Omelia Ordinazione Diaconale
Chiesa parrocchiale Bannia, 26 novembre 2017
La chiave di lettura per comprendere il significato profondo della solennità di Cristo Re, ce la offre san Paolo nella 1 lettera ai Corinzi: “E quando tutto gli sarà sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti” (15,28). La festa di oggi ci porta ad uscire dal nostro mondo per contemplare, come ci ha ricordato l’evangelista Matteo, “quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria” (25,31). Gesù, però, ci sorprende sempre! Celebriamo la regalità di Cristo e la sua funzione di giudice universale, mentre la Parola di Dio ce lo presenta sottomesso al volere del Padre. Anche se il concetto di sottomissione si scontra con il potere e la regalità di Gesù, questa è la sua modalità di essere re. Gesù regna non sottomettendo gli altri a sé, come fatto tutti i re di questo mondo, ma, al contrario, si sottomette Lui stesso al Padre e agli altri, nella logica del dono di sé e del servizio, nella logica di una vita offerta gratuitamente e per amore dell’umanità. Solo così Dio potrà essere “tutto in tutti”. Gesù si dona a noi perché anche noi possiamo essere uniti a Lui e al Padre. Gesù si dona a noi come principio di vita eterna con lo stile dell’amore e del servizio verso il prossimo e ci invita a fare altrettanto, per far parte della sua Chiesa, così da diventare cittadini del suo Regno.
Gesù invita ciascuno di noi, al di là dei nostri meriti, delle nostre capacità e della nostra fede, a fare del bene agli altri, anteponendo a noi stessi e alle nostre necessità, il bene dei fratelli. “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Matteo 25,40). Venendo nella gloria, Gesù non abbandona l’umanità che ha assunto nell’incarnazione per rivestire il mantello del sovrano, perché, come ci ha dimostrato nella sua vita, la gloria di Dio si manifesta nella debolezza e nella Passione, assumendo il volto del servo sofferente che dà la vita per tutti. Anche noi, riconosceremo la sua vera regalità, solo se lo sapremo riconoscere nel volto del povero e del sofferente mettendoci al loro servizio. Ecco perché il racconto del giudizio finale è vicino al testo delle Beatitudini che ci ricorda che i destinatari del regno sono i poveri, gli umili e i semplici. Ben diceva san Giovanni della Croce che “alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore”. Quando il Figlio dell’uomo, alla fine della storia, giudicherà le persone, collocandole nella benedizione o nella maledizione, guarderà non tanto a quale legge o religione appartengano, ma ad ogni piccolo gesto di amore, di misericordia e di solidarietà fatto o non fatto verso un fratello o una sorella in umanità, identificandoli con Cristo stesso. L’amore verso il prossimo diventa il criterio ultimo di verifica della nostra adesione al vangelo di Gesù.
Cambiano i tempi, cambiano le povertà, ma il messaggio evangelico è attuale e significativo anche per noi oggi. Ce l’ha ricordato una settimana fa Papa Francesco durante l’omelia alla S. Messa per la prima giornata dei poveri: “Nei poveri Gesù bussa al nostro cuore e ci domanda amore. L’omissione è il grande peccato, assumendo un nome preciso: indifferenza. Amare il povero significa lottare contro tutte le povertà spirituali e materiali. Non far nulla di male non basta, perché Dio non ci chiederà se non abbiamo fatto niente di male, ma se abbiamo fatto il bene”.
Carissimo Lorenzo, non poteva esserci un giorno più bello e significativo per accogliere il dono del Diaconato che il Signore ti sta facendo. Oggi, tutta la nostra diocesi, mentre prega per il suo seminario e per le vocazioni alla vita sacerdotale, doni preziosi e indispensabili per tutte le nostre parrocchie, riflette anche sul significato del servire nella Chiesa. Diacono significa servo ed è una vocazione che richiama al servizio, parola chiave per comprenderne il carisma nella vita personale e della comunità. La preghiera di ordinazione fa riferimento agli Apostoli che, guidati dallo Spirito Santo e mediante l’imposizione delle mani affidarono a sette uomini il servizio della carità, sull’immagine di Cristo che non venne per essere servito ma per servire. E anche tu, come mi hai scritto nella domanda per l’ordinazione, consapevole che l’amore di Dio è inseparabile da quello dei fratelli, hai ringraziato il Signore per le esperienze di fede e di servizio fatte nella tua Chiesa, che ti stati preparando a servire per tutta la vita. I diaconi sono per eccellenza i custodi – come ci ricorda spesso papa Francesco – del servizio nella Chiesa: servizio alla Parola, servizio all’Altare e servizio ai poveri (cfr. canone novellato 1009§3 CIC). Per il diacono, questo trinomio è inscindibile. Questa, carissimo Lorenzo, sarà la tua missione: servo e segno per tutti nella Chiesa, dal vescovo, al presbitero e ai laici, che ogni ministero, ogni annuncio, ogni celebrazione e ogni gesto di carità, va compiuta e vissuta con lo stile della gratuità e del servizio.
I diaconi ci ricordano, proprio perché questo è il loro specifico, che non siamo chiamati a servire ogni tanto o quando ce la sentiamo, ma a vivere servendo. Fede e servizio sono due facce della stessa medaglia. Il servizio non è tanto compiere qualche buona azione o qualche gesto di carità verso i bisognosi, ma è uno stile di vita, una vita vissuta come dono, senza calcoli o tornaconto personale. Uno stile di vita che riassume tutta la vita del credente: servire Dio nella preghiera e amare concretamente i fratelli adoperandosi per il bene di tutti.
Sarà anche per te un servizio, carissimo Lorenzo, ora da diacono e un domani da presbitero, che ti abiliterà a mettere tutto te stesso, le tue energie, il tuo tempo e le tue doti e doni ricevuti, per il bene della Chiesa e delle comunità. Ti accompagni la protezione materna di Maria Santissima.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo