Omelia messa per la Giornata della pace – Pordenone 1 gennaio 2015

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Omelia messa per la Giornata della pace 

Pordenone 1 gennaio 2015

Non più schiavi ma fratelli

 

All’inizio del nuovo anno, dopo una notte di fuochi d’artificio e per molti anche di eccessi, è particolarmente bello e significativo porre il cammino personale sotto lo sguardo buono di Dio che accompagna con amore e benevolenza la nostra vita verso giorni di serenità e di pace e anche sotto lo sguardo di Maria, che la Chiesa oggi venera come Madre di Dio, Lei, la prima dei credenti. Siamo invitati tutti ad aprirci alla misericordia del Padre, perché non manchi a nessuno il bene, perché non prevalga la tristezza e perché possiamo avere tutto quello che è necessario e che ci serve per affrontare con serenità i giorni che ci stanno davanti. Desideriamo infatti che gli auguri di ‘Buon Anno’ che ci siamo scambiati, non siano solo espressione di circostanza, ma che alle parole seguano dei fatti concreti. La pace, Shalom , sia per tutti uno stile di vita che intendiamo accogliere dal Signore e vivere nelle relazioni quotidiane tra di noi.

La Benedizione di Aronne che ci è stata proposta nelle prima lettura, non è semplicemente una formula augurale di buon anno, perché è Dio che ci benedice, e Lui realizza sempre ciò che dice e ci promette. Dio mantiene sempre la parola data, è presente, ascolta le nostre suppliche, ci custodisce, ci protegge e desidera ardentemente il nostro bene. Così infatti si conclude la benedizione: “Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace” (Numeri 6,26). Questa è la pace che desideriamo, perché viene da Lui e non è solo il prodotto delle nostre azioni e dei nostri progetti. Infatti, la bontà della nostra vita e dell’anno che ci sta davanti sono un dono gratuito di Dio, che dalla creazione, dal dono del suo Figlio Gesù e per tutta l’esistenza dell’umanità ci viene incontro. “Dio mandò il suo Figlio – ci ricorda san Paolo nella lettera ai Galati – nato da donna, nato sotto la legge … perché ricevessimo l’adozione a Figli. … Quindi non sei più schiavo ma figlio, e se figlio, sei anche erede per gloria di Dio” (4,4-7). Il fondamento del nostro essere fratelli è dato dalla comune figliolanza con Dio, Questo è anche il significato del tema che papa Francesco ha scelto per la 48° Giornata mondiale della pace: Non più schiavi, ma fratelli.

Per camminare nella vita e per vivere bene questo nuovo anno, ci ricorda san Paolo, è necessario essere consapevoli di essere figli, di essere liberi e non schiavi! Non è facile nemmeno ai nostri giorni essere liberi, perché facciamo fatica a considerarci figli dello stesso Padre e dunque fratelli tra di noi. All’inizio del messaggio per questa giornata mondiale della pace papa Francesco ci dice: “Prego in modo particolare perché, rispondendo alla nostra comune vocazione di collaborare con Dio e con tutti gli uomini di buona volontà per la promozione della concordia e della pace nel mondo, sappiamo resistere alla tentazione di comportarci in modo non degno della nostra umanità” (n.1). Carissimi, anche oggi, molti non sono capaci di resistere alla tentazione di schiacciare l’altro, di sentirsi superiore perché si possiedono più beni, calpestando così sistematicamente la dignità, la libertà e l’autonomia di tante donne, uomini e bambini. Purtroppo – continua papa Francesco nel suo messaggio – la sempre diffusa piaga dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo ferisce gravemente la vita di comunione e la vocazione a tessere relazioni interpersonali improntate a rispetto, giustizia e carità. Tale abominevole fenomeno, che conduce a calpestare i diritti fondamentali dell’altro e ad annientarne la libertà e dignità, assume molteplici forme sulle quali desidero brevemente riflettere, affinché, alla luce della Paola di Dio, possiamo considerare tutti gli uomini “non più schiavi, ma fratelli” (n.1). Addirittura oggi sembra una debolezza parlare di amore verso l’altro, di pace e solidarietà, di rispetto delle idee altrui. L’uomo è forte quando si impone, arrivando fino all’annientamento delle idee e delle persone. Ma il progetto di Dio sull’umanità è ben altro. Siamo fatti a sua immagine, siamo della stessa origine, in relazione fraterna gli uni con gli altri, nella piena valorizzazione delle differenze. “Ci vuole coraggio – ha detto papa Francesco in occasione dell’incontro di preghiera con il presidente dello stato d’Israele Simon Peres e il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen – per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no all’ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. Per tutto questo ci vuole coraggio e grande forza d’animo”. E’ questa la vera immagine dell’uomo forte, di chi sa costruire veramente la convivenza umana.

Papa Francesco nel suo messaggio si sofferma a considerare i molteplici e diversi volti delle schiavitù di oggi, “milioni di persone, bambini, uomini e donne di ogni età, vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù” (n. 3). Parla di lavoratori e lavoratrici, anche minori, asserviti nei diversi settori di produzione; di molti migranti detenuti in condizioni di vita a volte disumane e indegne; di persone costrette a prostituirsi; di minori e adulti fatti oggetto di traffico per l’espianto di organi o per essere arruolati come soldati o costretti all’accattonaggio o a attività illegali; di coloro che vengono rapiti da gruppi terroristici. Alla base di tutto c’è il rifiuto, la non considerazione dell’umanità dell’altro. Di fronte alla grotta di Betlemme siamo tutti invitati ad alzare lo sguardo al cielo e riconoscerci tutti fratelli, figli dello stesso Padre e appartenenti all’unica famiglia umana. Cominciamo noi, carissimi, a partire dalle nostre famiglie, nei nostri ambienti di lavoro e di vita ad accogliere il messaggio di amore, di misericordia e di conversione che il Vangelo ci propone, cambiando concretamente il nostro modo di considerare il prossimo, riconoscendo nell’altro, chiunque esso sia, un fratello e una sorella in umanità, superando la globalizzazione dell’indifferenza e trasformandola in una globalizzazione della solidarietà e della fraternità (cfr. Messaggio…,6).

Concludo con alcuni passaggi della preghiera per la pace di papa Francesco:

“Signore, aiutaci Tu!  Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace.

Apri i nostri occhi e donaci il coraggio di dire: “mai più la guerra”.

Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace.

Rendici disponibili ad ascoltare il grido di chi chiede di trasformare le armi in strumenti di pace.

Tieni accesa in noi la fiamma della speranza per compiere scelte di dialogo e riconciliazione. Amen”.

 

                                                           + Giuseppe Pellegrini

                                                                       vescovo

Pordenone
01/01/2015
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia