Solennità di Tutti i Santi

condividi su

Solennità di Tutti i Santi

Pordenone, 1 novembre 2015

 

SANTITÀ: DONO E CAMMINO

 

Molti di noi, condizionati dal tempo presente, pensiamo che sia fuori moda parlare di santi e di santità, che sia qualcosa che non ci riguarda poi così tanto. Ma se il brano della prima lettura dal libro dell’Apocalisse ci colloca all’interno di una visione esaltante, dentro un orizzonte di pienezza e fuori dalla storia e dal nostro vivere quotidiano: “Vidi salire dall’oriente un altro angelo … Vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’agnello” (7,1.9), il brano di vangelo, invece, le Beatitudini ci riporta nel realismo della nostra quotidianità. Fin dall’inizio del suo ministero pubblico, Gesù, nel suo primo grande discorso nel quale ha voluto riassumere tutti i principali temi del suo messaggio, rivela l’oggetto centrale della predicazione: il Regno di Dio. Non è una ricompensa dopo la morte, riservata a coloro che hanno sofferto, ma parla di un regno che durerà per sempre e che ha inizio già sulla terra. La prima e ultima beatitudine, infatti, sono al presente: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli. … Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli” (Matteo 5, 3.10). E’ quel Regno che Gesù, una volta aveva detto: “Ecco, il regno di Dio, è in mezzo a voi” (Luca 17,21). Gesù ci apre l’orizzonte della vita, permettendoci di vivere e di accogliere anche le situazioni più difficili, conservando la gioia nel nostro cuore. Così i poveri in spirito, quelli che piangono, i miti, i giusti e i puri di cuore, tutti quelli che sia affidano al Signore, già nella loro vita sono beati, perché facendo esperienza di Dio e della sua presenza continua, diventano suoi strumenti e testimoni nel mondo della misericordia e dell’amore, operando la pace e accettando di soffrire per la giustizia.

Alla luce della Parola di Dio, desidero richiamare due aspetti che mi sembrano importanti per il nostro cammino spirituale verso la santità. Il primo possiamo riassumerlo nell’espressione: la santità è un dono. Essa è partecipazione alla vita di Dio. Gesù ci ha aperto la comunione con il Padre. Per questo si è incarnato, ha vissuto ed è morto e risorto. Tale comunione è possibile perché Dio ci ama. L’evangelista Giovanni ci ha ricordato: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!” (1 Giovanni 3,1). Tutti siamo figli di Dio, e per questo a tutti è offerta in dono la santità. La santità, prima di essere una conquista, è un dono. Compete a noi corrispondere a questa vita che ci è data nello spirito delle beatitudini. La società ha una ricerca sfrenata e insaziabile della felicità. Gesù ce ne ha già dato la ricetta con pochi ingredienti: amare Dio e il prossimo nel servizio umile verso tutti.

Secondo aspetto: La santità è un cammino. In Gesù incontriamo il santo per eccellenza, la forma compiuta di santità. Noi corriamo il rischio di pensare una spiritualità basata su filosofie o modi di pensare lontani dal cristianesimo, su metodi non evangelici che ci allontanano sempre più da Gesù e dalla vita della comunità cristiana.  Il miglior modello della santità è proprio Gesù. Egli è il cammino, “la via, la verità e la vita” (Giovanni 14,6). Gesù ci insegna il modo di vivere questa spiritualità nelle beatitudini, che sono espressioni concrete d’amore verso Dio e verso il prossimo. Farsi poveri affinché tutti abbiano la ricchezza di Dio; piangere con coloro che piangono; essere umili per dar spazio a tutti, aver fame perché tutti si alimentino nella giustizia, essere puri di cuore per essere trasparenti; costruire la pace affinché tutti vivano in pace; soffrire per la giustizia per la difesa di tutti; essere testimonianza affinché tutti siano liberati. La santità ha carne ed ossa, essa si realizza nei fatti della vita. Uscire dalla realtà per diventare santi è negare Dio che ha manifestato la sua santità nel popolo che ha scelto, nel Figlio che ci ha inviato, nell’amore che ci manifesta.  Il cammino verso la santità consiste nel lasciarsi gradualmente trasformare a immagine di Dio, lavorando con Gesù e come Gesù per l’avvento del suo Regno. La santità evangelica non è una perfezione morale che riguarda poche persone, una élite di privilegiati, ma è una esperienza di vita offerta a tutti coloro che accolgono, in semplicità e purezza di cuore, la proposta di Gesù e il suo stile di vita. L’orazione dopo la comunione, così ci fa pregare: “O Padre, unica fonte di ogni santità mirabile in tutti i tuoi santi, fa che raggiungiamo anche noi la pienezza del tuo amore”. Meglio essere in cammino un po’ sporchi, stanchi e affaticati, talora anche stufi, piuttosto che fermi e immobili su noi stessi e sulle nostre posizioni. La santità del vangelo sporca le mani e prima di tutto i piedi, con cui siamo chiamati a seguire Gesù e a incontrare i nostri fratelli. Sono sempre attuali le parole di Papa Francesco, quando più di una volta ci ha detto che preferisce una Chiesa incidentata, piuttosto che chiusa e malata.

 

La via verso la santità è stretta, ma non impossibile, perché per essere santi basta amare, ma di un amore che ci ha donato Gesù, un amore senza misura. Buon cammino di santità a tutti.

 

 

                                                         + Giuseppe Pellegrini

                                                                  vescovo

Pordenone
01/11/2015
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia