di accogliere e di vivere anche noi, se vogliamo essere come Lui. La comunità cristiana è invitata a ripercorrere e, se ce lo siamo dimenticati, a riprendere la via del servizio gratuito e totale verso tutti, indistintamente, in particolare verso i più poveri, coloro che sono senza casa, senza lavoro, senza dignità. Ricordare alla Chiesa il servizio, non significa privarla della dignità o dell’autorevolezza, ma al contrario aiutarla ed essere se stessa, una Chiesa dalle porte aperte, capace di accogliere tutti. La grandezza della Chiesa si rivela nel servizio, come il suo maestro, Gesù. Gesù ha donato la sua vita per noi; anche noi siamo invitati a dare la vita per i nostri fratelli.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo