Omelia nella festa del patrono dei giornalisti S. Francesco di Sales – Pordenone, 24 gennaio 2014

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Omelia nella festa del patrono dei giornalisti S. Francesco di Sales

Pordenone, 24 gennaio 2014

Nella festa del vostro patrono, carissimi giornalisti, vi giunga il mio saluto cordiale e riconoscente che accompagno con la preghiera al vostro patrono san Francesco di Sales. La pagina di Vangelo, nel rappresentarci un quadretto sintetico della chiamata dei discepoli, mette in evidenza l’aspetto centrale della chiamata dei primi discepoli e anche di quella di ciascuno di noi: la vocazione cristiana è un fidarsi reciproco, a prima vista, di Gesù verso di noi e di noi verso Gesù. L’indicazione poi del nome di ciascuno dei dodici, evidenzia non solo il carattere e la personalità di ciascuno, ma anche la propria identità e la libertà di scelta. Tra di loro, lo sappiamo bene, c’è pure Giuda Iscariota che lo tradirà. L’essere nominati apostoli, non è un fatto di carriera o un aumento di prestigio e di stipendio, ma una radicalizzazione della loro personalità, un invito ad essere sempre se stessi nello stile del dono di sé e del servizio gratuito e generoso verso tutti. Le ragioni della scelta sono ben precisate nel racconto di Marco: “perché stessero con Lui e per mandarli a predicare” (3,14). Gesù, nell’affidare a ciascun discepolo e anche a ciascuno di noi una missione che è sempre al di sopra delle proprie possibilità e che ci sovrasta, si fida di ciascuno e non si lascia scoraggiare dalle nostre debolezze e fragilità. Il suo modo di fare, senza ‘se’ e senza ‘ma’, nei confronti di ciascuno, diventa anche la nostra risposta, l’atto di fede, nell’accogliere liberamente il suo dono.
All’interno di questo dialogo tra Gesù e i discepoli, carissimi, si può collocare qualsiasi vocazione, qualsiasi storia di relazione, qualsiasi progetto di vita che si voglia realizzare. Siamo tutti convinti che anche la professione del giornalista non sia un semplice mestiere per vivere, ma una risposta ad un desiderio, ad una ‘passione’ che vi siete portati dentro e che avete coltivato. Non ho paura di chiamarla ‘vocazione’, risposta a un progetto di Dio. Sono necessarie infatti, per essere giornalista delle doti d’animo ed una sensibilità, una passione per la verità che vi portano ad operare sempre per il bene delle persone e dell’intera società. Ci viene in aiuto anche il vostro patrono: san Francesco di Sales. Non potendo annunciare e testimoniare direttamente il Vangelo nella sua regione, l’alta Savoia, il giovane Francesco pensò di evangelizzare scrivendo la Parola di Dio in maniera semplice e simpatica, in foglietti che poi infilava sotto le porte delle case e dei negozi. Una forma originale di apostolato, che sta però a indicare la sua forza d’animo, il suo amore alla verità, la sua passione nel fare le cose e l’importanza della comunicazione, che a quel tempo era solo scritta, ma che ora si sviluppa in tantissimi altri mezzi e forme.
Il vostro compito oggi, cari giornalisti, sia della carta stampata che della televisione e degli altri media è importante e carico di responsabilità. Voi entrate in molti modi nelle case della gente e nella mente e nel cuore delle persone. Per tutti siete una finestra aperta sul mondo, creando mentalità e cultura. La giornata di ogni persona è così piena di ‘media’ da orientare la vita stessa di ciascuno. La comunicazione che ci raggiunge, a volte esalta, altre volte distrugge. Talvolta perfino costruisce miti determinando scelte di massa, altre volte invece determina l’oblio. Tutto ciò ci dice che non è solo informazione, ma sempre fate anche formazione. Date la notizia e nello stesso tempo aiutate a comprendere quello che accade. Parlando ai dipendenti Rai il 18 gennaio scorso, in particolare ai giornalisti, Papa Francesco ricordava che la vostra professione, oltre che informativa è formativa, perché produce cultura e educazione. E’ un servizio pubblico, cioè un servizio al bene comune, alla verità, alla bontà e alla bellezza. “La qualità etica della comunicazione è frutto, in ultima analisi, di coscienze attente, non superficiali, sempre rispettose delle persone, sia di quelle che sono oggetto di informazione, sia dei destinatari del messaggio”. Questa è una responsabilità che non può mai venir meno. Anche il messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che quest’anno cadrà il 1° giugno, e che ha come tema “Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro”, richiama la vostra responsabilità personale che – dice Papa Francesco – “è la radice stessa dell’affidabilità di un comunicatore, perché solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento”.
Vi invito pertanto a non cadere nel trabocchetto degli indici di gradimento e della tiratura, dando la sensazione che il male sia più forte del bene, che la vince sempre il più forte e il più furbo! Se oggi c’è da diffondere un messaggio, non è quello della violenza o del male, anche se fa più rumore, ma l’amore e il bene, la solidarietà e la fraternità. Ritengo anche oggi che la professione giornalistica debba essere guidata dal desiderio di voler comunicare dei valori, delle verità. “Comunicare bene – scrive sempre papa Francesco nel messaggio – ci aiuta ad essere più vicini e a conoscerci meglio tra di noi, ad essere più uniti. … Abbiamo bisogno di comporre le differenze attraverso forme di dialogo che ci permettono di crescere nella comprensione e nel dialogo. … I media possono aiutarci in questo, particolarmente oggi, quando le reti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi”. Un grande teologo, Karl Barth, invitava i cristiani ad avere la Bibbia in una mano e il giornale nell’altra, perché la Bibbia mi garantisce il contatto con Dio, il giornale mi fa amare la realtà. Per noi credenti, infatti, c’è un’unica storia di salvezza, che scorge nel nostro agire quotidiano, nella vita reale e concreta, la presenza di Dio che opera nella storia.
Ecco il vostro compito, la vostra vocazione e missione oggi. Vi ringrazio di cuore per quanto fate per il nostro territorio, soprattutto in questi tempi di crisi, per la vicinanza quotidiana alle persone, alle famiglie, agli operai in difficoltà e a numerose realtà produttive. Mi fa piacere anche riconoscere l’attenzione cortese e l’interesse che dimostrate verso la nostra chiesa diocesana e la missione e il servizio del vescovo. Termino con una bella e significativa espressione di San Francesco di Sales, che vuole essere anche il mio augurio per tutti voi: “Io odio, per naturale inclinazione del mio spirito, tutte le contese e tutte le controversie che non approdano a nulla e che si risolvono in un vanissimo sfogo di garrula vanità. … La sincerità del cuore e non l’abbondanza della parola tocca il cuore degli uomini”.

 

+Giuseppe Pellegrini

vescovo

Pordenone
24/01/2014
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia