Omelia in occasione della Solennità di S. Marco

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Omelia in occasione della Solennità di S. Marco Patrono della città di Pordenone

25 aprile 2011

Ci troviamo oggi insieme, nel giorno di S. Marco, per celebrare la festa del patrono che coincide quest’anno con il lunedì dell’Angelo e con l’anniversario della liberazione. Celebrazione del tutto particolare, perché nell’Eucaristia della festa del patrono S. Marco la comunità ecclesiale e la comunità civile si ritrovano insieme, davanti all’altare, per accogliere dal Signore quanto Lui vuol dire alla nostra città, affinché continui il suo cammino di crescita con attenzione particolare a quei valori che riguardano la vita e il benessere delle persone e anche per valutare la qualità del nostro rapporto con Dio. Non dobbiamo aver paura di confrontarci con Dio. E’ una questione troppo seria e troppo importante che non può essere messa da parte.Proprio perché nessuno di noi, nessun uomo e donna, può sfuggire alle domande fondamentali sul significato e sul senso dell’esistenza umana, sul significato della vita e della morte e sul valore della vita dopo la morte.

La Parola di Dio appena proclamata ci aiuta a fissare lo sguardo e a porre la nostra attenzione sul fatto, sull’avvenimento centrale e definitivo della vita dei credenti: Gesù morto e risorto. Al mattino della Pentecoste Pietro, come ci narra il libro degli Atti, finalmente trova la forza per parlare e per affermare in modo deciso dove si fonda la speranza di una vita nuova: “Questo Gesù, Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni” (2,32). E’ l’annuncio del mistero pasquale, l’annuncio di Gesù morto e risorto, di Gesù che ha sconfitto la morte e dona a ciascuno di noi la vita. I discepoli ne hanno fatto esperienza, incontrandolo lungo le strade della Palestina prima che salisse al cielo. Anche il racconto del vangelo di Matteo ci invita a fissare l’attenzione su Gesù risorto, con una particolare sottolineatura. Lo stesso episodio infatti genera due modi diversi di comprensione e di accoglienza: delle donne e dei soldati. Mentre le donne si lasciano incontrare dal Cristo e poi vanno dai discepoli a portare la buona notizia della Risurrezione, i soldati invece rimangono sconvolti e paurosi, estranei a qualsiasi incontro con il Signore. Per loro la Risurrezione è solo una triste notizia da portare ai loro capi. Niente di più! L’incontro con Gesù Cristo ci mette sempre davanti alle nostre responsabilità, ci lascia liberi, come le donne e i soldati, di accettare o no la relazione con Lui.

Accogliere pertanto nella fede la Risurrezione, significa assumere uno sguardo nuovo su tutta la realtà umana. Ecco quello che oggi desideriamo per noi e soprattutto per la nostra città: uno sguardo nuovo e rinnovato che nasce dalla certezza che il Signore opera con noi, che il Signore non ci lascia mai soli, e che ci domanda di mettere tutte le nostre energie a servizio del bene comune, secondo le nostre precise peculiarità e responsabilità, nel rispetto delle competenze di ciascuna istituzione.

La celebrazione del santo Patrono Marco ci fa ripercorrere il nostro passato e ci riporta agli inizi della predicazione del vangelo di Gesù nella nostra terra friulana. S. Marco ci invita tutti a essere testimoni e annunciatori, per la città del nostro tempo, della Parola che lui ha predicata e scritta. Com’è raffigurato nella cappella Ricchieri, Marco ci viene incontro presentandoci il Vangelo, quasi a dirci di non aver paura di accoglierlo e di donarlo, come hanno fatto i nostri padri. La parola del Vangelo ha cambiato il volto di questa terra e delle sue popolazioni, plasmandone la mentalità, i valori, la cultura e l’identità. Dobbiamo avere coraggio e perdere la paura di essere cristiani e di portare ovunque i valori della nostra fede e della nostra identità cristiana, dentro il nostro tempo! Viviamo in una porzione di territorio molto bella e con gente squisita. Possiamo dire che siamo baciati da Dio. Me ne sto rendendo sempre più conto in questi primi giorni di servizio episcopale tra di voi. Non mancano nemmeno problemi e difficoltà. In questo tempo di crisi sono aumentati i poveri: famiglie senza lavoro, giovani che non trovano sbocchi professionali, stranieri accolti e che si erano inseriti in maniera dignitosa tra noi e che ora non vedono futuro. Accenno anche alla fatica di accettare e di tradurre in scelte coerenti di vita alcuni valori del Vangelo, interpretati autorevolmente dal Magistero della Chiesa, quali il mistero e il rispetto della vita umana e della morte, la dignità della persona umana e l’amore umano tra un uomo e una donna per la costruzione della famiglia, la solidarietà e l’accoglienza verso tutti.

Risulta manifesto il compito che spetta ai credenti: rafforzare la nostra identità cristiana e metterla al servizio per la costruzione di una nuova civiltà, come ebbe a dire Paolo VI, la civiltà dell’amore. Non possiamo infatti servire la convivenza civile con un apporto originale se non siamo capaci di vivere fino in fondo il Vangelo di Gesù, con tutte le esigenze che comporta. Solo vivendo in pienezza i grandi valori dell’amore che si dona senza riserve, della gratuità, della solidarietà, della libertà, della pace, della dignità della persona umana, valori che sono ben espressi nella Dottrina sociale della Chiesa,  solo così saremo in grado di far crescere la nostra Città in umanità e civiltà.

Ringrazio tutti voi presenti a questa celebrazione. Portate il mio saluto più affettuoso a tutte le istituzioni che rappresentate. Sappiate che siamo sempre con voi nel servizio della città e dei suoi cittadini. Ringrazio in particolare la comunità della parrocchia di S. Marco, concattedrale, mons. Otello, don Simone, i canonici e tutti quelli che svolgono un servizio. Questa chiesa del centro città, così come le altre, diventi sempre più un’oasi privilegiata dello Spirito, un punto di riferimento per tutti.

 

Sia lodato Gesù Cristo!

+ Giuseppe Pellegrini vescovo

Pordenone
24/05/2011
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia