Solennità dell’Epifania e festa dei Popoli

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Omelia

Concattedrale Pordenone, 6 gennaio 2022

Solennità dell’Epifania e festa dei Popoli

Nella solennità odierna dell’Epifania, celebriamo la manifestazione del Signore Gesù alle genti, significata dai Magi, uomini sapienti venuti da lontano, dall’Oriente, per adorare Gesù nella grotta di Betlemme. È l’evangelista Matteo, nato e vissuto in ambiente giudaico, che ci racconta questo episodio, mettendo in evidenza che Gesù è il Salvatore non solo dei Giudei, ma di tutta l’umanità, di tutte le genti, anche dei pagani. Quello che Gesù risorto prima di salire al cielo, ha chiesto ai suoi discepoli: “Andate e fate discepoli tutti i popoli” (Matteo 28,19), trova in questo racconto la sua primizia e la sua profezia, illuminando tutta la vita e la predicazione di Gesù.

Oggi è una festa particolare, perché siamo in comunione con tutte quelle persone, tradizioni e culture che conoscono Gesù: i fratelli ortodossi che oggi celebrano il Natale, le comunità cattoliche di altre nazioni presenti in questa celebrazione e anche le tante donne e uomini che sono in ricerca, i cercatori di Dio, di un senso e un significato da dare alla loro vita, che con coraggio si mettono in cammino, seguendo una stella, come hanno fatto i Magi, una luce che illumina e rischiara l’oscurità che spesso ci fa chiudere in noi stessi. Ce lo ha ricordato il profeta Isaia: Alza gli occhi intorno a te e guarda… perché viene la luce e la gloria del Signore brilla su di te (cfr. 60,1-6). Invito anche per noi a non fermarsi a contemplare le punta dei nostri piedi, ma ad alzare lo sguardo, a uscire da noi stessi e a guardare in alto verso le stelle. Oggi, sono presenti alla celebrazione anche alcuni rappresentanti delle numerose comunità cattoliche che vivono nella nostra Diocesi, di lingue e culture diverse. Sono con noi da tanti anni e sono ben integrate nelle nostre comunità. È bello celebrare questa festa con loro, perché ci sentiamo la Chiesa di Cristo, discepoli del Signore e gioiosi di testimoniarlo al mondo. Prendiamo l’occasione per dire loro che siamo contenti della loro presenza e della loro testimonianza. Li ringraziamo, pure, dei numerosi lavori manuali che svolgono, arricchendo il nostro paese.

I Magi, si sono messi in strada dietro una stella, mossi del desiderio, dall’inquietudine e dalla ricerca. Ad essi era bastato un segno nel cielo per intraprendere un lungo viaggio di cui non conoscevano la metà. Ma dentro di loro c’era un desiderio, una ricerca del bene, della gioia e della felicità. Ogni persona, anche ciascuno di noi, portiamo dentro dei desideri e dei sogni di trovare qualcosa che dia senso e significato alla vita. Lo sappiamo per esperienza che non è solo una ricerca di cose esteriori, ma interiori e profonde; pur con motivazioni diverse, tutti cerchiamo qualcosa, la presenza di uno che stia sopra di noi e che è la meta è il fine della nostra esistenza. Una ricerca, però, che non si compie senza fatica, impegno e talvolta anche delusioni. C’è sempre un Erode che cerca di sviarci durante il cammino, stelle cadenti che durano un istante, che abbagliano, ma che non illuminano la strada: il denaro, il successo, il potere, il piacere la carriera che brillano per poco e poi scompaiono.

Ma prima o poi, se si è convinti della scelta fatta, i desideri si avverano. Infatti anche la stella, dopo una lunga eclisse riappare, conducendo i Magi alla grotta, al bambino, il Messia: “Al vedere la stella provarono una gioia grandissima” (Matteo 2,10). È la stessa gioia suscitata dalla nascita di Gesù; la grande gioia che esplose all’alba del primo giorno dopo il sabato; il giorno della Risurrezione (cfr. Matteo 28,8). Una gioia semplice ma concreta, visibile sul volto di chi incontra Gesù. Una gioia che non dura un istante, ma che illumina il cammino e da senso alla vita. È la gioia che dovrebbe essere presente in ogni cristiano e anche in ciascuno di noi. Domandiamoci senza paura: noi cristiani siamo portatori di gioia? Traspare dalla nostra vita? È capace di contagiare il mondo?

Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono” (Matteo 2,11). Per l’evangelista Matteo il verbo adorare è molto importante e percorre tutto il Vangelo fino alla Risurrezione, quando le donne “si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono” (28,9). Così come nelle in risposta all’ultima tentazione Gesù disse: “Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto” (Matteo 4,10).  Adorare Dio, e Dio solo, richiedi un cuore libero, una fiducia profonda e un amore che spinge ad essere dono per gli altri. Significa avere mani libere, non attaccate al possesso dei beni, libere per amare pienamente. Adorare è donare. Il dono più bello che i Magi offrono a Gesù è la loro stessa vita, il loro lungo cammino che li ha portati alla meta che è il significato pieno dell’esistenza.

Carissimi tutti, per un’autentica felicità e gioia, è fondamentale fare spazio a Dio nella propria vita, servire ed amare i fratelli e le sorelle, non a parole ma facendo della propria vita un dono. Erode non lo aveva capito. Ecco perché i Magi non ritornano da lui ma rientrano nelle loro terre da un’altra strada. È la via nuova aperta dall’incontro con Gesù. Loro sono nuovi, perché l’incontro con Gesù ha cambiato il loro cuore, il loro modo di vivere. L’avvenimento che il Vangelo ci ha narrato, non è la cronaca di un fatto di oltre 2000 anni, ma quello che avviene nel cuore e nella vita di ogni persona che, libera dal proprio egoismo, si mette alla sequela del Signore Gesù. Quanti uomini e donne anche oggi, dall’Oriente e dall’Occidente, cristiani e non cristiani, si mettono in cammino alla ricerca del bene e si impegnano nella costruzione di un mondo migliore. Sono certo che, prima o poi, si incontreranno con il vero e unico bene, il Signore che si farà trovare e che illuminerà la loro strada e la loro vita, perché alla fine della ricerca viene chiesto a tutti di sostare e di adorare quel bambino che è il Figlio di Dio, che ha condiviso la nostra umanità ed è morto e risorto per la salvezza definitiva.

+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo

Pordenone
06/01/2022