Omelia Pasqua di Risurrezione – Pordenone, 31 marzo 2013

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Omelia Pasqua di Risurrezione 

Pordenone, 31 marzo 2013

 

La Pasqua, fondamento della speranza

L’evangelista Luca ci aiuta quest’anno a entrare progressivamente nella contemplazione e nella comprensione dell’avvenimento della Risurrezione di Gesù. Le donne che per prime accorrono al sepolcro ritornano impaurite; Pietro poi torna pieno di stupore e i due lasciano Gerusalemme per dirigersi a Emmaus, tristi e privi di speranza. Perché fanno fatica a capire il mistero della Risurrezione? Per poter incontrare Gesù risorto è necessario prima compiere un cammino interiore per prendere sul serio il mistero della passione e morte di Gesù. Gli angeli dicono alle donne che sono giunte al sepolcro: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno” (Luca 24,7), e ai due discepoli sulla strada verso Emmaus Gesù dice: “Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Luca, 24,26). Si tratta pertanto di guardare la croce da una nuova prospettiva, perché essa non è la fine della speranza, bensì il suo fondamento. Un cammino non facile: da una parte i discepoli, le donne che non comprendono, che hanno gli occhi e il cuore chiusi, dall’altra Gesù risorto che si avvicina e si fa carico del loro dolore e smarrimento, aiutandoli ad entrare sempre più con il disvelarsi delle Scritture. La croce non è una disgrazia imprevista, ma come dice Luca per ben due volte, bisogna, era necessario, dove accadere che Gesù dovesse donare così la sua vita, perché era l’unico modo che aveva per testimoniarci l’amore incondizionato del Padre per l’umanità: donare la vita per amore! La croce non contraddice la potenza di Gesù, anzi la esalta e la illumina, proprio perché non è una smentita della sua potenza e divinità, bensì la conclusione, il sigillo e la piena rivelazione delle verità dell’amore che ha guidato Gesù per tutta la sua vita.  La croce pertanto non è una disavventura da rimuovere in fretta dalla nostra mente, ma un passaggio necessario per aprirci al senso vero della Resurrezione, anche per noi chiamati a credere senza vedere, un aiuto al nostro cammino di fede per accogliere Gesù risorto, vivo e presente oggi, nel mondo e nella mia vita. E’ il meraviglioso messaggio che papa Francesco nella S. Messa con i cardinali, ha rivolto a tutta l’umanità: “Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore, siamo mondani”.

Ecco perché non è facile, vivere e credere la risurrezione di Gesù dai morti. Soprattutto ai nostri giorni, con una crisi che perdura e le cui conseguenza sono sempre più pesanti. Crisi economica, sociale e, lo stiamo sperimentando oggi, anche quella politica, che ci fa comprendere che la radice stessa della crisi che ci travaglia è di natura antropologica e morale, proprio perché la posta in gioco non è l’economia, ma l’uomo, nella sua identità più profonda e nella sua vita concreta.  La Pasqua, nel raggiungerci così come siamo, com’era successo alle donne e ai discepoli, ci offre il suo messaggio di vita e di speranza. Ma qual è, carissimi, questo messaggio di vita e di speranza? Ha ancora senso parlare di speranza? Non è forse un’illusione come tante? Certamente il risorto non ci dona una bacchetta magica che ci aiuti a risolvere i nostri problemi e a sollevare le sorti dell’umanità, ma ci testimonia che, oltre il pessimismo e lo scoraggiamento, è all’opera dentro di noi e nella storia la forza dello Spirito Santo, la potenza del Cristo Gesù vivo e risorto, che dall’interno ci trasforma. E’ quello che hanno provato i due discepoli di Emmaus: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture” (Luca 24,32).

Ci ricordava Benedetto XVI nell’enciclica Spe Salvi, 27 che “La vera, grande speranza dell’uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può essere solo Dio – il Dio che ci ha amati e ci ama tuttora ‘sino alla fine’, ‘fino al pieno compimento” (cfr. Giovanni 13,1; 19,30).  Ecco perché la Pasqua è il fondamento della speranza. Di fatto Gesù, pur sperimentato tutte le ragioni contro la speranza: ostilità, abbandono, insuccesso, morte, non ha mai perso la speranza, mantenendo intatta la fiducia. L’evangelista Giovanni ce ne da la risposta: “Ecco – dice Gesù – viene l’ora… in cui mi lascerete solo; ma io non sono solo perché il Padre è con me” (Giovanni 16,32). La speranza di Gesù non si lascia mettere in crisi dall’abbandono dei discepoli e dall’insuccesso perché è solidamente fondata sulla certezza della presenza e dell’amore del Padre. Una certezza sperimentata sempre nella sua vita, anche nei momenti tragici della crocifissione e della morte. E’ Gesù risorto il segno vivo della speranza; con Lui “aspettiamo cieli nuovi e terra nuova” (2 Pietro 3,13). La speranza evangelica non s’identifica mai con le speranze che ci offre il mondo, anche se sono talvolta necessarie per il nostro vivere quotidiano e ci soddisfano più di qualche altra. Ma sono sempre piccole speranze, che anche quando si realizzano ci fanno sentire il bisogno di qualcosa di più grande! L’uomo e la donna hanno bisogno di una speranza che vada oltre. E questa grande speranza può essere solo Dio (cfr. Spe Salvi, 30-31).

Come per Gesù, anche per noi cristiani e per tutta l’umanità il fondamento della speranza va posto unicamente nella fedeltà di Dio, nel suo amore concreto per l’umanità e nel dono del suo Figlio per noi. E noi siamo chiamati nella vita di ogni giorno a sperimentare l’amore di Dio che non ci lascia soli, che non ci abbandona mai, che è sempre a nostro fianco e cammina con noi. “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28,20); e l’apostolo Paolo ai cristiani di Roma scrive: “La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Romani 5,5). Sta a noi scegliere se sperare nel Signore o se riporre la speranza nelle cose passeggere o nelle nostre forze. Quando viene a mancare la speranza tutto si ferma e tutto perde di significato, perché sperare è credere che qualcosa di nuovo può capitare anche nella mia vita, ma non per merito mio ma per un dono del Signore e per la forza del suo Santo Spirito, ch sa trasformare la morte in forza d’amore!  Una vita centrata su di sé non porta mai alla speranza. E’ l’esperienza che tutta la Chiesa, e anche tutta l’umanità, ha vissuto in questi ultimi tempi, con il dono del nuovo Santo Padre, Francesco!

L’augurio per tutti è che possiamo sperimentare la gioia della presenza del Risorto e la forza prorompente della speranza.

 

Sia lodato Gesù Cristo!

+ Giuseppe Pellegrini

vescovo

Pordenone
31/03/2013
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia