Via Crucis del Venerdì Santo, Pordenone 22 aprile 2011

condividi su

Via Crucis del Venerdì Santo

Pordenone 22 aprile 2011

 

Abbiamo percorso le vie della nostra città per accompagnare Gesù. Anche noi, insieme con Lui siamo saliti sul Calvario percorrendo la via dolorosa. Una via buia, piena di dolore e di sofferenza. Ma non siamo fuggiti, non abbiamo preso paura, non ci siamo chiusi in noi stessi. Ci sentiamo come il Cireneo che ha aiutato Gesù a portare la croce. Anche noi questa sera desideriamo essere dei cirenei, prendendo su di noi le croci che rendono buia la vita degli uomini: sono i crocefissi della guerra, dell’odio razziale, i morti per fame e per droga. Sono le paure di tanti che si trovano a vivere la crisi occupazionale. Sono le piccole o grandi croci della sofferenza e della malattia. Abbiamo camminato anche per loro, sicuri che nella croce di Gesù trovano sollievo tutte le altre croci!

La Via Crucis di Gesù, la sua passione, è cominciata nell’orto del Getsemani, dove Gesù ha accettato liberamente di donare la sua vita per noi, compiendo così la volontà del Padre. Durante il suo arresto, come ci narra l’evangelista Giovanni, Gesù pone una domanda: “Chi cercate?” (18,4). Questa domanda, posta all’inizio della passione, diventa la chiave di lettura per comprendere il gesto di Gesù e per comprendere anche il cammino che abbiamo percorso questa sera. Per capire quello che Gesù ha fatto, il dono totale di sé, e per comprendere tutte le croci personali e le croci di tutta l’umanità, è necessario metterci in ricerca, non dare mai niente per scontato, ma cercare colui che solo può dare risposta a tutte le nostre domande: Gesù morto e risorto, Gesù che volontariamente dà la sua vita per noi e per l’umanità, Gesù che fa della sua vita un dono di amore, Gesù che ci insegna anche oggi che è necessario amare e non essere amati, che vale di più donare che ricevere!

Sulla via del Calvario Gesù incontra sua Madre, che lo accompagnerà poi fino alla morte e sepoltura. La presenza di Maria insieme con altre donne sotto la croce, sigilla il suo inserimento completo nella storia della salvezza, donando un nuovo significato al dolore che, dopo la Pasqua di Cristo, è diventato forza creativa, sorgente di vita e di gioia. E’ il dolore che viene trasformato dal dono di sé, il dolore di chi dà la vita per gli altri. Maria è generata dal Crocefisso, diventando con lui fonte di universale fecondità. Sotto la croce tutti ci sentiamo figli e fratelli, generati dall’unica fonte: l’amore gratuito di Gesù. “Ecco tuo figlio, ecco tua madre” (cfr. Gv. 19,26-27). Gesù mette l’umanità nelle braccia della Madre e la Madre nelle braccia dell’umanità. Nata dal Cristo morente sulla croce e dalla Vergine Maria, la Chiesa è chiamata a essere nel mondo segno eloquente dell’amore materno di Dio e a generare, insieme con la madre Maria, il Cristo nel cuore dei credenti.

Ed eccoci arrivati sulla sommità del calvario! Ecco la Croce, strumento di condanna e di morte; ma da quando vi è salito Gesù, è diventata segno di resurrezione e di vita. Questa croce è il segno di un uomo che ama fino alla fine, è la manifestazione di un’umanità alta, non banale, che ha saputo trasformare quel patibolo infamante nel segno più alto del dono e della gratuità. Sembra strano onorare, venerare la croce! La onoriamo e la innalziamo sopra di noi, perché indica la vittoria della vita sulla morte, la vittoria dell’amore sull’egoismo. Su questa croce è stato sconfitto una volta per sempre l’amore per se stessi. Da quel venerdì santo, l’egoismo non è più una legge inesorabile. Sulla croce di Gesù ha trionfato l’amore per gli altri. Gesù sta su quella croce non perché gli piaceva soffrire, ma perché ha amato il Padre e gli uomini più della sua stessa vita.

Non abbiamo paura, carissimi, di fissare il nostro sguardo sulla croce. Solo così sarà possibile riscoprire il significato che la croce ha per noi, per le nostre famiglie e per la nostra città. Contemplandola ci ricorderemo dell’amore di Gesù per tutti noi. Chiediamo a Gesù che si è donato per noi, di proteggere noi e le nostre famiglie. A Lui guardiamo perché, quando c’è la notte della solitudine e del dolore, quando il futuro nostro e delle nostre famiglie si fa oscuro, la croce risplenda sempre. L’Evangelista Giovanni ci ha detto che Gesù amò i suoi sino alla fine, ossia sempre, in ogni situazione. Impariamo da Gesù ad amare senza compromessi, senza sconti, senza se e ma. Comprenderemo così che la croce del Signore è per noi luce. Luce per il nostro cammino.  Luce per rischiarare il buio dei nostri cuori; buio che ci impedisce di vedere le necessità degli altri. Luce per portare speranza.

Concludo con le parole di un inno che la liturgia ci pone sulle labbra durante l’adorazione della croce.

O croce fedele,

simbolo dell’amore eterno di Dio,

albero di tutti il più nobile,

albero di tutti il più bello.

Nessuna foresta ne può produrre uno che sia più bello di questo!

 

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo, perché con la tua Croce hai redento il mondo!

 

+ Mons. Giuseppe Pellegrini, vescovo

Pordenone
22/04/2011
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia