Veglia Giornata della Gioventù 2016 – San Vito, 19 marzo 2016  

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Veglia Giornata della Gioventù 2016

San Vito, 19 marzo 2016

 

Tutti, almeno una volta in vita, ci siamo sentiti avvolgere dall’abbraccio di una persona che desiderava manifestarci tutto l amore e la vicinanza. E questo abbraccio è ancora più significativo quando si sta vivendo una situazione di fatica e di dolore. Rembrandt dipinge il famoso quadro del Padre Misericordioso che si trova al Museo Ermitage di San Pietroburgo, quando era vecchio e malato; attraverso quell’abbraccio e quelle mani ha voluto rivelarci il suo animo, la situazione che stava vivendo: un padre che pur avendo perso moglie e figli, si sentiva avvolto dall’amore e dalla misericordia di Dio.

Nel ripensare a questa scena e al cammino che insieme vogliamo fare questa sera nella preghiera, mi sono tornate in mente due scene che i mezzi di comunicazione ci hanno posto davanti: L’uccisione del giovane Luca Varani e il massacro delle quattro suore di Madre Teresa ad Aden nello Yemen. Il delitto di Luca, compiuto “per vedere l’effetto che fa”, per curiosità, sotto l’effetto dell’alcool e delle droga. Questa barbaria ha fatto emergere un grande vuoto interiore di questi giovani, una disperata noia di vivere, placata solo da emozioni forti. Queste tragedie capitano quando non si è più capaci di dare un senso alla propria vita e tanto meno alla vita degli altri. “Le suore che avevano il grembiule”, così sono state definite le 4 giovani suore uccise ad Aden. Nella foto che ritrae il corpo martoriato di due di loro, si vede bene che sopra l’abito religioso indossavano il grembiule da cucina con cui ogni giorno servivano, per amore di Cristo, i poveri vecchi disabili di fede mussulmana. Qualche mese prima scrivevano: “Insieme viviamo, insieme moriamo con Gesù, Maria e la nostra Madre Teresa”. Giovani vite spezzate, che rappresentano la nostra umanità di oggi, immersa nelle tenebre del male e del peccato, ma che porta anche impresso, penso, su quel grembiule intriso di sangue, il volto di Gesù che ci ama e che capace anche oggi di suscitare amore, chiedendo a noi di essere segno dell’amore e della misericordia del Padre. Carissimi giovani, è proprio dentro la nostra umanità, dentro il mondo incapace di trovare amore e veri sentimenti, dove spesso le persone sono abituate ad essere più preoccupati dei propri interessi, a valutare l’altro per quello che ha e non per quello che è, che è necessario annunciare un amore che ci viene donato gratuitamente: l’amore e la misericordia di Dio.

La parabola del Padre Misericordioso che è stata proclamata all’inizio della veglia e che ci farà da traccia per la riconciliazione personale, ci aiuta a vivere intensamente il nostro cammino di conversione. Scrive Papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo Misericordiae Vultus al n. 9: “Nelle parabole dedicate alla misericordia, Gesù rivela la natura di Dio come quella di un Padre che non si dà mai per vinto … Dio viene sempre presentato come colmo di gioia, soprattutto quando perdona … La misericordia è presentata come la forza che tutto vince, che riempie il cuore di amore e che consola con il perdono”. Non abbiate paura, carissimi giovani, di fare anche voi questa esperienza di sentire la presenza viva di Dio che riempie il vostro cuore di amore, che vi consola e che vi perdona. Per fare questa esperienza, sono necessari alcuni passi, che la parabola ce li riassume bene. Primo passo: passare dal parlare di amore e di misericordia, talvolta anche insegnandolo agli altri, a sperimentare personalmente di essere amato, di sentire che Gesù è dentro di me, che mi ama e mi perdona. C’è un dono che il Signore ci ha fatto e che la chiesa continuamente ci fa: il sacramento della Riconciliazione, la confessione. Lo so bene che è fuori moda parlare di confessione. Qualcuno si chiede se c’è ancora il peccato, o che è sufficiente chiedere perdono personalmente al Signore. Tutti, però, sperimentiamo, dentro e fuori di noi, il male ed il peccato che c’è nel mondo. Gesù non ha mai condannato nessun peccatore, ma il peccato sì, quello che esce come negatività dal nostro cuore e si riversa contro gli altri. Il Cardinal Martini ricordava spesso che la radice del nostro peccato sta nell’esagerazione del soggettivismo che ci fa guardare e mettere al centro noi stessi, diventando così la misura del bene e del male. L’evangelista Giovanni, nella prima lettera ci ricorda che “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi” (1,8). Il secondo passo è riconoscere il nostro peccato. È il momento della conversione, del cambiamento, che ci fa ritornare sui nostri passi, stravolgendo la mente e il cuore. Il figlio minore, ci dice il vangelo di Luca, ritornò in se stesso, si alzò e andò da suo padre (cfr. Lc 15, 17); è la consapevolezza che scegliere il Vangelo di Gesù significa uscire fuori e abbandonare ogni compromesso, andare oltre ogni ragionamento umano. La confessione dei nostri peccati davanti a un ministro della Chiesa, pertanto, è la nostra risposta, è il segno concreto del nostro cammino di conversione e anche il segno dell’accoglienza del progetto d’amore del Padre. Non è facile confessarsi, ma è bello e liberante, perché sperimentiamo anche fisicamente e spiritualmente l’amore e la misericordia di Dio: sentiamo che siamo perdonati.

Il terzo passo, è quello più bello, ma anche il più difficile da comprendere e da accettare. Dio ci ama e ci perdona ancora prima che noi gli chiediamo perdono. Ricordiamolo sempre: l’amore di Dio viene prima di tutto. Dio non ci perdona perché gli chiediamo scusa, perché abbiamo riconosciuto la nostra colpa! Dio ci perdona perché ci ama, e il Suo amore viene prima di tutto. Il Padre della parabola non lascia che il figlio prodigo dica tutto quello che si è preparato. Lo blocca e gli dice: “facciamo festa”. Questo è il comportamento di Dio. Dio non aspetta la nostra conversione per amarci ancora. Dio ci ama anche quando siamo peccatori, anzi, ancora di più. L’unica cosa che ci domanda, proprio per il rispetto della nostra libertà, è di entrare in questa relazione, di accogliere il suo progetto e la sua proposta di amore.

Questo è il vero amore, da accogliere e da testimoniare con la nostra vita. L’amore è ciò per cui un giovane vive, si sacrifica ed è felice. Il piacere sollecita e stimola, l’egoismo deprime. Solo l’amore appaga e rende felici. L’esperienza profonda dell’amore e del perdono di Dio, ci porta a ricambiare amandolo, a sentire il suo amore che ci infiamma il cuore e a chiedergli perdono dei nostri peccati. Ecco perché è sempre fonte di gioia celebrare il sacramento della Riconciliazione. Il vero pentimento nasce in presenza dell’amore. Nella confessione sperimento quanto Dio mi ama e con la gioia nel cuore, lo testimonio agli altri.

 

+ Giuseppe Pellegrini

vescovo

 

San Vito al Tagliamento
19/03/2016
33078 San Vito al Tagliamento, Friuli Venezia Giulia Italia