Omelia festa patrono san Marco – Concattedrale Pordenone, 25 aprile 2017

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Omelia festa patrono san Marco

Concattedrale Pordenone, 25 aprile 2017

 

Continuatori della salvezza di Gesù

E’ sempre una gioia celebrare insieme, comunità cristiana e società civile, la festa del patrono della nostra città di Pordenone, san Marco. Ringrazio di cuore tutti i presenti, i sacerdoti concelebranti e voi autorità civili e militari, chiamate a servire e costruire, con passione e competenza, il bene dei cittadini e della città. “Abbiamo bisogno – scrive papa Francesco nell’Evangelii Gaudium al n. 71 – di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che copra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze … Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia”. Da qui prende valore e significato l’impegno che ponete, cari amministratori, per rendere più bella, più abitabile e più accogliente la nostra città. Ce lo ricordano le ‘porte aperte’ che spiccano sul gonfalone cittadino. La celebrazione della festa patronale di san Marco, ci aiuti a prendere sempre più consapevolezza del compito ricevuto di mettere a servizio della società e del bene dei cittadini tutto noi stessi, le nostre capacità e i nostri talenti.

San Marco è ritenuto il creatore del genere letterario ‘vangelo’, in cui alla luce della passione, morte e risurrezione di Gesù si ordinavano in un tutto organico le vicende della vita. L’evangelista offre alla sua comunità non solo qualche particolare della vita di Gesù, ad esempio l’essere maestro di dottrina o un guaritore, ma tutta la sua storia, permettendone così di comprenderne il significato più profondo. In questo modo, Marco offre la possibilità di rispondere alle domande centrali: Chi è Gesù e chi è il discepolo, che nel vangelo sono due aspetti inscindibili: la rivelazione del mistero di Gesù e la manifestazione progressiva del cuore delle persone, costrette a confrontarsi con un ambiente ben preciso, Roma della seconda metà del I secolo, multiculturale e alle prese con le prime persecuzioni dei cristiani. Gesù è il Messia-salvatore, non secondo le attese e prospettive umane, ma seguendolo sulla via della croce che condurrà poi alla risurrezione. Il Vangelo nasce dalla comunità che si interroga sul significato per l’oggi della vita e della morte di Gesù. La comunità primitiva vive nella gioia dello Spirito nuovo donato da Cristo e cerca di comprendere come il carpentiere di Nazareth finito sulla croce, possa essere l’inizio di una vita nuova.

La festa di san Marco che oggi celebriamo, si colloca all’interno del tempo pasquale che illumina il senso e il significato di tutta la storia dell’umanità e dell’esistenza di ogni persona. Noi crediamo che Gesù di Nazareth, rifiutato e crocifisso, è stato da Dio risuscitato; Egli è vivo, il vivente. E’ un’esperienza incominciata due mila anni fa e che continua anche ai nostri giorni. San Marco e noi siamo un germoglio spuntato dall’albero della croce gloriosa di Gesù risorto. Un messaggio che non è sempre facile da accogliere e che il mondo, ripiegato su se stesso, spesso rifiuta; ecco perché ha bisogno di essere proclamato e annunciato da noi. Proprio per questo, Gesù risorto, prima di salire al cielo e di sottrarsi alla nostra esperienza sensibile, ci ha donato lo Spirito Santo perché potessimo continuare nel mondo e nei secoli la sua missione di annunciatori dell’amore e della salvezza di Dio. “Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato” (Marco 16,15-16). Gesù, con la risurrezione ha diffuso in tutto il mondo la sua forza rinnovatrice, offrendo l’amore di Dio Padre, “il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità” (1 Timoteo 2,4), la speranza di una vita migliore e l’amore per il creato. Tale messaggio per attuarsi nella storia, ha bisogno di noi e della nostra collaborazione, per portare i gesti d’amore negli ambienti esistenziali della nostra vita. Salito Gesù al cielo, incomincia la storia della Chiesa: gli apostoli vanno e fanno quello che ha fatto Gesù. La storia dei testimoni del Risorto è ‘compimento’ di ciò che ancora manca alla pienezza di Cristo, perché la redenzione sia pienamente compiuta. Gesù oggi, agisce mediante noi, con il mio nome, con il tuo nome, perché Gesù ha il nostro volto e agisce con le nostre mani.

Il tempo che stiamo vivendo è ancora un tempo non facile, per la nostra città e il nostro territorio. Penso alla crisi occupazionale e alla necessità di sostenere in maniera concreta, anche da parte degli istituti di credito, imprese ed aziende perché possano creare occupazione, in particolare per i tanti giovani ancora privi del lavoro. Altre sfide attendono la nostra città, quali l’accoglienza dignitosa dei numerosi profughi che raggiungono ancora il nostro territorio, valorizzando il ricco patrimonio di solidarietà della città e diocesi; la domanda di assistenza e vicinanza di persone anziane; la collaborazione di tutti per una nuova cultura della custodia e salvaguardia del territorio e del creato. Penso anche alla profonda crisi di identità e di valori che spingono molti giovani a non accogliere la gioia del matrimonio e a tante famiglie che si chiudono in se stesse, generando denatalità e decrescita costante e preoccupante.

Carissimi tutti, vi invito a non subire la crisi, ma ad alzarvi e camminare, perché la crisi può diventare un nuovo inizio. Numerose persone, gruppi e istituzioni, anche a Pordenone, lo stanno facendo. Sono sotto i nostri occhi gli sforzi che si stanno compiendo, lavorando insieme, per accogliere i profughi; la cura paziente e competente di persone con fragilità: diversamente abili, carcerati, famiglie in difficoltà; l’attenzione all’ambiente e alla salute; l’offerta di nuove opportunità occupazionali; eventi culturali usufruibili a tutti e luoghi di aggregazione, di sport e di sano divertimento. Invochiamo, attraverso l’intercessione del patrono san Marco, luce e coraggio per gli amministratori, affinché possano affrontare le piccole e grandi questioni della vita cittadina, provvedendo concretamente al bene comune.

Il ricordo della fine dell’ultimo conflitto mondiale ci spinga a lavorare tutti insieme, con rinnovato vigore, per la pace, la concordia tra i popoli e per la costruzione di una convivenza pacifica tra di noi. Dio benedica il nostro Paese e la nostra città. Ci doni un cuore accogliente aperto a tutte le sofferenze e necessità della persone, solidale e capace di autentica condivisione. “Vivere fino in fondo ciò che è umano e introdursi nel cuore delle sfide come fermento di testimonianza, in qualsiasi cultura, in qualsiasi città, migliora il cristiano e feconda la città” (EG 75).

 

 

                                               + Giuseppe Pellegrini

                                                           vescovo

Pordenone
25/04/2017
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia