Omelia NATALE – Pordenone 25 dicembre 2014

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Omelia NATALE 

Pordenone 25 dicembre 2014

Natale: incontro con Gesù e con l’altro
 

Uscendo dalle nostre case per venire in Chiesa, siamo stati colpiti dalle piccole luci brillanti che decorano le nostre strade e le nostre case, anche se si fa sempre più sentire lo scontro tra luci e palline colorate e la crisi e difficoltà economiche che incombono su di noi. Queste luci però, non sono solo il simbolo di una società ricca e consumistica – sappiamo tutti che una luce o un segno natalizio sono oramai presenti in ogni angolo della terra ­-  ma riflettono qualcosa di più profondo che ci rimandano alla prima notte di Natale, quando, ci ha ricordato il profeta Isaia nella prima lettura, “il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (9,1). E’ la luce, carissimi, che caratterizza ogni Natale, la luce della manifestazione di Gesù nella nostra carne mortale. Anche la scena che ci ha proposto l’evangelista Luca ci appare piena di luce: “Un angelo del Signore si presentò ai pastori e la gloria del Signore li avvolse di luce” (2,9); e Giovanni nel prologo ci ricorda che: “In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” (1,4). Comprendiamo allora perché non poteva che essere questa la data per celebrare il Natale, subito dopo il solstizio, quando il sole ricomincia a crescere, a vincere la notte e le tenebre. Se ha ancora senso parlare della magia e dell’incanto del Natale, è necessario però che noi tutti intraprendiamo un cammino per penetrarne più profondamente il significato vero, e dare così alle luci il loro originale valore, perché non capiti anche a noi quello che è successo allo stolto, che a chi gli indicava la luna, si limitava a guardare il dito!

Il Natale è la memoria che il Figlio di Dio è venuto fra noi. L’invocazione del profeta Isaia che abbiamo rivolto al Signore durante l’Avvento “se tu squarciassi i cieli e scendessi” (63,19) è stata ascoltata da Dio che nel suo Figlio Gesù “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”, come ci ricorda l’evangelista Giovanni (1,14), o come dice san Luca: “Oggi nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (2,11). In questo modo Dio è uscita dalla sua lontananza e dalla sua invisibilità, ha accorciato le distanze assumendo un volto d’uomo, facendosi visibile e concreto, alla nostra portata. Questo, carissimi tutti, è il messaggio stravolgente e rivoluzionario del Natale e il significato più vero e più bello del nostro essere cristiani. Dio non è lontano ma è vicino e cammina con noi. Si comprende perché papa Benedetto, all’inizio della sua prima enciclica Deus Caritas est, abbia scritto: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orientamento e con ciò la direzione decisiva”. Siamo qui in molti, ma non per tradizione, né perché è un gesto ‘dovuto’ ai propri cari e nemmeno per paura di un Dio giudice; siamo qui ancora una volta perché l’amore di un Dio che si fa bambino ci commuove e ci attira a sé; perché abbiamo bisogno di sentirci amati da Gesù che ci ama sempre, per primo, avvolti dalla sua misericordia e dal suo perdono. Siamo qui per sentirci dire, come ci ha ricordato papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti” (n. 164). E’ un Dio che ci conosce nel profondo, che sa i nostri problemi e le nostre difficoltà, che non ci condanna mai, ma che ci chiede di accoglierlo e di fargli spazio nella nostra vita. Anzi, possiamo dire qualcosa di più, come ci ha detto un Padre della Chiesa, Gregorio di Nazianzo: “Dio assume la povertà della mia carne, affinché io riceva la ricchezza della sua divinità”. Dio ci prende per mano e da piccoli, ci fa diventare grandi; da poveri ci fa entrare nella sua gloria.

La celebrazione di questo Natale sia l’occasione per riallacciare o intensificare con Lui un dialogo costante e sincero. Come gli angeli e i pastori siamo invitati anche noi a metterci in cammino, ad uscire da noi stessi e ad andare ad adorare Gesù presente anche oggi nella sua Parola, nell’Eucaristia e negli altri, in particolare nei più deboli e poveri. Se Dio ci ama, come potremmo non amarci tra di noi? I tempi non sono facili e le situazione di povertà e di precarietà etica e sociale aumentano ogni giorno. “Il vangelo – ci ricorda papa Francesco – ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo” (E.G. 88). Avvolti dalla luce che promana dalla grotta di Betlemme, il nostro cuore e gonfio di serenità, di gioia e di pace. Ma non possiamo dimenticare tanti nostri fratelli e sorelle che stanno vivendo le dimensioni della recessione e le inevitabili ricadute sulle già incerte fragilità esistenziali di chi vive senza lavoro, senza una degna abitazione, straniero nella nostra terra, tradito negli affetti, di chi non fa mai festa! Mi sono chiesto in questi giorni: “Se nascesse oggi il Gesù storico, dove porrebbe la sua dimora?”.

Desideriamo anche noi camminare accanto all’umanità che respira e vive una situazione di insicurezza e incertezza, come Chiesa in uscita che non ha paura di confrontarsi con questa umanità e che invece di ricevere dona. Dare non solo e non tanto ‘cose’, ma soprattutto fiducia, amore, comprensione e dignità. A tutti auguro di vivere così il Natale del Signore.

 

                                                                       + Giuseppe Pellegrini

                                                                                  vescovo

Pordenone
25/12/2014
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia