Omelia Festa del Patrono San Marco – Pordenone 25 aprile 2013

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Omelia Festa del Patrono San Marco 

Pordenone 25 aprile 2013

 

Ci troviamo tutti insieme, società civile e comunità cristiana,  nel giorno di festa della città che celebra e onora il patrono San Marco. Siamo qui non solo per ricordarlo, ma per chiedergli il coraggio e la forza di guardare al presente e al futuro con più speranza e ottimismo. Desideriamo un futuro più sereno per la nostra amata città e per le altre istituzioni sociali e politiche che sono al servizio delle nostre terre. Porgo un saluto rispettoso e un augurio a tutte le autorità presenti: al Prefetto, al Sindaco, al Presidente della provincia e alle altre autorità civili e militari. In questi mesi poi si sono verificati cambiamenti e volti nuovi alla guida di istituzioni nazionali e regionali. A tutti assicuro il mio pieno rispetto e sostegno. Un saluto a tutti i presbiteri presenti e alla comunità parrocchiale del Duomo.

In questi tempi di crisi non dobbiamo cedere allo sconforto. La posta in gioco è veramente alta. Non si tratta solo di prevedere quando ne usciremo e se alla fine, quanto saremo più poveri di prima, perché ad essere messa in discussione è l’antropologia, la concezione di uomo che noi abbiamo. Per non essere travolti e soccombere, è necessario leggere e comprendere la crisi che perdura da anni.  Qualcuno l’ha paragonata ad un infarto, perché ha colpito il cuore del modello di sviluppo degli ultimi decenni: l’accumulo senza limiti di profitti finanziari. Come dice Romeo, nella tragedia shakespeare, allo speziale che gli vende il veleno fatale: “Prendi il tuo denaro; il denaro è il veleno peggiore per l’anima umana”. Chiediamoci allora: “Se l’individualismo e l’interesse personale occupano lo spazio più importante, quanto ne rimane oggi per i valori della solidarietà e dell’altruismo?”.  Ecco la necessità di un ritorno chiaro e preciso alla Dottrina sociale della Chiesa e alla Caritas in Veritate. Ciò è possibile solo se riusciamo a riordinare la gerarchia dei valori in cui noi siamo inseriti, compiendo tutti un salto di comunione e promuovendo modalità sempre più partecipate del fare impresa.  Dobbiamo ripartire dal trinomio: valori, etica e comunità. Solo così sarà possibile ridefinire un nuovo modello economico e non cadere in uno stato depressivo che ci impedisce qualsiasi azione, anzi spesso porta alcune persone a non reggere più e, purtroppo, com’è accaduto anche nel nostro territorio, a rinunciare al bene più prezioso: la vita! Risuonano sempre attuali le parole di Gesù: “ Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Giovanni 10,10). Vita che è dono di Dio da conservare e proteggere sempre! Ripartiamo, carissimi, da quei valori etici, che per noi credenti trovano nel vangelo una carica e una forza dirompente e nella fede un sostegno e un rafforzamento: l’altruismo, la solidarietà verso il prossimo, la compassione, la gratuità e la propensione al dono. Solo così sarà possibile uscire da questo baratro e trovare speranza.

Siamo insieme oggi, società civile e comunità cristiana, proprio per “fare rete”, per considerare insieme le scelte che riguardano l’interesse generale e il bene comune, con particolare attenzione al mondo del lavoro (lavoratori e imprenditori), alla famiglia, alle donne e ai giovani, soggetti che in modo diverso, sono messi a dura prova. Contiamo sull’impegno di tutti, rispettosi della diversità e della specificità di ciascuno ma protesi però verso un agire comune, mettendoci insieme, da fratelli, proprio per dare delle risposte concrete ed efficaci ai bisogni che toccano da vicino il nostro territorio. Desidero raccogliere in questo momento le parole dei vescovi italiani espresse nel piano pastorale decennale Educare alla vita buona del Vangelo, dove parlano di alleanza educativa tra i vari soggetti presenti nel territorio, per promuovere il dialogo tra le diverse realtà ed incidere così più fortemente sul mondo giovanile. E anche le parole del Presidente della Repubblica ai parlamentari nel suo discorso di insediamento, quando ha parlato  dell’importanza e della necessità di intese, di alleanze, di mediazioni e di convergenze tra forze politiche diverse, precisando che ciò non è segno di regressione ma di convivenza civile e di maturità democratica. Impegniamoci sempre più per far crescere e consolidare, come dice Papa Francesco, la cultura dell’incontro e non dello scontro.

Carissimi, la festa dell’evangelista Marco che ricorre nel cuore del tempo pasquale, ci riempie di speranza e di fiducia, ricordandoci che ce la possiamo fare perché non siamo soli: Gesù risorto è vivo, cammina insieme con noi, sostiene i nostri passi e ci aiuta a guardare con più serenità il presente e il futuro. Marco non faceva parte del gruppo dei dodici apostoli ma attraverso il legame con Pietro ci ha trasmesso il Vangelo, la Buona Notizia che è risuonata e risuona anche oggi in tutto il mondo: Dio è il Padre buono che ci ama, che non ci abbandona mai non ci lascia soli; anzi proprio nei momenti di scoraggiamento e di difficoltà ci è più vicino con il dono del suo Figlio Gesù. Come abbiamo ascoltato nella pagina del vangelo, nel momento in cui Gesù manda i suoi discepoli nel mondo per portare a tutti il suo messaggio, li assicura che non saranno soli. “Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti …” (Marco 16,17-18). I discepoli non sono super uomini e non hanno poteri magici. E’ una potenza che è “nel suo nome”, così che i successi non saranno attribuiti a loro ma al Signore che li ha mandati insieme. E’ necessario però che tutti noi, sia annunciatori del Vangelo e responsabili delle comunità cristiane o servitori della società e delle istituzioni civili, accogliamo con attenzione e senso di responsabilità le esortazioni che l’apostolo Pietro ci ha rivolto nella prima lettura: “Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri” (1 Pietro 5,5).  Il tesoro del Vangelo, così come il mandato di servitori del bene comune è affidato non a prepotenti né a battitori solitari, ma a persone umili e a cuori fragili, consapevoli dei propri limiti e della ricchezza del lavorare insieme, condividendo idee, progetti e scelte operative. Il prevalere di persone animate da spirito di dominio e di prevaricazione, crea all’interno della comunità, sia essa civile o ecclesiale, spaccature, divisioni e contrasti, se non gelosie o odio. Ecco, dunque, che il “rivestitevi tutti di umiltà” parla innanzitutto di servizio, anzi, di profondo atteggiamento di reciproco servizio all’interno della comunità e in mezzo agli uomini, sull’esempio di Cristo. E così ancora una volta Cristo diventa il parametro su cui il credente e l’intera comunità sono chiamati a commisurarsi e a confrontarsi.

Dopo la celebrazione, sarà consegnato dalla Propordenone il premio San Marco a tre nostri concittadini, tra i quali sua Ecc. mons. Ovido Poletto, nostro amato vescovo. Sono felice di questa scelta, perché oltre allo sport (Daniele Molmenti) e alla musica (Francesco Bearzatti), viene riconosciuta  anche la religione come componente capace di rendere prestigiosa e bella la nostra città.

Termino con la preghiera che Papa Francesco, quando era cardinale, ha fatto per la sua nazione: “Gesù Cristo, Signore della storia, abbiamo bisogno di te. Vogliamo essere nazione, una nazione la cui identità sia la passione per la verità e l’impegno per il bene comune. Dacci il coraggio della libertà dei figli di Dio per amare tutti senza escludere nessuno. Concedici la saggezza del dialogo e la gioia della speranza che non delude. Amen”.

 

Sia lodato Gesù Cristo!

 

 

                                                                   + Giuseppe Pellegrini

                                                                                  vescovo

Pordenone
25/04/2013
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia