Santa Messa V Domenica di Quaresima

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Omelia santa Messa (teletrasmessa) V Domenica di Quaresima

Pordenone, Chiesa del seminario, 29 marzo 2020

 

Carissimi fratelli e sorelle, con il Vangelo di questa Va domenica di Quaresima, prima di entrare nella Settimana Santa, Gesù compie e ci offre l’ultimo segno prima di morire: la risurrezione dell’amico Lazzaro. Più esattamente dovremo parlare di rianimazione, dal momento che Gesù gli offre una seconda possibilità di vita, per poi morire definitivamente. Come domenica scorsa, con la guarigione del cieco nato, così oggi, la rianimazione di Lazzaro diventa per i contemporanei di Gesù e anche per noi, un segno che ci fa andare subito al cuore del Vangelo, per comprendere la vera missione di Gesù: “Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me anche se muore vivrà” (Giovanni 11,25). Gesù è in cammino verso la morte. Come uomo sta sperimentando anche Lui il peso, la fatica e la paura di dover morire. E’ il dramma che ogni persona affronta e che ci accompagna per tutta la vita. Dramma che sentiamo ancora più forte ai nostri giorni che vedono morire tante persone a causa dell’epidemia. In questo difficile cammino, splende una luce: la vita che Gesù dona a Lazzaro, è una promessa per noi. Il buio e la morte non sono mai la fine di tutto, come purtroppo molti pensano, ma sono il passaggio necessario che si deve compiere per giungere alla pienezza della vita. Ai suoi discepoli Gesù aveva detto: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Giovanni 6,54). Comprendiamo il rimprovero che Marta fa a Gesù: “Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto” (11,21). A ogni morte, a ogni dolore e insuccesso, anche noi abbiamo la tentazione di dire che Gesù non è presente. È la mentalità corrente: se Dio ci fosse, ci toglierebbe da questa pandemia e anche dalla morte stessa. Ecco perché quando Gesù arriva a Betania, la situazione sembra irreparabile: Lazzaro è nel sepolcro da quattro giorni. Ma non è così; con Gesù la speranza non muore, nemmeno davanti alla morte. Di fronte alla morte dell’amico, Gesù manifesta la sua vera identità di Figlio di Dio, vincitore della morte, perché Lui è il principio della nostre risurrezione, facendoci partecipi della sua gloria. Fondamentale è credere in Lui. A Marta, Gesù dice: “Credi questo?” (v. 26). Credere non è solo accettare le sue parole, ma aderire con tutta la nostra vita a Lui, assumendo il suo stile di vita.

Desidero richiamare la vostra attenzione su un gesto molto bello: Gesù si commuove e scoppia in pianto (cfr. v. 33-35). È il pianto di Dio per l’umanità che ama profondamente. Quando siamo nel dolore e nella prova, alla domanda: ‘Signore dove sei?’, lo troviamo accanto a piangere con noi, condividendo le sofferenze e la nostra stessa morte. Gesù, uomo come noi, piange di fronte alla morte di un amico, ma va anche oltre, e compiendo un gesto assurdo e incompressibile – parlare con un morto – grida “Vieni fuori” (v. 43). Questo è il grido di Gesù di fronte alla morte di ogni persona. Gesù è il Signore della vita e desidera che ognuno di noi la possa vivere “in abbondanza” (Giovanni 10,10). Gesù non si rassegna di fronte alla morte, non se ne va sconfitto, ordinando anche a noi di uscire dalla tomba, non solamente al giudizio universale, ma anche ora, quando ci sentiamo sconfitti, delusi e sopraffatti dal male, dal nostro egoismo e dai nostri peccati, Gesù ci invita ad avere coraggio, a uscire dal buio della delusione della sconfitta per vivere con Lui, per amare come Lui, facendo della nostra vita un dono per gli altri.

Carissimi, in questi giorni di fatica, giorni dove non sembra esserci una via d’uscita, dove regna lo sconforto e la paura, anche qui nel nostro territorio, abbiamo una certezza: Gesù condivide la nostra stessa sofferenza e ci dice “Vieni fuori”. Gesù fa sentire il suo amore e profumo di vita, in mezzo a tanta morte, invitandoci alla speranza. Questo è il segno che Gesù ci offre in questa domenica: un grido di speranza che ci aiuti a dare senso alla paura di oggi, anche nella forzata

reclusione di stare a casa. Dio non ci salva dalla morte, ma nella morte, offrendoci la grazia di vivere una vita che scopre l’amore di Dio, imparando da lui come vivere. Dio non toglie il limite della nostra umanità, necessario per vivere da creature, né la dignità di essere coscienti, anche se ciò porta angoscia e paura. Dio, nel suo Figlio, ci salva affrontando la morte e offrendoci la grazia di scoprire il suo amore, per vivere la vita in pienezza, nel dono di sé agli altri.

Come Gesù non si rassegna di fronte ai fallimenti, così noi siamo invitati ad accogliere e aprirci al suo amore. Un amore, una solidarietà che stiamo sperimentando concretamente in questi giorni: c’è un popolo che sta reagendo e tirano fuori il meglio di sé. Tantissimi: giovani, anziani, professionisti, volontari. Questo, perciò, è il “Vieni fuori” che Gesù dice a tutti noi, in questo tempo. In conclusione faccio mie le parole che papa Francesco ha pregato venerdì scorso nella piazza S. Pietro deserta e vi giunga come abbraccio a ciascuno di voi nelle vostre case: “Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza”.

 

+ Giuseppe Pellegrini vescovo

 

 

Prima della benedizione il Vescovo ha rivolto la preghiera a S. Luigi Gonzaga, morto di peste in giovane età, chiedendo protezione per tutta la città di Pordenone:

Glorioso San Luigi che conducesti una vita santa donata al servizio dei fratelli e al servizio di Dio ottienici la Grazia di vincere le tentazioni del male e di conservare sempre puro il nostro cuore. Tu che consumasti la tua giovane età a servizio dei fratelli ammalati di peste, concentrici di esercitare con animo generoso la carità verso tutti gli uomini e in particolare verso coloro che soffrono. San Luigi, povero in spirito, a te con fiducia ci rivolgiamo benedicendo il Padre celeste. Proteggi il Seminario, comunità dei discepoli di Cristo. Mettiamo sotto la tua protezione la città di Pordenone e tutta la chiesa che è in Concordia-Pordenone. Maria, madre del Redentore, a lei affidiamo l’anima, il corpo, ogni miseria e angustia, la vita e la morte, perché tutti noi – come avvenne in te – si compia la gloria di Dio che vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Pordenone
29/03/2020
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia