Venerdì Santo

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Omelia per il Venerdì Santo

Ospedale di Pordenone e CRO di Aviano 10 aprile 2020

 

Carissimi, ho desiderato celebrare la liturgia della Passione del Signore e la Via Crucis, qui, nella cappella dell’ospedale, luogo caro e significativo per il territorio. Luogo di sofferenza, di dolore, ma anche luogo di speranza e di amore. Lo è sempre stato e in questi giorni particolari e difficili lo è ancora di più. Sono qui con voi per condividere con voi tutti ammalati e anche con tutti coloro che vi seguono: medici, infermieri, personale sanitario ausiliario, amministrativo-gestionale, ricercatori, cappellani e volontari che gratuitamente vi mettete a servizio, per portarvi una parola di conforto, di sostegno e di speranza che ci viene offerta dall’amore che Gesù ha per tutti noi.

Commemoriamo nella liturgia, il giorno più buio e più triste della vita di Gesù. Giorno di disperazione, dove tutto sembrava finito. Abbiamo ascoltato nel Vangelo l’ultima parola di Gesù: “E’ compiuto” (Giovanni 19,30). Non è, però, una parola di disperazione, di uno che si arrende. Non è la fine della vita, né della speranza. Con la morte in croce, Gesù non compie l’ultimo atto della sua vita, ma raggiunge il compimento, che è il fine ultimo della sua vita, quello che dà senso e significato a tutto quello che ha fatto, realizzando il progetto di amore di Dio Padre per l’umanità. Desidero precisare meglio questo passaggio importante: Gesù non raggiunge il fine ultimo della vita con la sofferenza, ma con l’amore. Quello che dà senso e significato pieno alla vita, non è la sofferenza, è l’amore. Gesù non ci salva perché ha sofferto tanto, ma perché ha amato tanto. Un amore che hai il culmine è il vertice nel dare la vita.

Questo amore divino che si rivela nella croce e nella sofferenza, è una potenza, una forza che cambia la vita delle persone. Usiamo anche noi talvolta, con le persone che amiamo intensamente, questa bella espressione: ‘ti amo tanto da morire’. Per Gesù queste non sono state solo parole, perché lo ha fatto veramente. Ripensiamo alla scena della crocifissione. Accanto a Gesù c’erano due malfattori. Uno dei due chiede perdono a Gesù, con una espressione dolce e carica di affetto: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (Luca 23,42). Sono parole necessarie quando ci troviamo nelle ore più buie della vita, nei momenti di disperazione, perché è proprio qui, che può rinascere la speranza; è necessario, però, lasciarci raggiungere e illuminare dalla forza dell’amore scaturito dalla croce. Questa è la forza della morte di Gesù. Questa è la forza della Croce. Significative le parole di Papa Francesco, rivolte a tutto il mondo, in quel venerdì sera più piovoso, nella piazza di San Pietro vuota: “In mezzo alle tempeste della vita, abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella croce siamo stati risanati e abbracciati. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende e a trovare il coraggio per abbracciare le contrarietà del tempo presente, per rinascere, insieme con Lui e accogliere l’amore e la speranza”.

Carissimi, in questi giorni di dolore e di grande sofferenza per tutti, in particolare per quelli colpiti dal virus, alcuni morti e tantissimi altri ricoverati negli ospedali o isolati nelle loro case, abbiamo visto, anche in questo luogo, crescere l’amore attraverso il servizio qualificato e la vicinanza di tanti di voi, medici, infermieri e operatori sanitari, che, pur consapevoli dei rischi del contagio, siete stati non solo degli eroi da imitare, come spesso siete chiamati, ma degli angeli custodi,

mettendovi accanto a chi soffre. Sappiamo che gli angeli sono i messaggeri di Dio, portatori del suo amore nel mondo. Carissimi, sento di esprimervi un ringraziamento del tutto particolare. Un grazie che parte dal profondo del mio cuore, a nome di tutta la diocesi. A voi che siete qui presenti e a tutti i medici, gli infermieri e il personale che opera negli ospedali. Un grazie per la grande abnegazione, per il servizio che svolgete e per i rischi che correte. Non è facile per voi, non è facile per i vostri cari, So che lo state facendo con passione, come dono di voi stessi agli altri. Vi ricordiamo nelle nostre preghiere e vi affidiamo all’amore misericordioso del Padre e all’intercessione di Maria, salute dei malati. Esprimo, pure, un ringraziamento ai cappellani e ai volontari che, per quanto possibile, cercano di portare il conforto e la vicinanza del Signore a voi e a tutti gli ammalati.

 

+ Giuseppe Pellegrini vescovo

Pordenone
10/04/2020
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia