Omelia Via Crucis
Venerdì santo 6 aprile 2012
Ancora una volta abbiamo attraversato una parte del paese portando la croce, come ha fatto Gesù nel primo venerdì santo della storia e rievocando alcune tappe della sua passione. E’ una bella e antica tradizione, accompagnata anche da una notevole scenografia, curata nei particolari e preparata con tempo e passione da alcuni di voi, che ringrazio di cuore. Desideriamo che non sia solo una ‘bella tradizione’, ma che entri profondamente nel cuore di ciascuno di voi, giunti fin quassù da molti luoghi: credenti che vivono con intensità la vita della comunità cristiana, persone che non frequentano regolarmente i sacramenti o che sono dubbiosi e altri che ritengono di non credere… La Via Crucis è un segno di solidarietà verso tutti coloro che, giorno dopo giorno, portano il peso della sofferenza e del dolore, di quanti si sentono abbandonati dagli uomini e perfino anche da Dio, di chi non ha più speranza. La Via Crucis è stata definita la più potente metafora della condizione umana. Ognuno di noi, infatti, nella passione di Cristo può trovare se stesso, può specchiarsi e vedere riflesso il suo volto in Pilato, nel cireneo o nella veronica, nei soldati che lo deridono o nella folla preoccupata di altro oppure nel centurione o in Maria.
Vi invito tutti, carissimi, a fermarvi per un istante e fissare lo sguardo sul crocifisso, a contemplare per un momento la croce. C’è il rischio, come è successo a molti contemporanei di Gesù, di passare oltre, di non accorgersi di quello che sta succedendo, di restare, non dico indifferenti – è impossibile restare indifferenti alla sofferenza umana – ma di rimanere distratti perché presi da altri pensieri e da interessi diversi. Facciamo silenzio dentro di noi e, anche se non è facile, contempliamo Cristo Gesù crocefisso, morto per noi e per l’umanità.
Potrebbe assalirci subito il pensiero che la morte in croce di Gesù è il fallimento della sua vita e della sua missione. La forza del male sembra essere più forte del bene e sempre presente nel mondo non ha risparmiato nemmeno Gesù, il Figlio di Dio. Trovare un significato alla croce, anche per i contemporanei di Gesù, come ci testimonia l’apostolo Paolo nella 1 lettera ai Corinzi, equivale a una follia, uno scandalo e una stoltezza (cfr. 1,18‐25). Quante persone si sono allontanate da Dio proprio a causa della presenza del male, della sofferenza e della morte nel mondo? Anche noi, di fronte alle tragedie e alle ingiustizie dell’umanità, di fonte alle guerre diciamo: “Signore perché non intervieni?”, e di fronte alla sofferenza, al dolore e alla morte di qualche persona cara ci lamentiamo con Lui: “Che cosa ha fatto di male per meritarsi questo?”. Dobbiamo tutti costatare che facciamo fatica ad accettare la croce e il crocefisso; ecco perché non resistiamo di fronte a Lui e spesso fuggiamo anche dal suo sguardo. Al massimo siamo disposti ad accettare un Dio vittorioso, un Dio trionfatore sul male e la sofferenza mia personale e dell’umanità.
Anche Gesù ha subito la sofferenza e la morte. Muore ucciso proprio da chi crede di onorare Dio. Anche Lui, il Figlio di Dio, mentre nel tempio si stavano sgozzando gli agnelli pasquali, fuori dalla città muore come un uomo. Ma non si è lasciato schiacciare dalla sofferenza, dal male e dalla morte; non è fuggito via, ma ha vissuto questo momento come dono totale di sé al Padre, come radicale gesto d’amore per l’umanità. Gesù non si è rinchiuso nell’egoismo di una vita vissuta solo per se stesso, ma si è donato totalmente a Dio e al mondo. E in Gesù, uomo vero, possiamo anche noi confrontarci in lui e giungere così alla nostra piena e vera umanità. Con Lui e in Lui possiamo sconfiggere il male e la morte. Dio in Cristo ha vinto il male e il peccato. Possiamo dire allora che la vittoria del bene sul male è scaturita proprio dalla sofferenza di Cristo sulla croce. Una sofferenza accolta per amore, un sacrificio donato Diocesi Concordia‐Pordenone
Omelia Via Crucis – Venerdì santo 6 aprile 2012
Ancora una volta abbiamo attraversato una parte del paese portando la croce, come ha fatto Gesù nel primo venerdì santo della storia e rievocando alcune tappe della sua passione. E’ una bella e antica tradizione, accompagnata anche da una notevole scenografia, curata nei particolari e preparata con tempo e passione da alcuni di voi, che ringrazio di cuore. Desideriamo che non sia solo una ‘bella tradizione’, ma che entri profondamente nel cuore di ciascuno di voi, giunti fin quassù da molti luoghi: credenti che vivono con intensità la vita della comunità cristiana, persone che non frequentano regolarmente i sacramenti o che sono dubbiosi e altri che ritengono di non credere… La Via Crucis è un segno di solidarietà verso tutti coloro che, giorno dopo giorno, portano il peso della sofferenza e del dolore, di quanti si sentono abbandonati dagli uomini e perfino anche da Dio, di chi non ha più speranza. La Via Crucis è stata definita la più potente metafora della condizione umana. Ognuno di noi, infatti, nella passione di Cristo può trovare se stesso, può specchiarsi e vedere riflesso il suo volto in Pilato, nel cireneo o nella veronica, nei soldati che lo deridono o nella folla preoccupata di altro oppure nel centurione o in Maria.
Vi invito tutti, carissimi, a fermarvi per un istante e fissare lo sguardo sul crocifisso, a contemplare per un momento la croce. C’è il rischio, come è successo a molti contemporanei di Gesù, di passare oltre, di non accorgersi di quello che sta succedendo, di restare, non dico indifferenti – è impossibile restare indifferenti alla sofferenza umana – ma di rimanere distratti perché presi da altri pensieri e da interessi diversi. Facciamo silenzio dentro di noi e, anche se non è facile, contempliamo Cristo Gesù crocefisso, morto per noi e per l’umanità.
Potrebbe assalirci subito il pensiero che la morte in croce di Gesù è il fallimento della sua vita e della sua missione. La forza del male sembra essere più forte del bene e sempre presente nel mondo non ha risparmiato nemmeno Gesù, il Figlio di Dio. Trovare un significato alla croce, anche per i contemporanei di Gesù, come ci testimonia l’apostolo Paolo nella 1 lettera ai Corinzi, equivale a una follia, uno scandalo e una stoltezza (cfr. 1,18‐25). Quante persone si sono allontanate da Dio proprio a causa della presenza del male, della sofferenza e della morte nel mondo? Anche noi, di fronte alle tragedie e alle ingiustizie dell’umanità, di fonte alle guerre diciamo: “Signore perché non intervieni?”, e di fronte alla sofferenza, al dolore e alla morte di qualche persona cara ci lamentiamo con Lui: “Che cosa ha fatto di male per meritarsi questo?”. Dobbiamo tutti costatare che facciamo fatica ad accettare la croce e il crocefisso; ecco perché non resistiamo di fronte a Lui e spesso fuggiamo anche dal suo sguardo. Al massimo siamo disposti ad accettare un Dio vittorioso, un Dio trionfatore sul male e la sofferenza mia personale e dell’umanità.
Anche Gesù ha subito la sofferenza e la morte. Muore ucciso proprio da chi crede di onorare Dio. Anche Lui, il Figlio di Dio, mentre nel tempio si stavano sgozzando gli agnelli pasquali, fuori dalla città muore come un uomo. Ma non si è lasciato schiacciare dalla sofferenza, dal male e dalla morte; non è fuggito via, ma ha vissuto questo momento come dono totale di sé al Padre, come radicale gesto d’amore per l’umanità. Gesù non si è rinchiuso nell’egoismo di una vita vissuta solo per se stesso, ma si è donato totalmente a Dio e al mondo. E in Gesù, uomo vero, possiamo anche noi confrontarci in lui e giungere così alla nostra piena e vera umanità. Con Lui e in Lui possiamo sconfiggere il male e la morte. Dio in Cristo ha vinto il male e il peccato. Possiamo dire allora che la vittoria del bene sul male è scaturita proprio dalla sofferenza di Cristo sulla croce. Una sofferenza accolta per amore, un sacrificio donato o di consolazione, quelle che vi sto dicendo. E’ proprio la croce e il crocefisso che ci dicono quanto Dio ha preso sul serio l’umanità, quanto ci ha amato, quanto, anche oggi, Dio sia disposto a giocarsi tutto, fino al punto di morire, nel suo Figlio, sulla croce per noi.
Accettiamo la croce del Signore. Non è una sconfitta. E’ il modo sorprendente con cui Dio continua a vincere nell’amore le cattiverie e le ostilità dell’umanità. Chiediamo a Gesù che dall’alto della croce, guardi a noi, alle nostre famiglie, ai nostri paesi e città. Con Papa Benedetto XVI preghiamo: “O Cristo, re crocefisso, donaci la vera conoscenza di Te, la gioia a cui aneliamo, l’amore che colmi il nostro cuore assetato d’infinito. Così ti preghiamo questa sera, Gesù, Figlio di Dio, morto per noi in croce e risorto il terzo giorno. Amen”.
Sia lodato Gesù Cristo!
+ Giuseppe Pellegrini
06vescovo