Omelia Fine Anno
Pordenone, 31 dicembre 2014
Siamo al 31 dicembre, nell’ultimo giorno dell’anno 2014. Liturgicamente con la celebrazione della vigilia viviamo già la solennità di Maria Madre di Dio. Nella celebrazione di questa sera, prima della festa che dopo faremo con gli amici per salutare l’anno che se ne va, desideriamo prenderci un po’ di tempo per ringraziare il Signore per tutto quello che ci ha dato in quest’ anno, per chiedergli perdono per il bene che non abbiamo fatto e anche per fare un bilancio, ripensando ai momenti belli e importanti trascorsi, gioie gustate e sofferenze patite, obiettivi raggiunti e desideri che non si sono realizzati. E’ inevitabile pertanto fermarsi a riflettere sul senso del tempo e della storia. E’ inevitabile ripensare ai giorni, alle settimane e ai mesi trascorsi e a tutto ciò che di positivo e negativo è accaduto. La celebrazione e la Parola di Dio ci offrono alcune considerazioni per vivere bene questo momento.
La prima ce la offre il canto del Te Deum che la liturgia pone alla fine della S. Messa. E’ un inno di ringraziamento che inizia con la lode ‘Noi ti lodiamo o Signore’ e termina con una invocazione alla fiducia ‘Tu, o Dio, sei la nostra speranza; non saremo confusi in eterno’. L’anno appena trascorso non è stato facile per nessuno, soprattutto dal punto di vista economico e sociale. Manca nelle nostre famiglie, e soprattutto nei giovani la fiducia e la speranza. La crisi economica che non finisce e che anzi continuerà con ancora più preoccupazione a farsi sentire, ci obbliga a ripensare a un nuovo stile di vita che tutti dobbiamo assumere. Uno stile di vita più sobrio e più solidale con gli altri; dobbiamo cominciare a parlare di una cultura, forse non della povertà, ma di minor ricchezza e di minor consumo, capace di superare la stretta logica individualistica del mercato per giungere a un benessere che porta ad avere meno ma condiviso con altri. Noi ti lodiamo o Signore per tutto il bene che continuamente operi nel mondo. Nonostante tutto c’è ancora molto bene e molte persone che fanno del bene, così che il bene prevale sul male, perché il bene è destinato a vincere. Ti preghiamo con fiduciosa speranza che il nuovo anno ci renda più generosi e solidali con tutti.
L’apostolo Giovanni, nella prima lettura, proprio in questo ultimo giorno dell’anno ci ricorda che è “giunta l’ultima ora … e che l’anticristo deve venire” (1 Giovanni 2,18). Siamo invitati a non aver paura di guardare in faccia la realtà, anche se non è sempre bella, di riconoscerla proprio per portare lì la presenza di Dio, per portare la luce dove ci sono le tenebre. Dobbiamo senza paura abitare il nostro tempo e portarvi l’amore di Dio che in Gesù offre la salvezza per tutti. Domandiamoci allora: come abbiamo vissuto il tempo che Dio ci ha donato? Lo abbiamo usato per noi stessi, per i nostri interessi oppure abbiamo saputo spenderlo anche per gli altri? Ci siamo sentire corresponsabili anche del bene della nostra città e del nostro territorio? Com’è la qualità della vita e del nostro essere ‘cittadini?’. Se prima ho parlato di crisi economica, ora mi soffermo su un altro aspetto, che è ben più grave e preoccupante: la crisi della società che sta perdendo i valori fondamentali che caratterizzano la nostra cultura, primo fra tutti quello della comunione e della fraternità, problema presente anche in tante nostre famiglie. Scrive papa Francesco nell’Evangelii Gaudium: “L’individualismo postmoderno e globalizzato favorisce uno stile di vita che indebolisce lo sviluppo e la stabilità dei legami tra le persone, e che snatura i vincoli familiari” (n. 67). Possiamo ben dire che l’individualismo e il relativismo etico sono i due grandi mali che affliggono le nostre comunità e le nostre famiglie, mettendo in grave crisi il sentimento di vita comunitaria. Perdendo il senso della comunità, la società perde il significato della vita stessa illudendo il soggetto umano di poter bastare a sé stesso. L’eccessiva enfatizzazione dei diritti e dei bisogni dell’individuo, tanto decantati anche dalle istituzioni pubbliche, porta a non avere più dei punti di riferimento, in relazione al progetto di Dio sul destino dell’uomo; principi che sorreggono la vita stessa della società. Si può così comprendere il ‘grido’ che papa Francesco ha lanciato: “Non lasciamoci rubare la comunità” (EG 92). Dobbiamo, come comunità cristiana, in tutte le sue forme, riscoprire la nostra vocazione originaria di essere comunità accogliente, offrendo spazi reali di comunione, di condivisione, di partecipazione, di ospitalità reciproca, nel segno dell’amore e del rispetto di ciascuno, luogo di incontro tra giovani e anziani, uomini e donne, figli e genitori, stranieri e cittadini, poveri e ricchi!
Il terzo aspetto lo ricavo guardando a Maria che la liturgia oggi ci presenta come Madre di Dio. Luca, nel vangelo appena ascoltato, ci propone un atteggiamento meraviglioso della Vergine: “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (2,19). Se vogliamo vivere nel tempo senza esserne sommersi o sopraffatti, è necessario avere uno sguardo e un cuore capace di meraviglia e di stupore. E’ l’atteggiamento della vergine che medita nel silenzio del suo cuore gli eventi della vita, cercando di trovarne il significato più vero e più profondo. Uno stile che è necessario riscoprire anche ai tempi nostri, dove, sempre di corsa, siamo preoccupati di produrre e di guadagnare. Meditare significa portare dentro e non limitarsi a osservare dall’esterno gli avvenimenti, senza coglierne il più vero e profondo significato: quello che Dio immette nella storia e intende annunciare a chi ha occhi di fede e sguardo di amore. La contemplazione e la meditazione ci introducono nel tempo di Dio, che non è limitato dal trascorrere dei giorni e permette di guardare gli avvenimenti della vita e della storia da una visuale diversa e sicuramente più umana e liberante di quella reclamizzata dalla cultura e dai modelli dominanti. Lo stile di Maria invece, ci ricorda che non è la frenesia che ci fa vivere bene la nostra vita; al contrario è la meditazione, il saper ‘fermarsi’, il prendersi del tempo per riflettere che ci consente di rendere sensata, di dar senso e di rendere bella la nostra esistenza. Vogliamo anche noi, come Maria, meditare nel nostro cuore tutte queste cose, rileggendole nel segno della speranza e della fiducia, nella consapevolezza che il bene è sempre più forte del male e che l’amore regge questo nostro mondo, consentendogli di non sprofondare nel nulla.
Su ciascuno di noi, sulle nostre famiglie, sulle parrocchie, sull’intera diocesi e sulla società civile con le sue istituzioni e su quanti le guidano per il raggiungimento dell’autentico bene comune, invoco di cuore la benedizione del Signore, con le parole di Aronne: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace” (Numeri 6,34-26).
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo