Funerale Don Fermo Querin

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Letture: Romani 12,1-8; Matteo 25,31-46.

Domenica pomeriggio dopo la conclusione della celebrazione Eucaristica di apertura dell’Assemblea sinodale, saliti nella sua stanza per salutarlo, abbiamo trovato don Fermo senza vita. Dopo un momento di smarrimento per la morte improvvisa, di dolore e di pianto, abbiamo elevato una preghiera alla Santissima Trinità: Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, per ringraziare il Signore per il grande dono che ha fatto alla nostra Chiesa diocesana e a tante altre persone di don Fermo. Solo qualche ora prima, precisamente alle ore 12,10 aveva inviato al diacono Mauro la stesura finale dell’Instrumentum Laboris, dopo sverlo rivisto e corretto. Ha lavorato fino alla fine per la sua Chiesa che tanto ha amato e servito.

Le parole del capitolo 12 della Lettera ai Romani, scelte per annunciare a tutti la morte di don Fermo, esprimono bene il significato profondo della sua vita e del suo ministero presbiterale. La vita cristiana per sua natura deriva dalla fede in Cristo, che non è una ideologia né una filosofia di vita, ma Grazia e forza interiore che fa vivere ciò che si crede. Paolo invita a offrire il nostro corpo, che indica la persona nella sua totalità, “come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio (12,1). Questo è il culto spirituale della persona ragionevole illuminata dalla fede in Dio, che sa distinguere nella vita di ogni giorno quanto è conforme a Dio e alla sua volontà. Un compito non sempre facile e non alla portata di tutti, soprattutto per quelle persone che fanno della razionalità e della cultura un’occasione di allontanamento da Dio e dalla fede. Gesù, invece, con la sua incarnazione ha vissuto una vita pienamente umana, in intima unione alla vita di Dio. Così facendo ha portato nel mondo e nell’umanità, soggetti al peccato, all’odio e alla morte, l’amore e la vita piena in Dio. Anche noi siamo chiamati, con tutta la nostra vita e intelligenza, a portare la fede, superando la mentalità mondana che contrappone Dio e la fede alla scienza e al benessere della persona. Una fede che ci è stata donata e che va coltivata nella piena valorizzazione di tutti i doni che Dio ci ha fatto.

Carissimi, da questa prospettiva siamo chiamati a leggere la vita e il ministero di don Fermo. Il signore gli ha fatto tantissimi doni, a partire da una personalità buona, positiva e forte; una intelligenza con una visione ampia e positiva della realtà. capace di ascolto e di dialogo con tutti. Ricco di cultura, si era laureato in filosofia, sapendo, però, rapportarsi con ogni persona, dalle più semplici, ai professionisti e laureati, entrando nelle questioni più complesse della vita e della fede. Ha saputo valorizzare tutte le novità che le scienze e la tecnica offrivano. Fu uno dei primi a vedere le potenzialità dell’informatica e dei mezzi di comunicazione, da mettere al servizio della formazione e della vita spirituale. Ha sempre dedicato tanto tempo all’ascolto delle persone, anche da fuori diocesi. Molti lo hanno ricercato per incontri personali, per la direzione spirituale e per la confessione. Era stimato anche per le sue conferenze, meditazioni e Lectio Divina. Ha vissuto il suo lungo ministero presbiterale, ben 61 anni, coniugando l’esperienza diretta di pastore nelle comunità parrocchiali, vicario parrocchiale ad Annone e poi parroco a Palse e Villanova di Pordenone, con il servizio educativo e formativo al collegio Marconi, come insegnante nelle scuole e come formatore e padre spirituale in seminario, nella comunità vocazionale e nella animazione vocazionale. Per nove anni fu Assistente dell’Azione Cattolica diocesana. Svolse con passione e dedizione ruoli di coordinamento della pastorale diocesana nell’Ufficio scuola e, per dieci anni, Vicario episcopale della Pastorale. Quest’ultimo servizio lo svolse in stretta collaborazione con il vescovo Ovidio, per il bene di tutta la diocesi, coadiuvando il vescovo nel suo servizio pastorale. A casa Madonna Pellegrina come direttore ebbe il suo quartier generale. curando incontri e esercizi spirituali, lectio divina, e formazione degli operatori pastorali. Per tantissime persone è stato veramente un padre. Trascorse gli ultimi sei anni della sua vita, come collaboratore, nella parrocchia di San Pietro in Cordenons, mettendosi a servizio della comunità, nell’ascolto delle persone, dedicando molto tempo nel ministero di confessore. Ha curato la Lectio divina, rimanendo per molti punto di riferimento nel cammino spirituale. Tutto questo è stato possibile perché don Fermo ha sempre custodito la sua vita spirituale nella preghiera costante e nella meditazione della Parola di Dio. Un prete innamorato del Signore, della Chiesa e del prossimo. Nonostante i suoi numerosi impegni ha desiderato essere vicino a tutti. Ricordo come durante la visita pastorale in questa parrocchia, qualche anno fa, ha desiderato che il vescovo insieme con tutti i preti, in biciletta si andasse insieme a visitare le famiglie, come segno di vicinanza, fraternità e comunione.

C’è un altro aspetto, per me il principale, che contraddistingue la vita di don Fermo: la carità. Spesso l’ha vissuta nascostamente, nei confronti degli ultimi, accogliendoli, ascoltandoli come un padre ed esponendosi in tanti modi, anche economicamente. Qualcuno ha scritto che è stato capace di spostare mari e monti per gli altri. Non c’è testo migliore per descrivere il suo amore verso gli altri che il Capitolo 25 di Matteo: il giudizio universale. Siamo di fronte all’affresco straordinario del giudizio universale che non è una parabola ma una grandiosa visione. Al centro della scena c’è Gesù Cristo, il Figlio dell’uomo, che ha condiviso la sua umanità, aprendo a tutti le porte del Regno dei cieli. Ci viene presentato come un giudice che pone una sola condizione per entrare nel Regno e che diventa la chiave per aprire le porte: la carità. Carità verso quelle persone che la società mette ai margini, gli esclusi, gli invisibili, gli scartati, come ama chiamare Papa Francesco.  Gesù valuta i gesti umani, quelli più semplici e alla portata di tutti, ricchi e poveri, colti e incontri, credenti e non credenti. Lo sguardo di Gesù si posa per vedere quanto si è attenti e coinvolti nell’accogliere, nel servire e nell’amare quelli che non contano e che non hanno voce. E il giudizio non sarà su quanto si è fatto ma su quanto si è riusciti a riconoscere negli ultimi il volto di Gesù. Porto dentro di me un’immagine, fin dagli inizi del mio ministero episcopale: il pranzo con i poveri il giorno di Natale in casa Madonna Pellegrina. Don Fermo che ne è stato l’anima era sempre raggiante, direi quasi trasfigurato. Insieme con i volontari accompagnava gli ospiti parlando e accanto a tutti, cantava e faceva festa con loro. Il suo amore e la sua carità verso tutti era proverbiale. Anche quando mi chiedeva qualcosa non era per sé ma sempre per gli altri. Ma non è stata solo una carità materiale, perché ha saputo coniugare e mettere insieme tre le dimensioni della carità: la carità materiale, come ci è raccontata dal Vangelo che chiamiamo le Opere di misericordia corporali. C’è poi la carità spirituale che la Chiesa ci ricorda nelle Opere di misericordia spirituali. E la carità pastorale che ha accompagnato don Fermo per tutto il suo ministero presbiterale. Ha messo sempre tutte le sue capacità ed energie, per aiutare a far crescere le persone e le comunità parrocchiali e le persone a diventare annunciatori del Vangelo di Gesù nei nostri tempi. Possiamo affermare che don Fermo è stato un precursore di tante idee e metodi pastorali, che anche oggi cerchiamo di realizzare in Diocesi. Fu sempre in prima linea per leggere i segni dei tempi e per trovare nuove opportunità, anche tecnologiche, per l’evangelizzazione. Per me è stato un segno che lui sia entrato nel Regno dei cieli, proprio nel momento in cui la Chiesa diocesana celebrava l’inizio dell’Assemblea sinodale.

Un grazie a tutti e a tutte le persone che lo hanno amato, ascoltato e seguito. Molte sono qui oggi. Altre si sono fate sentire e sono in comunione con noi, come le suore Clarisse del proto monastero di Assisi, una comunità religiosa della Romania e il nostro carissimo don Lorenzo, Fidei donum in Mozambico. Un ricordo alle sorelle e ai familiari, e con riconoscenza alla parrocchia di san Pietro che lo ha accolto, insieme ai confratelli don Ivano, don Marco, Don Davide e per un periodo don Alberto e don Giacomo, che gli sono sempre stati vicini come famiglia. Sono grato a tutti i presbiteri della diocesi e all’Istituto secolare dei Sacerdoti del Sacro Cuore.

Concludo con tre semplici parole che molti di voi hanno sentito da don Fermo. Era il suo motto di vita che ora lascia a tutti noi: si, subito e volentieri. Grazie don Fermo della bella testimonianza che ci hai dato. In Paradiso ricordati di noi e della tua Chiesa!

+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo

San Pietro di Cordenons
19/10/2022