Omelia nel 40° anniversario della morte di don Piero Martin – Opera Sacra Famiglia Pordenone, 24 marzo 2017  

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Omelia nel 40° anniversario della morte di don Piero Martin

Opera Sacra Famiglia Pordenone, 24 marzo 2017

 

Ci siamo ritrovati insieme non solo per ricordare ma anche per venerare uno dei sacerdoti che ha reso bella e grande la nostra diocesi: don Piero Martin, nel 40mo anniversario della sua morte. In questi anni, parlando con parecchi sacerdoti e laici della storia della nostra Chiesa diocesana, tutti mi ricordavano la significativa figura del grande prete don Piero Martin, chiedendomi di fare qualcosa perché non si dimenticasse la sua figura e la sua opera. Questa celebrazione è uno di tali momenti.

La Parola di Dio appena proclamata, in particolare la pagina del Vangelo, ci aiuta a comprendere ancora meglio la figura di don Martin, proprio perché ci riporta alla sorgente e alla fonte della sua missione e del suo essere prete. Interrogato da uno scriba, Gesù risponde citando le parole del Credo deuteronomista del pio israelita; parole che fa sue: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore Dio tuo …” (Marco 12,29-30). La vita di fede e anche il cammino spirituale di ogni persona ha inizio dall’ascolto, dal mettere al primo posto nella vita la Parola di Dio. Anche noi siamo poco abituati ad ascoltare, perché è più facile parlare, agire, comandare. Solo mettendoci in ascolto del Signore, diventeremo capaci di ascoltare i nostri fratelli e di entrare in relazione con loro. Un ascolto di Dio che coinvolge tutta la persona e le capacità. Un ascolto, ci dice Gesù, che si realizza nell’amore. Ascoltare per amare Dio e per amare i fratelli. Non però in contrapposizione, perché Gesù mette sullo stesso piano l’amore verso Dio e verso i fratelli. Questa è la novità di Gesù. Dio e i fratelli sono due facce dell’unica medaglia. Gesù non fa un riassunto della legge ma indica il centro e l’essenziale: amare Dio e amare il prossimo. Lo scriba chiedeva il primo dei comandamenti, Gesù risponde che il primo non è un solo comandamento ma due, indissolubili: Dio e il prossimo. Qui sta la proposta di Gesù, proprio in questa capacità di tenere uniti i due amori, l’amore per Dio e l’amore per il prossimo. Questa è la genialità e la misura della vera fede. Può capitare, infatti, che per amare Dio ci si estranei dagli uomini o che per lottare a fianco degli uomini ci si dimentichi di Dio. Due amori, Dio e gli uomini, con una diversità: Dio si ama nella totalità di se stessi, con tutto il cuore e la mente; l’uomo come noi stessi, cioè l’uomo è da amare, servire, ma non adorare. Solo Dio si adora.

A partire da queste considerazioni, diventa più facile e anche più significativo comprendere la figura e l’opera di don Piero Martin. Avvicinava tutti, ricchi e poveri, credenti e non. Aveva un grande amore per Dio, una fede forte e genuina e un grande spirito di carità e solidarietà verso tutti. Qualcuno che lo conosceva bene ha definito don Piero un gigante della carità, ricco di iniziative e di fantasia. A incominciare dagli emigranti e gli operai all’interno dei segretariati, poi nella POA con l’attenzione ai poveri e carcerati, fino alla fondazione dell’Opera Sacra Famiglia e del Villaggio del fanciullo e della fanciulla e della casa di Cimolais. Don Martin è stato capace di tener insieme i due versanti dell’amore, come ha insegnato Gesù: amore verso Dio e amore generoso verso il prossimo. Fin da subito il suo carisma cominciò a coinvolgere altre persone tanto che formò una comunità di vita che mise al centro l’amore di Dio, con la preghiera e la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia e il servizio disinteressato verso gli altri, in particolare le giovani generazioni. Una sintesi che don Piero vedeva realizzata nella famiglia. Da qui il suo motto: “Tutto per la famiglia, nulla contro la famiglia, niente al di fuori della famiglia”.  Possiamo ben dire che fu congeniale a don Piero tenere insieme i due grandi amori verso Dio e il prossimo, declinandoli ‘istituzionalmente’ nella fondazione dell’Opera Sacra Famiglia a favore della formazione e dell’istruzione di ragazzi/e provenienti da famiglie bisognose, e facendoli diventare i soggetti principali: la comunità ecclesiale, rappresentata dalla diocesi e la società civile. L’Opera Sacra Famiglia, nata dal cuore di don Martin e dai primi 12 soci fondatori, si ispira al modello della Sacra Famiglia di Nazareth e tiene strettamente uniti i due principi ispiratori: l’amore verso Dio e verso il prossimo. Fin dall’inizio si è mossa secondo questi principi della solidarietà cristiana e umana. Pur non dipendendo direttamente dalla diocesi, ha nella figura del Vescovo il punto di riferimento morale e religioso. Inizialmente ne era l’Alto patrono. Ora i tempi sono cambiati, ma questo è e deve essere lo spirito che deve guidare anche oggi l’Opera.

A conclusione, desidero condividere con voi alcune considerazioni che penso necessarie sia per ricordare nel modo più giusto don Piero Martin, che per la continuazione di un’Opera che rende significativo il nostro territorio. Perché l’Opera possa continuare a portar avanti lo spirito degli inizi è necessario tener sempre presenti ed uniti i due soggetti principali: la comunità ecclesiale e la società civile, che possiamo definire i due polmoni che danno respiro e vita all’Opera Sacra Famiglia e al suo servizio. L’Assemblea dell’Opera non è costituita dai soci di una cooperativa ma da rappresentanti delle due realtà, Chiesa e Società civile del nostro territorio che insieme sono chiamati ad operare per il bene dei giovani bisognosi.  Così come i vari Consigli devono essere espressione di questi due soggetti, per dare fondamento e sicurezza alle varie attività educative e formative. Ciascuno che agisce nell’Opera sa che non agisce per se stesso o per i propri interessi, ma per il bene della stessa. So bene che ai nostri giorni non è facile tener sempre uniti i due poli e farli collaborare insieme. È altrettanto evidente che questi sono i principi ispiratori e tutti sono chiamati ad agire così, perché sono alla base e fondamento di tutto. A scanso di equivoci, la diocesi non vuole essere proprietaria, impossessarsi o gestire direttamente l’Opera; se fosse così tradirebbe il pensiero dei padri fondatori. La diocesi, secondi i principi ispiratori, desidera essere presente e parte viva dell’Opera, consapevole che ciò è una sicurezza non solo per la salvaguardia dei valori e dei principi generali, ma anche per la vita stessa e la continuazione del prezioso servizio che svolge. Anche perché, quando parlo di diocesi, non intenso solo la figura del vescovo o di alcuni suoi collaboratori, ma di una Chiesa, preti e laici che vivono nelle comunità parrocchiali e che si mettono a servizio di tutti, in particolare dei più poveri.

Credo giusto, mente ricordiamo don Piero Martin, onorare e ricordare la figura di un suo strettissimo collaboratore fin dagli inizi, ancora vivente, don Giovanni Perin. Al pari di don Piero, don Giovanni va considerato un punto fermo non solo per la storia dell’Opera, ma anche per l’oggi. In questo autentico interprete del pensiero dei fondatori, credo importante rifarsi e lasciarci guidare da lui. Su tutti i giovani che anche oggi sono presenti nell’Opera Sacra famiglia, sugli operatori e insegnati, e sui vari membri della Direzione, invoco la benedizione del Signore e l’assistenza dello Spirito Santo.

                                                           + Giuseppe Pellegrini

                                                                       vescovo

 

 

 

 

 

Pordenone
24/03/2017
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia