Ordinazioni Diaconali

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Omelia Ordinazioni Diaconali

Seminario di Pordenone, 6 settembre 2020

La verità della Parola sta nel servizio

 

La Parola di Dio scelta per questa celebrazione dell’Ordinazione diaconale, in maniera fine e puntuale ci aiuta a comprendere il significato e il valore del ministro ordinato. In particolare oggi siamo qui per presentare al Signore 6 seminaristi del nostro seminario: Matteo, Emanuele, Stefano, Rammani, Erik e Thomas, che chiedono alla Chiesa di essere ordinati diaconi in vista del presbiterato. La prima lettura ci aiuta a considerare l’importanza della funzione sacerdotale nell’Antico Testamento, peraltro presente nelle tradizioni culturali e religiose di ogni popolo. Il sacerdote svolge sempre una funzione di mediazione tra Dio e l’umanità. Quando Israele diventa un popolo e una nazione, costituisce per volere divino un istituto, una casta sacerdotale, affidata ad Aronne e ai suoi figli, con i leviti che avevano la funzione di aiutarli nei compiti necessari per il culto, come la musica e il canto. Dimensione che finì per essere eccessivamente legalista e servile, da portare i leviti ad essere funzionari del sacro, slegati dalla vita concreta delle persone e gelosi dei propri privilegi.

Il Nuovo Testamento cambia radicalmente questa prospettiva. Una delle caratteristiche principali del sacerdozio antico era la separazione. Per entrare in contatto con il sacro i sacerdoti e i leviti sono messi da parte, quasi quasi elevati sopra i comuni mortali, collocati nelle zone celesti. La Lettera agli Ebrei si oppone fortemente a questa visione dichiarando: “Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede” (Ebrei 2,17). In questo modo Gesù vive e ci offre un’idea nuova della mediazione, del suo porsi tra il Padre e l’umanità. Nel Mistero Pasquale Gesù accetta fino in fondo di essere solidale con l’umanità, realizzando in maniera definitiva quello che i riti antichi e anche tanti altri riti di oggi, non sono capaci di attuare, ovvero l’innalzamento dell’uomo presso Dio, l’unione della natura umana con Dio.

Carissimi ordinandi, questa è la strada che Gesù ha percorso e il cammino che indica a voi, il significato profondo del ministero ordinato – diaconale, presbiterale ed episcopale – oggi: portare l’uomo a Dio condividendo l’umanità di ogni persona, solidali con i più bisognosi. Il testo degli Atti degli Apostoli e il Vangelo di Matteo, appena proclamati, ci aiutano ancora meglio a cogliere questa dimensione attraverso un filo conduttore: il servizio. Anche se Luca non da ai sette prescelti il nome di ‘diaconi’, risulta evidente che per la crescita della comunità è necessario affidarsi all’azione dello Spirito che fa sorgere all’interno della Chiesa nuovi forme di ministerialità che hanno un unico denominatore: la comunione e la missione, con lo stile della condivisione e del servizio. Ancora più forte e più esplicita la lettura che Gesù fa della sua missione, “che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Matteo 20,28). Gesù sta parlando ai discepoli, ai quali indica come comportarsi se vogliono veramente seguirlo. Rivolgendosi a loro si rivolge a coloro che nella comunità occupano posti di autorità dicendo che l’autorità deve essere intesa come servizio. L’autorità del discepolo si deve distanziare visibilmente da quella mondana. Per Gesù servire è dare la vita, da intendersi non solo come morire ma progettare la propria vita in termini di donazione. Servire è una dimensione dell’intera esistenza, non un frammento. E questo perché il servire tocca la persona, non semplicemente le sue azioni e le sue cose. Servire è un modo di esistere, uno stile che nasce dal profondo di se stessi e che continua per tutta la vita.

Carissimi ordinandi, il Signore e la Chiesa vi stanno facendo un dono grande e impegnativo! Grande perché con l’ordinazione diaconale diventate segno sacramentale di Gesù che si è fatto servo di tutti; impegnativo perché, come suggerisce la preghiera di ordinazione, con l’esempio della vostra vita, generosa e casta, dovete essere un richiamo costante al Vangelo e immagine del Signore Gesù che non venne per essere servito ma per servire. Scelta che non è mai facile. Ecco perché è importante per voi ma anche per tutti noi, comprendere sempre di più l’identità e la specificità dell’ordine diaconale. La Lumen Gentium ricorda che “ai diaconi sono imposte le mani non per il sacerdozio ma per il servizio” (n. 29). Qualcuno potrebbe pensare che il servizio è la caratteristica fondamentale di ogni cristiano, che è un ministero diffuso e presente nella Chiesa. Perché, allora, un ministero ordinato con l’imposizione delle mani? La scelta della Chiesa, riconfermata dal Concilio Vaticano II, indica che il ministero ordinato, nei suoi tre gradi, garantisce qualcosa di essenziale e di costitutivo per la comunità dei credenti. Il servizio dei diaconi, non è solamente un’opera assistenziale o caritativa, ma com’è proprio del ministero ordinato, sollecita e promuove l’apostolicità di tutta la Chiesa e la diaconia dell’intera comunità cristiana e dei suoi ministri sacri.

Carissimi Matteo, Emanuele, Stefano, Rammani, Erik e Thomas, con il diaconato siete chiamati a custodire profondamente il legame tra il Vangelo e la vita da vivere nell’amore e nel servizio, salvaguardando lo spessore di umanità che deve segnare ogni incontro e ogni relazione nella Chiesa. Non preoccupatevi principalmente di cosa potete fare o quale attività o compito vi verrà affidato. Ricordatevi che non siete ordinati diaconi solo per alcuni mesi. Sarete diaconi per sempre, anche quando assumerete altri gradi del ministero ordinato. Per la Chiesa (anche per noi vescovi e preti) e per il mondo avete un compito profetico: ogni ministero e ogni autorità deve essere vissuto e svolto come servizio, con lo stile del dono e della gratuità. Il diacono per sua natura è un ‘uomo ponte’, custode del carattere evangelico della relazione nella comunità e nella società, un uomo che vive tra la strada e l’altare! Non chiudetevi nelle canoniche o nelle sacrestie e non siate preoccupati eccessivamente che tutto sia in ordine e che tutto funzioni alla perfezione. Siate presenti nella vita quotidiana della gente, vicini a chi è alla ricerca di una parola che possa dare senso e significato alla vita, in particolare ai ragazzi, agli adolescenti e ai giovani. Portate non i vostri progetti o le vostre parole ma la Parola di Dio, forza dirompente nella Chiesa. Non per niente il rito dell’Ordinazione, come rito esplicativo, prevede la consegna del libro dei Vangeli. Portate non voi stessi, ma il Signore Gesù, vivo e presente, che incontrate ogni giorno nella preghiera della Liturgia delle Ore, nella Parola e nell’Eucaristia.

Tra i numerosi compiti ‘liturgici’ che la Chiesa affida ad un diacono, desidero soffermarmi sul più semplice e povero, che a mio modo, interpreta bene il ministero diaconale. Alla fine della Messa congeda l’assemblea: la Messa è finita andate in pace. La forza di questo saluto è espressa meglio nella lingua latina. Ite Missa est. Non è un saluto e nemmeno un augurio. L’imperativo ite, andate, esprime un comando che ci riporta alla parola che Gesù rivolse ai discepoli: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Marco 16,15). La celebrazione dell’Eucaristia finisce ma non si conclude. Quanto si è celebrato, l’amore di Dio e la fraternità tra di noi, deve essere portato fuori, nella vita concreta. Il diacono è chiamato non solo a proclamarlo con le parole ma a testimoniarlo con la sua vita. È lui per primo che è chiamato ad uscire dalla chiesa per portare a tutti, nella quotidianità della vita, l’amore di Dio e la comunione e la solidarietà verso tutti. Carissimi, ricordate sempre che la verità della Parola che proclamate sta nel vostro servire.

+ Giuseppe Pellegrini vescovo

Pordenone
06/09/2020
Via Seminario, 33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia