Omelia Ordinazioni Diaconali Concattedrale san Marco, Pordenone 26 maggio 2019  

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Omelia Ordinazioni Diaconali

Concattedrale san Marco, Pordenone 26 maggio 2019

 

Carissimi, come ci ricorda la liturgia, stiamo vivendo giorni di letizia e di gioia, perché Gesù, vivo e risorto, fa dono alla nostra Chiesa di giovani che si consacrano per l’annuncio del Vangelo e la testimonianza della carità. Saluto e ringrazio Marco e Daniele per la scelta che avete fatto, i vostri genitori e parenti, le comunità parrocchiali e il seminario. Un saluto affettuoso ai sacerdoti e diaconi presenti.

Gesù ci ama così tanto da voler rimanere sempre in mezzo a noi, ponendo l’amore che noi abbiamo verso di Lui come condizione per poter accogliere la pienezza e la novità più sorprendente: la presenza dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo non accanto a noi ma dentro di noi. Ce lo ha ricordato Gesù nel grande discorso di addio fatto dopo l’Ultima Cena: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Giovanni 14,23). Se uno mi ama! Di solito un periodo ipotetico ci fa paura, perché nasconde insidie, tranelli e talvolta qualche ricatto: se non fai ciò che ti dico…, se non mi ami …, se…, certamente ti capiterà qualcosa di brutto. Non è questo lo stile e il modo di fare di Gesù, anzi per Lui significa ‘se vuoi’; un ‘se vuoi’ che indica amore e rispetto per l’identità più profonda che si realizza solamente nella piena libertà delle persone, che lascia libere di scegliere, senza nessuna paura, costrizione o plagio. Gesù desidera entrare nella nostra umanità più profonda con estrema delicatezza, non con un verbo all’imperativo ma al futuro: ‘osserverà’, che esprime l’amore e il rispetto di Dio che bussa alla porta del cuore e attende la nostra risposta; di un Dio che non aspetta che osserviamo i suoi comandamenti prima di amarci, ma che prima di tutto ci ama, sempre e per primo, perché solo l’amore sarà capace di mettere dentro di noi energia, forza e coraggio per volare in alto. Volare per osservare ed accogliere la sua Parola, una Parola che salva, illumina, indica il cammino, sorregge e consola.

Solo accogliendo e custodendo la Parola, permettiamo alla Trinità di abitare in noi e di entrare in una circolarità di amore che ci porta ad essere ‘segno’ dell’amore di Dio, diventando nel mondo testimoni e annunciatori del suo amore. Il Padre e il Figlio desiderano abitare nel nostro cuore; chi realizza questo desiderio è lo Spirito Santo, il Paraclito, il Consolatore che consola i nostri cuore nelle prove della vita facendoci assaporare nella preghiera, la gioia senza fine del Regno. “Lo Spirito Santo

… vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (14,26). Potremmo anche noi, carissimi, di fronte a questa prospettiva sentirci sbigottiti o inadeguati, avendo l’impressione che sia una proposta irrealizzabile. La visione che il libro dell’Apocalisse ci ha presentato nella seconda lettura, parla di una città risplendente di gloria perché abitata dall’Agnello: “La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampade è l’Agello” (21,23). Siamo noi gli abitanti di questa città, dove le persone, riflesso dell’amore di Dio, si amano e si servono reciprocamente. Un mondo tutto umano, perché tutto di Dio!

Nella misura in cui accettiamo liberamente di aderire alla proposta di Gesù, secondo le esigenze dell’amore e del servizio, sentiremo la forza che ci dà lo Spirito Santo per accogliere la Parola e il progetto di Dio, realizzandolo nella nostra vita, evangelicamente vissuta. Carissimi Marco e Daniele, nel rito di Ordinazione c’è un gesto esplicativo bello e significativo: la consegna del Libro dei Vangeli: “Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei divenuto l’annunciatore: credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”. C’è un’unità strettissima tra Parola e vita, Parola e amore, Parola e servizio concreto ai fratelli. Né un servizio senza Parola, né la Parola senza servizio: per voi ordinandi, per i presbiteri, per me Vescovo e per tutti noi qui presenti. Possiamo dire che qui si trova l’essenza della Chiesa e del ministero ordinato. Diceva l’allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini: “Per predicare bene bisogna amare moltissimo la Parola del Signore: occorre un entusiasmo, un rapimento, un assorbimento nella Verità divina, che il Signore comunica specialmente nella meditazione del Vangelo. Un grande amore ci fa capaci di parlare” (25/10/1957).

Parola e servizio. Ecco i due tesori, carissimi Marco e Daniele che, con questo primo passo del sacramento dell’Ordine, in vista del ministero presbiterale, passo che comporta l’impegno del celibato per il Regno dei cieli, oggi la Chiesa mette nelle vostre mani. Una Parola che trovate nelle Sacre Scritture, e una parola scritta nella vita degli uomini e delle donne del nostro tempo. Dio vi parla attraverso le gioie e le sofferenze dei suoi figli, nei luoghi in cui vi trovate a condividere la storia dell’umanità. La Parola è la sfida che Dio vi lancia affinché non passiate con indifferenza davanti alle sofferenze del mondo, ma vi chiniate sull’umanità sofferente, mettendovi concretamente a servizio degli altri. Guardando poi al diacono per eccellenza, il Signore Gesù, cercate anche voi un unico primato, quello del servizio, come ha fatto Lui che “non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Marco, 10,45). Un servizio umile e semplice, che vi porterà a sporcarvi le mani e a mettervi in fila con i peccatori, a scegliere l’ultimo posto, anche nei vari incarichi che vi verranno affidati, e non per qualche ora alla settimana o in qualche esperienza particolare, ma per sempre e per tutta la vita. Vedo tanti giovani presenti. Vi ringrazio per il servizio che fate alla Chiesa e alla società. E’ necessario, però, che alcuni di voi siano disposti ad un servizio pieno e totale, per tutta la vita, al Signore. Questo è il vero stile evangelico e la nota distintiva della comunità cristiana. Uno stile controcorrente, che rovescia la logica del mondo e che diventa un segno permanente per me vescovo, per i preti e per tutti i credenti, che il servizio è la forma di ogni ministero nella Chiesa e che il più grande, davanti a Dio, è colui che serve e dona la sua vita, con dedizione, senza confini e senza riserve.

 

+ Giuseppe Pellegrini vescovo

Pordenone
26/05/2019
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia