Omelia Veglia giovani per bicentenario della nascita di don Bosco
San Marco Pordenone, 30 gennaio 2015
Duecento anni fa, il 16 agosto del 1815, nasceva Giovanni Bosco. Per i salesiani e per tutti noi quest’anno è un anno santo, un anno particolare che ci ricorda l’amore e la cura di don Giovanni Bosco verso voi giovani; ci ricorda anche la cura e l’amore che tutti i salesiani e le salesiane sparsi nei cinque continenti, precisamente in 132 paesi, hanno per tutti giovani, in particolare per i più disagiati. Siamo qui riuniti stasera, non tanto per fare una commemorazione ma per scoprire il segreto che ha animato e sorretto la vita di don Bosco, qual’ è stata la sua forza per fare quello che ha fatto, cosa lo ha sostenuto nei momenti di fatica e di difficoltà … e soprattutto cosa c’è ancora dentro il cuore di migliaia di giovani che da 150 anni hanno deciso e decidono ancora di lasciare tutto e di seguire Gesù, con lo stile e il carisma di don Bosco, donando la lor vita a sevizio dei giovani.
Ringrazio anch’ioil Signore di aver incontrato, negli anni del mio ministero presso l’Ufficiomissionario della Conferenza Episcopale Italiana, molti salesiani e salesiane nel mondo: nelle Ande, sparsi sui monti brulli esenza vita, nelle favelas latino-americane o negli slums asiatici e indiani, fino alle estreme isole della Papua Nuova Guinea. Sempre in mezzo ai giovani, sempre attenti alle loro esigenze, sempre desiderosi che i giovani potessero trovare un senso vero alla loro vita.
Qual è, allora, il segreto che ha sostenuto don Boscoin tutta la sua vita e che poi ha trasmesso ai suoi figli? E’ la consapevolezza che da solo non avrebbe mai potuto donare agli altri i propri talenti, i doni che il Signore gli aveva dato. E’ la certezza che la piena realizzazione di sé e della propria vita sta non nel chiudersi in se stesso, ma nel fare qualcosa non da solo, ma con qualche altro. In altre parole è stata la capacità, certamente per opera dello Spirito Santo, di trasformare la passione, cioè il desiderio profondo che si portava dentro, la forza che lo guidava e sosteneva, in missione. La missione infatti non è principalmente tua, ma la ricevi, la accogli da qualche altro. Possiamo dire che è anche il filo conduttore della celebrazione di questa sera: noi due (don Bosco e don Rua, il suo primo successore) faremo tutto a metà. Sembra di vedere anche la relazione tra Gesù e il Battista. Gesù che dice “fra i nati di donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui” (Luca 7,28); e il Battista che afferma: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Luca 3,16). Che grandezza d’animo. Miche le Rua ne ha fatto il programma della sua vita: “Prendete a piene mani quello che ricevete, ma restituite anche”. Lo diceva anche suor Cristina, un anno fa, alla domanda della Carrà: “Come ti è venuto in mente di venire a The Voice?”. “Ho ricevuto un dono – disse suor Cristina – e ve lo dono”.
Carissimi giovani, non è facile vivere così.Siamo, infatti, immersi, sommersi in un mondo pieno di egoismo, di menefreghismo, dove si prende in considerazione l’altro o l’altra solo se mi serve, solo se mi può essere utile o solo se soddisfa ad un mio bisogno o necessità. Anzi, devo sempre guardarmi dall’altro perché rischia portarmi via il posto, o una promozione! E questo capita anche tra amici! Don Bosco non ha mai avuto paura dell’altro, anzi, era consapevole che la sua opera sarebbe riuscita solo moltiplicandola attraverso il lavoro di altri, condividendola con molti altri. E poi, questa scelta di don Bosco di fare tutto insieme con gli altri, ci permette di avere don Bosco ancora tra noi, attraverso il servizio e il ministero di tanti suoi figli e figlie che operano in tutto il mondo. “Sempre – diceva don Rua – ieri come oggi, oggi come ieri”.
Un’ultima domanda, carissimi giovani, vi invito a farvi questa sera: da dove ha preso don Bosco la forza e l’energia per trasformare il suo desiderio e la sua passione in missione, in testimonianza viva e concreta, in dono per gli altri? Ce lo ricorda il vangelo di Giovanni appena proclamato. In pochi versetti per ben 10 volte ricorre il verbo “rimanere” (cfr. Giovanni 15); e perché non ci perdiamo in fantasticherie o in riflessioni astruse, lo contestualizza all’interno di una immagine: la vite e i tralci. La vite, senza il tralcio non produce frutto, e il tralcio staccato dalla vite inaridisce. E’ necessario per tutti e due, vite e tralcio, rimanere uniti. E’ l’unica possibilità per portare frutto. Così è anche per noi: non possiamo vivere e portare frutto se non siamo legati strettamente, uniti al Signore e tra di noi. Anche don Bosco haaccolto nella sua vita le due grandi opportunità che la Chiesa da sempre offre per rimanere uniti strettamente a Cristo: la Parola e l’Eucaristia, due modalità reali della presenza viva di Gesù in noi e nell’umanità. Ci viene offerta anche questa sera la possibilità di fermarci un po’ per ascoltare Gesù che ci parla, presente nella sua Parola e nell’Eucaristia. Segni reali della sua presenza e della sua disponibilità a rimanere, Lui, con noi per ascoltarci.
Si dice che don Rua non si sentisse all’altezza e non si ritenesse capace di continuare la missione iniziata da don Bosco. I dati che sono riportati nel sussidio parlano chiaro: il successore di don Bosco fececrescere la giovane congregazione salesiana del 500 per cento! E’ stato necessario solo fidarsi di Dio, confidare il Lui e non solamente in noi. La forza del suo Spirito è presente e mette dentro di noi quell’energia e quella forza, tale per realizzare i nostri progetti e i nostri sogni.
Vi auguro, carissimi giovani, che possiate anche voi sperimentare e vivere quello che ha vissuto san Giovanni Bosco, un amore grande per Gesù e per i giovani.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo