Omelia chiusura Anno Santo straordinario della Misericordia – Concattedrale Pordenone 13 novembre 2016  

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Omelia chiusura Anno Santo straordinario della Misericordia

Concattedrale – Pordenone 13 novembre 2016

 

Concludendo l’Anno Santo Giubilare – oggi nelle diocesi e domenica prossima a San Pietro – siamo invitati a rendere grazie al Signore per averci concesso questo tempo straordinario di grazia, con l’impegno di portare a tutti l’esperienza che abbiamo vissuto, dell’amore misericordioso del Padre, per la costruzione di una umanità nuova.  “Come desidero – ha scritto papa Francesco nella Bolla di indizione del giubileo –  che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro ad ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio” (n. 5). Questo nostro tempo, di grandi incertezze e sofferenze, di crisi e di guerre fratricide, dove ancora si calpestano gli elementari diritti della persona umana, dove molti cristiani sono ancora perseguitati per la loro fede, è anche un tempo di grande misericordia, perché dove c’è l’amore, lì inizia un cammino di conversione e di guarigione del cuore. Quando facciamo l’esperienza concreta dell’amore delle persone e dell’amore di Dio, allora il nostro cuore si riempie di gioia e di tenerezza.

In questo Anno santo, aiutati dalle varie celebrazioni e iniziative, abbiamo riscoperto quanto è bella e significativa la parola del papa quando ci ha detto che “l’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza” (MV 10). Quando noi sperimentiamo la tenerezza del sostegno, della vicinanza e dell’incoraggiamento, lì sgorga dal cuore il nostro grazie più vero e sincero. Siamo profondamente grati perché immensamente amati!

Anche la Parola di Dio di questa domenica, mentre l’anno liturgico si volge al termine, ci offre una meditazione e una riflessione sulla fine della storia, ricordandoci che il giorno del giudizio finale non è poi così lontano dalla vita reale che stiamo vivendo. È necessario, però, assumere lo sguardo di Gesù, vedere gli avvenimenti e i fatti del mondo dalla sua prospettiva e dal suo cuore, prendere il suo metro di misura: “Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Giovanni 15,12). “Sta per venire – dice il profeta Malachia – il giorno rovente come un forno. … Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà il sole di giustizia” (3, 19-20). La riflessione di Gesù sulla distruzione del tempio di Gerusalemme, ha come sfondo l’episodio narrato precedentemente dall’evangelista: Gesù osserva il gesto di una povera vedova che getta nel tesoro del tempio due spiccioli, affidando a Dio, per amore dei più poveri, tutta la sua vita. Un gesto semplice, umile, ma fatto con il cuore. Un gesto d’amore che durerà per sempre, per tutta l’eternità. Commentando questo fatto, Gesù, non ci vuole spaventare, come purtroppo fanno i profeti di sventura di ieri e di oggi, ma alimentare e sostenere la nostra speranza, aiutandoci a vivere con serenità anche dentro le sfide del tempo presente, assumendo il suo stile di vita, il suo amore totale e fraterno verso tutti. Come ha fatto la povera vedova al tempio. Lui solo è il fondamento, la roccia su cui fondare la nostra esistenza.

Gesù sostiene il nostro cammino invitandoci a superare le paure e le difficoltà a cui tutta l’umanità andrà incontro, prima del suo ritorno nella gloria. Ci invita a non lasciarci ingannare, a non andare dietro a tutte le voci, a saper discernere a cosa dobbiamo attaccare il nostro cuore. “Badate di non lasciarvi ingannare … Non andate dietro a loro. Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate … Sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (Luca 21, 8-19). È il cammino della storia e anche della storia dei nostri tempi, sia a livello sociale, personale ed ecclesiale; una storia che spesso si dimentica di Dio e cerca nelle gratificazioni materiali e nel benessere il suo pieno significato. È la tentazione di chi non è più capace di attendere qualcosa di nuovo nella propria vita; di chi è assorbito pienamente dalla realtà mondana, dal suo io e dalla propria autoaffermazione; di chi si dimentica di alzare il proprio sguardo al cielo e contemplare il regno di Dio che sta venendo, l’unico capace di dare un senso vero e pieno alla propria storia personale e a tutta l’umanità.

Significativa pure la descrizione che fa l’apostolo Paolo della comunità di Tessalonica: “Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza far nulla e sempre in agitazione” (1 Tessalonicesi 3,11). Gli abitanti vivono così perché avevano un modo sbagliato di attendere il Regno di Dio che viene, la venuta del Signore. Gesù, invece, chiede un’attesa senza fughe in avanti o in dietro, un’attesa che sa vivere bene il tempo presente, nella testimonianza gioioso dell’amore ricevuto dal Signore, con fedeltà e perseveranza. È la fedeltà e la perseveranza di chi non si rassegna alle logiche mondane, alla forza del male sul bene, ma di chi sa fare dono di sé a Dio, fidandosi solo di Lui e del suo amore, come aveva fatto la povera vedova!

A conclusione dell’Anno Santo straordinario della Misericordia ci domandiamo: “Come continuare ora ad essere testimoni dell’amore e della misericordia che Dio ci ha fatto sperimentare e vivere in quest’anno?”.  Mi è tornato in mente un episodio del vangelo di Matteo. Giovanni è in carcere, e manda i suoi discepoli a chiedere a Gesù: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” (Matteo 11, 3).  Gesù non risponde si o no, ma offre loro come segno le Opere di Misericordia. Ecco, carissimi tutti, lo stile che dobbiamo assumere: parlare poco di misericordia e, invece, essere segno della misericordia di Dio con qualche gesto concreto, sia a livello, diocesano, parrocchiale e personale. Il rito della conclusione del giubileo nelle diocesi non prevede la chiusura della Porta Santa. È significativo e bello che sia così, perché vogliamo essere, come ci invita spesso papa Francesco, una Chiesa in uscita, chiamata ad aprire le porte e non a chiuderle. Questo desidero che sia lo stile della nostra Chiesa diocesana: avere più coraggio di uscire, di invitare tutti quelli che incontriamo ad entrare nella nostro comunità per sperimentare l’amore, la misericordia e la vicinanza di Dio, attraverso gesti concreti di solidarietà e condivisione.

                                                                       + Giuseppe Pellegrini

                                                                                   vescovo

           

Pordenone
13/11/2016
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia