Di me sarete testimoni
Celebriamo questa sera la trentunesima giornata dei Missionari Martiri, voluta dai giovani del Movimento Giovanile Missionario delle Pontificie Opere nel 1992, nel giorno dell’uccisione del vescovo ecuadoregno monsignor Oscar Romero avvenuto il 24 marzo del 1980. Giornata che ci ricorda che i fratelli e le sorelle uccisi a motivo del Vangelo sono germogli di una fede nuova.
La veglia di questa sera non solo si collega la giornata missionaria mondiale, ma ne è l’espressione più significativa, ricordandoci che la missione è la testimonianza viva di Gesù portata fino all’estremo, al dono stesso della vita, fino al martirio. Lo slogan della giornata dei missionari martire ‘di me sarete testimoni’, è stato pure lo slogan della GMM e oggi lo decliniamo con dei volti e dei nomi di uomini e donne, laici, consacrati e consacrate e presbiteri che nel 2022 hanno fatto dono della loro vita per Cristo e per i fratelli e sorelle più poveri ed emarginati, versando il sangue per rimanere fedeli alla scelta di portare il Vangelo in ogni parte del mondo, come ha fatto Gesù salendo sulla croce. Anzi, come ci ricorda il Vangelo appena ascoltato, se vogliamo vedere Gesù, la strada del martirio e della testimonianza è l’unica via da percorrere, l’unica via praticabile.
Per comprendere più profondamente il significato del martirio per Cristo, ci aiutano i versetti del Vangelo di Giovanni appena proclamato. Questo brano si trova all’interno dei capitoli 11 e 12 di Giovanni. Dopo la risurrezione di Lazzaro da parte di Gesù, i giudei e i capi dei sacerdoti decidono di ucciderlo. All’ingresso di Gesù a Gerusalemme, alcuni greci pongono ai discepoli la domanda: “Vogliamo vedere Gesù” (12,21). Il testo proclamato è la prima parte della risposta di Gesù, che ci aiuta a comprendere fino in fondo cos’è necessario veramente per vedere, per conoscere Gesù. In altre parole cosa fare per essere suoi discepoli: “E’ venuta l’ora” (12,23). Fondamentale riconoscere l’ora della glorificazione di Gesù, l’ora del compimento della sua missione. Nella seconda parte, Gesù dice che lo vedranno quando egli sarà innalzato da terra, perché la sua gloria è il dono della vita per noi. Infatti, con l’immagine del seme caduto nella terra, Gesù ci parla della sua morte e glorificazione. Questi versetti sviluppano una prima interpretazione della morte di Gesù: la morte di uno solo permette la riunificazione di una grande comunità. Giovanni usa una vigorosa antitesi:
“Se non muore…. se invece muore // rimane solo … produce molto frutto” (12,24). La caduta in terra è la condizione della fecondità del grano di frumento. Un’immagine familiare nel Nuovo Testamento: Gesù la usa nella parabola del seminatore; ma mentre in questa parabola il seme è la Parola di Gesù, nel testo proclamato il grano è identificato in Cristo stesso.
Il versetto 25, poi, allarga l’orizzonte perché il destino di Gesù riguarda tutti i discepoli. Per far parte di questa nuova comunità, il credente deve essere disposto a rinunciare a fare del successo della vita una priorità assoluta. Solo vivendo come Gesù, solo facendo come lui, il discepolo potrà raggiungere la ‘vera’ pienezza della vita, Con parole diverse, l’evangelista Giovanni ribadisce che la legge dell’amore e del dono di sé, è fondamentale per ogni credente. Ce lo propone ancora con una antitesi: “Amare … odiare // perdere … conservare per la vita eterna”. Questa immagine ha una dimensione universale e non solo particolare e di fede. Se io considero l’esistenza solo mia e la trattengo per me, essa sfugge come chi vuol trattenere l’acqua con le mani! Al contrario, se mi dono all’altro e se mi apro a lui, la mia vita sarà piena e duratura. Infatti, solo impegnandoci come Gesù al servizio dei fratelli, resterà nella nostra vita una relazione duratura con Gesù e una vita donata agli altri, che ci rende gioiosi e felici. Si tratta di scegliere tra due modalità di gestire la propria esistenza: un’esistenza vissuta nella conservazione di sé o un’esistenza vissuta nel dono di sé che porta a vivere la vita in pienezza.
In questi giorni, ascoltando il lungo elenco dei missionari uccisi per il Vangelo, 18 nel 2022, non ho potuto non ricordare con affetto e gratitudine suor Maria, che conoscevo e che avevo incontrato a Chipene due mesi prima della sua morte. E mi è anche venuto alla mente un altro elenco di uomini e donne che la liturgia ci propone nel tempo di Avvento prima del Natale: la Genealogia di Gesù. Il confronto tra questi due diversi tipi di elenchi, ci aiuta a comprendere meglio il significato del dono della vita dei missionari martiri. Nell’elenco dei missionari martire, la parola che li unisce è: “ucciso”; nell’elenco delle generazioni, il verbo è “generò”. Ciò può significare che anche per questi nostri fratelli e sorelle, la morte non è stata casuale, ma è stata e sarà per sempre una testimonianza generativa, aiutando tante persone a riscoprire e vivere più intensamente la loro fede. Come ha scritto Tertulliano: “Il sangue dei martiri è il seme di nuovi cristiani”. I missionari uccisi per il Vangelo sono uomini e donne come noi, con le proprie fragilità e debolezze, ma anche con tanta fede nel Signore e fiducia nel suo amore. Un amore che li ha fatti partire e donare; un amore che li ha fatti rimanere ad annunciare il Vangelo in luoghi pericolosi, offrendo con consapevolezza la loro vita a servizio di Cristo e dei fratelli. Sono per tutti noi, lo sono anche per me, un esempio grande di vita cristiana e di testimonianza evangelica.
Un grazie particolare a voi presenti così numerosi, alla parrocchia di Concordia, ai gruppi missionari della diocesi, ai Fidei Donum e alle comunità di consacrati e consacrate qui presenti e ai seminaristi. Sia per tutti noi un’occasione per dare ancora più impulso e slancio alla pastorale missionaria nella nostra Diocesi e nelle nostre comunità parrocchiali. Invito tutti ad essere sempre di più vicini alle persone, soprattutto a quelli che hanno più bisogno; penso ai giovani, a chi soffre, a chi si sente solo ed escluso, alle tante persone che da lontano vengono nelle nostre terre per trovare pace, dignità, serenità e lavoro. Apriamo i nostri cuori per essere una Chiesa con le porte aperte che si dona a tutti.
+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo