Omelia celebrazione di apertura Visita Pastorale forania di Pordenone – Pordenone San Marco 14 gennaio 2018

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Omelia celebrazione di apertura Visita Pastorale forania di Pordenone

Pordenone San Marco 14 gennaio 2018

 

Carissimi tutti provenienti dalle 19 parrocchie della Forania, carissimi confratelli presbiteri e diaconi, il mio cuore oggi è colmo di gioia e la prima parola e il primo sentimento è di ringraziamento a Dio per tutti voi, e con le parole di san Paolo nella prima lettera ai Tessalonicesi, ricordandomi continuamente nelle mie preghiere dell’opera della vostra fede, della fatica della vostra carità e della perseveranza della speranza nel Signore nostro Gesù Cristo (cfr. 1 Tessalonicesi 1,2-3). Vedendovi qui riuniti e attraverso i vostri volti vedendo le comunità parrocchiali e le tante altre persone che non sono presenti, in particolare i malati, gli anziani e anche i molti che fanno fatica a sentire viva e vicina la Chiesa rimanendo indifferenti alle nostre proposte, sento ancora di più che è significativo e bello ricordarvi nelle mie preghiere, perché solo così posso vivere una reale comunione di fraternità e di amore tra tutti noi, formando la Chiesa che è in Concordia-Pordenone.

Siamo qui radunati desiderosi che le nostre comunità, le nostre parrocchie e le unità pastorali siano sempre più capaci di rendere visibile il Vangelo; che sappiano parlare agli uomini e alle donne del nostro tempo attraverso una testimonianza visibile e concreta della vita fraterna tra di noi, sostenuta da una profonda e personale relazione con il Signore. Fraternità che si costruisce e si alimenta dall’ascolto della Parola, dalla celebrazione dell’Eucaristia e dalla testimonianza della carità, fatta non di parole ma di gesti concreti che arrivano fino al dono totale di sé. E’ con questi sentimenti che inizio la visita pastorale. Un evento di grazia per me vescovo, per crescere nella dimensione dell’ascolto fraterno e paterno; ascolto che mi permetterà di conoscervi meglio, di conoscere la nostra bella Chiesa per servirla con più amore e generosità. Desidero entrare in punta di piedi nelle vostre parrocchie ed unità pastorali della forania di Pordenone, per essere attento alla vostra vita e per sostenere il cammino di fede personale e delle vostre comunità, incoraggiandovi per le difficoltà, delusioni e fatiche e anche aiutandovi a mettere al centro della vostra vita il Vangelo di Gesù e il suo annuncio. Un evento di grazia anche per tutti voi e le comunità perché avete la possibilità di prendere coscienza della situazione pastorale e per ricentrarvi sull’annuncio e la testimonianza del Vangelo.

Sarebbe più facile e ci verrebbe anche spontaneo concentraci sui problemi e sulle fatiche che le nostre comunità parrocchiali stanno vivendo in questi nostri giorni: sempre meno, infatti, sono le persone e soprattutto i giovani che frequentano la chiesa e le attività delle parrocchie; noi preti siamo poco significativi e rade persone vengono per chiederci un consiglio o una parola di fede e di speranza. Questa, però, non è la strada da imboccare. Quando Gesù si fermava a parlare con la gente, non era prima di tutto preoccupato di quello che facevano o non facevano, ma, fissandole negli occhi diceva, come a Zaccheo: “Oggi devo fermarmi a casa tua” (Luca 19,5). Gesù desidera entrare nella vita di ciascuno di noi, nella nostra storia personale è portarvi gioia, serenità e pace. “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Giovanni 10,10). Ecco delineata l’identità del cristiano e di ciascuno: testimoni dell’amore di Dio che desidera incontrarsi con tutti, che vuole donare a tutti il suo amore e la sua misericordia, perché ogni uomo e ogni donna possano vivere una vita in pienezza, una vita bella e ricca di ogni grazia e dono.

Qualcuno potrebbe dire: bello da dirsi ma difficile da attuare! Per questo ho scelto un testimone, un compagno di strada, nostro conterraneo, il Beato Odorico da Pordenone per aiutarci nel nostro cammino. 700 anni fa, fra Odorico iniziò il suo grande viaggio da Venezia che lo portò, dopo circa sette anni a Pechino, la capitale dell’impero celeste. Viaggio storicamente documentato nel famoso Itinerarium (Relatio) che dettò al suo ritorno, testimoniato da numerosi codici e manoscritti diffusi in tutta Europa. Odorico in tempi più difficili e complicarti dei nostri, seppe testimoniare con fede e con coraggio il Vangelo di Gesù, superando grandi difficoltà, sorretto solamente dall’amore del Signore e dal desiderio di portarlo anche in quelle terre lontane. Convertì molti alla fede cristiana meritandosi il titolo di apostolo dei cinesi. Significativo un fatto del suo lunghissimo viaggio: giunto a Tana, in India, nelle vicinanze di Mumbai, cercò e trovò i resti di quattro suoi confratelli francescani, martirizzati qualche anno prima, e li portò con sé in Cina. Il Beato Odorico fu un testimone di una Chiesa che non si chiude in se stessa, ma che va, per incontrare e raggiungere tutti, per portare l’amore di Dio. Testimone duna Chiesa missionaria, che sull’esempio di Gesù non ha paura, anche a rischio della vita, di portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra.

Anche noi oggi siamo chiamati a formare una Chiesa missionaria, una Chiesa in uscita per incontrare le persone che abitano il territorio, le città e le periferie per comunicare a tutti l’amore di Dio. Una Chiesa che arriva a tutti, in particolare ai più poveri. Scrive papa Francesco nell’Evangelii Gaudium: “Non possiamo più rimanere tranquilli, in attesa passiva dentro le nostre Chiese; è necessario passare da una pastorale di conservazione a una pastorale decisamente missionaria” (n. 15); e più avanti ricorda che: “l’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, e la comunione si configura essenzialmente come comunione missionaria” (n. 23). Ci troviamo riuniti in preghiera per chiedere al Signore che ci aiuti ad una sana conversione individuale e pastorale, per rinnovare le nostre comunità e le nostre strutture e attività pastorali perché siano più missionarie, attente ai veri bisogni e richieste della gente; perché prioritario, infatti, non è tanto il cambiamento delle strutture quanto mettere al centro dell’azione pastorale l’annuncio del Vangelo. Al n. 174 dell’EG, papa Francesco ci ricorda che: “tutta l’evangelizzazione è fondata sulla Parola di Dio, ascoltata, meditata, vissuta, celebrata e testimoniata. La Sacra Scrittura è fonte dell’evangelizzazione. Pertanto, bisogna formarsi continuamente all’ascolto della Parola. La Chiesa non evangelizza se non si lascia continuamente evangelizzare. È indispensabile che la Parola di Dio diventi sempre più il cuore di ogni attività ecclesiale”. L’annuncio del Vangelo, come ci ha ricordato san Paolo nella prima lettera ai Tessalonicesi, e l’ascolto obbediente costituiscono la via per accogliere e ascoltare la volontà e la chiamata di Dio. Si tratta di un annuncio che non avviene solo a parole ma attraverso l’azione e la forza dello Spirito Santo che accompagna sempre la parola, anche con segni particolari. E’ per questo che gli abitanti di Tessalonica, pur vivendo prove e situazioni difficili, hanno accolto la Parola con la gioia dello Spirito, diventando testimoni per tutti gli altri. Il Vangelo, infatti, lo si annuncia o lo si smentisce primariamente con la propria vita.

Uno dei compiti più importanti e necessari delle nostre comunità parrocchiali oggi, una riforma che ritengo urgente e non più prorogabile è quella di rimettere la Scrittura al centro della vita cristiana. Il Vangelo porta in sé una rivoluzione che ha la forza di cambiare il mondo. E’ necessario però uscire da un cristianesimo infantile e iniziare a riconoscere nelle nostre comunità la centralità della Parola che ci convoca per formare la Chiesa. Non so bene anch’io come fare e da che cosa partire; so, però, che è necessario per rivitalizzare le nostre comunità e anche noi stessi. Mettere al centro la Parola significa mettere al centro Gesù, il suo progetto di vita, il suo stile di vita, come ha vissuto e testimoniato la relazione e l’amore con Dio Padre e con i fratelli.

Un ultimo aspetto desidero richiamare e offrire alla vostra riflessione per il cammino di discernimento dei Consigli Pastorali parrocchiali e di Unità Pastorale. Mettere al centro la Parola, porta la comunità parrocchiale a preoccuparsi della trasmissione ella fede, non solo dei ragazzi e adolescenti, ma anche dei giovani e degli adulti; le due fasce di età che sono ai margini, meglio che si trovano sulla soglia della Chiesa e delle nostre comunità cristiane. La missione principale che abbiamo è di non lasciar queste persone prive del dono del Vangelo. Facciamo risuonare forte dentro di noi quella domanda che Gesù ha fatto ai suoi discepoli e che continuamente rivolge anche a ciascuno di noi: Chi sono io per te? Gesù non desidera risposte preconfezionate o da intellettuali; non ci chiede tanto se lo conosciamo, ma se abbiamo il desiderio di stare con Lui, se ci siamo innamorati di lui. Gesù non cerca definizioni ma un vero coinvolgimento. Viviamo in un contesto particolare, come se Dio non ci fosse, irrilevante per buona parte del mondo di oggi. Mi piacerebbe che vi confrontaste nelle comunità e che ci confrontassimo su alcune domande: Come rendere rilevante Dio nella vita di oggi e nella vita delle persone? Come annunciare al mondo che Dio non è una palla al piede ma che è ancora attraente, capace di rendere bella la nostra vita perché ancora appassionato di noi, perché ci ama e ci vuole bene e vuole il nostro bene. Oggi, la fede non è più un patrimonio comune. E’ difficile trasmetterla perché mancano i testimoni e non si riesce ad educare le nuove generazioni. La difficoltà di consegnare e trasmettere la fede, ci porta a compiere un passo in avanti: a generare la fede nel cuore delle persone, perché la custodiscano e la facciano crescere. Siamo chiamati a far nascere anche nella nostre comunità un nuovo modello di pastorale: una pastorale generativa, che fa nascer la fede nel cuore delle persone suscitando il desiderio di incontrare Gesù e di entrare in relazione con Lui. Come dice san Paolo: “Sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo” (1 Corinzi4,15).

Chiediamo al Signore, mentre lo ringraziamo per i doni che ci sta facendo, di essere anche noi, sull’esempio del Beato Odorico che invochiamo come patrono della visita pastorale alla città, intrepidi annunciatori di una Chiesa missionaria, che senza paura sa andare oltre, per portare a tutti l’amore di Dio. Buona Visita Pastorale!

 

                                                           + Giuseppe Pellegrini

                                                                       vescovo

 

Pordenone
14/01/2018
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia