Diocesi Concordia-Pordenone
Ritiro del clero
Seminario, 16 settembre 2021
Alla scuola della prima comunità cristiana – ATTI 15,1-35
Iniziamo insieme, presbiteri, diaconi e seminaristi, nella preghiera e nella riflessione e il nuovo Anno Pastorale 2021-2022, lasciandoci rimettere in cammino dal Signore Gesù, il Risorto e il vivente, come aveva fatto con i suoi discepoli, per portare a tutti e in tutto il mondo il suo Vangelo si salvezza e di liberazione. Non siamo ancora usciti da questi tragici mesi vissuti nella pandemia. Le indicazioni, i suggerimenti e anche gli obblighi non sono mancati e talvolta ci hanno un po’ scombussolati. Sappiamo però che sono sempre per il nostro bene e per il bene di tutte le persone che incontriamo nel ministero. Così anche la vaccinazione, al di là di paure e dubbi, sappiamo essere necessaria, in particolare per noi sacerdoti e diaconi, chiamati alla relazione e all’incontro con gli altri.
È un cammino particolare che la Chiesa ci invita a compiere: un cammino sinodale per aprirci ancora di più alla novità del Vangelo, per accoglierlo nella nostra vita mettendo in atto una autentica conversione personale che ci aiuterà a ridare vigore e freschezza alle nostre comunità parrocchiali, rinnovando la pastorale. Il cammino sinodale, in questa prima fase, ci porta a metterci in ascolto delle persone e del loro vissuto, attenti a quanto lo Spirito suggerisce alle nostre comunità. Come ho scritto nella lettera pastorale, papa Francesco nel discorso per i 50 anni del Sinodo dei vescovi, ricordava che: “una Chiesa sinodale è una chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare è più che sentire. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare”. Ci mettiamo in ascolto, noi per primi, della Parola di Dio e della vita delle prime comunità cristiane che ci fanno da guida, suggerendoci il cammino da percorrere e il metodo da attuare, con lo stile dell’ascolto.
Anche la prima comunità cristiana ha vissuto momenti di crisi e di fatica. Ci confrontiamo per il cosiddetto Concilio di Gerusalemme: ATTI 15, 1-35. Lasciamoci guidare anche noi dal soffio e dalla potenza dello Spirito Santo.
1 Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: “Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati”. 2Poiché Paolo e Barnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. 3Essi dunque, provveduti del necessario dalla Chiesa, attraversarono la Fenicia e la Samaria, raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli. 4Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani, e riferirono quali grandi cose Dio aveva compiuto per mezzo loro. 5Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: “È necessario circonciderli e ordinare loro di osservare la legge di Mosè”.
6Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.7Sorta una grande discussione, Pietro si alzò e disse loro: “Fratelli, voi sapete che, già da molto tempo, Dio in mezzo a voi ha scelto che per bocca mia le nazioni ascoltino la parola del Vangelo e vengano alla fede. 8E Dio, che conosce i cuori, ha dato testimonianza in loro favore, concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi; 9e non ha fatto alcuna discriminazione tra noi e loro, purificando i loro cuori con la fede. 10Ora dunque, perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare? 11Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati, così come loro”.
12Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare Bàrnaba e Paolo che riferivano quali grandi segni e prodigi Dio aveva compiuto tra le nazioni per mezzo loro.13Quando essi ebbero finito di parlare, Giacomo prese la parola e disse: “Fratelli, ascoltatemi. 14Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere dalle genti un popolo per il suo nome. 15Con questo si accordano le parole dei profeti, come sta scritto:16 Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la tenda di Davide, che era caduta; ne riedificherò le rovine e la rialzerò,
17 perché cerchino il Signore anche gli altri uomini e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio nome,
dice il Signore, che fa queste cose,8 note da sempre.19Per questo io ritengo che non si debbano importunare quelli che dalle nazioni si convertono a Dio, 20ma solo che si ordini loro di astenersi dalla contaminazione con gli idoli, dalle unioni illegittime, dagli animali soffocati e dal sangue. 21Fin dai tempi antichi, infatti, Mosè ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe”.
22Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Barnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. 23E inviarono tramite loro questo scritto: “Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! 24Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. 25Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, 26uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. 27Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. 28È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: 29astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!”.
30Quelli allora si congedarono e scesero ad Antiòchia; riunita l’assemblea, consegnarono la lettera. 31Quando l’ebbero letta, si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva. 32Giuda e Sila, essendo anch’essi profeti, con un lungo discorso incoraggiarono i fratelli e li fortificarono. 33Dopo un certo tempo i fratelli li congedarono con il saluto di pace, perché tornassero da quelli che li avevano inviati. 35Paolo e Barnaba invece rimasero ad Antiòchia, insegnando e annunciando, insieme a molti altri, la parola del Signore.
Per comprendere il significato profondo di questo racconto, è necessario inserirlo nel contesto del libro degli Atti degli apostoli. Siamo al centro del libro e si racconta del cosiddetto concilio di Gerusalemme, dove si doveva risolvere una questione teologica, spirituale e disciplinare, molto delicata e di vitale importanza per la stessa sopravvivenza del cristianesimo. Nel racconto vengono ricordate due località: Antiochia e Gerusalemme. La Chiesa di Antiochia, prima comunità mista formata da giudei e pagani e responsabile del primo viaggio missionario di Paolo e Barnaba, è il luogo dove nasce la disputa e poi destinataria delle decisioni prese. Gerusalemme è la sede della Chiesa madre, dove si radunano gli apostoli e luogo dove si celebra l’assemblea e si prendono le decisioni.
La struttura del racconto è lineare:
- Il crescendo del conflitto: vv.1-5
- L’assemblea di Gerusalemme, dibattito e decisioni: vv.6-29
- Ricomposizione del conflitto e ritorno ad Antiochia: vv.30-35.
Note per la lettura e la comprensione del testo
° Nella comunità di Antiochia avvengono delle divergenze che rischiano di spaccare pesantemente la comunità. Alcuni giudei che si spacciano per rappresentanti della Chiesa di Gerusalemme affermano che è necessario per essere cristiani farsi circoncidere e osservare tutta la Thorah. Paolo e Barnaba e quelli cresciuti alla loro scuola sono di tutt’altra opinione. La questione in gioco non è solamente l’osservanza di qualche precetto in più, ma affermare con chiarezza che è il dono della fede in Gesù Cristo che ci salva, aprendo l’accesso alla missione anche ai pagani. Pertanto è necessario andare alla comunità madre di Gerusalemme, dove si trovano gli apostoli, per risolvere la controversia. Il viaggio dei delegati antiocheni verso Gerusalemme è motivo per narrare la conversione dei pagani e la grande gioia di fronte al compiersi del disegno salvifico divino.
° L’assemblea gerosolimitana è il momento di dibattito e di discernimento del problema sollevato. Si riuniscono gli apostoli e i presbiteri, responsabili della comunità, in forma collegiale, per prendere in esame la questione. Attraverso la rilettura teologica dell’episodio di Cornelio, fatta da Pietro, emerge chiaramente la convinzione che Dio è all’origine dell’ingresso dei pagani nella comunità di salvezza, senza le condizioni richieste dai giudaizzanti. La narrazione dell’opera di Dio tra i pagani da parte di Paolo e Barnaba, non fa che riprendere e confermare le affermazioni di Pietro. L’interpretazione autorevole di Giacomo, dopo aver confermato e precisato l’intervento di Pietro, mostra ciò che Dio ha compiuto a favore dei pagani, trova conferma nelle Scritture. Nel processo di discernimento, è prioritaria l’esperienza dell’iniziativa divina nella storia fatta risaltare dalla narrazione teologica. Non sono dunque le Scritture a dettare come Dio deve agire, ma piuttosto l’agire divino nella storia che detta come devono essere rilette le Scritture. Con altre parole anche noi oggi, spesso diciamo che nel processo di discernimento è fondamentale partire dalla vita e dal vissuto delle persone, dalla storia, per poi verificarli e confrontarli con la Parola di Dio e della Chiesa. Dopo la conferma scritturistica, Giacomo trae la conclusione della sua riflessione, esprimendo in modo autorevole la sua decisione d non imporre nessuna prescrizione ai pagani. A questa affermazione Giacomo aggiunge la proposta di comunicare per iscritto le decisioni che prenderà l’assemblea, aggiungendovi alcune clausole. Non per rimettere in vigore la legge mosaica, ma per favorire la fraternità, la convivenza e la comunione di mensa tra i cristiani di provenienza giudaica e quelli di provenienza pagana. Al giudizio di Giacomo e alla sua autorevole proposta, segue immediatamente la decisone ufficiale: “E’ parso bene, infatti, allo Spirito santo e a noi di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie” (v. 28), assunta collegialmente dagli apostoli, dai presbiteri e da tutta l’assemblea ecclesiale, riguardante pure l’invio di una delegazione e di una lettera alla comunità di Antiochia.
° Arrivata la delegazione ad Antiochia, viene consegnata la lettera alla comunità. Essa viene letta pubblicamente, e provoca da parte dell’assemblea una reazione di gioia, consapevoli che vi ha operato lo Spirito Santo. Essi vedendo accolto il piano di Dio nella loro vita e si sentono riconosciuti, in modo autorevole, come cristiani in piena regola. I due delegati, Giuda e Sila, dopo una breve permanenza ad Antiochia vengono congedati con il saluto della pace, facendo ritorno a Gerusalemme.
Alcune linee di attuazione
Presento qualche semplice considerazione, non tanto a livello pratico di attività o scelte pastorali, ma desidero evidenziare alcuni atteggiamenti e comportamenti, per noi responsabili del cammino di fede della nostra gente, per favorire un autentico discernimento e per nuove opportunità di annuncio del Vangelo nelle nostre comunità. Il cammino sinodale che abbiamo cominciato e che ora entra nella fase di ascolto, ci aiuti ad accogliere il soffio dello Spirito Santo, portatore di nuova vitalità, di entusiasmo e di coraggio nel rimetterci in cammino.
- Necessità di discernere il disegno divino della salvezza
- Comunione e fraternità nella diversità
- Narrare ciò che Dio ho operato
° Di fronte alla tentazione della prima comunità cristiana di chiudersi vincolando la salvezza alla appartenenza al popolo giudaico, Pietro e Giacomo si rifanno al disegno di salvezza che Dio ha per l’umanità e rivelato in Cristo, come afferma Pietro: “In verità sto rendendomi conto che Dio non fa referenza di persona, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga” (Atti 10,34-35). Dio agisce potentemente ma spesso nascostamente nella storia. Sta a noi, con ascolto e pazienza decifrare e rileggere l’azione divina. È un compito che non è mai concluso e che anche oggi rimane aperto per un a comunità cristiana che voglia restare fedele al Dio della salvezza. Ecco allora il compito che oggi le comunità cristiane e i singoli credenti sono chiamati a fare: discernere nella vita delle persone, nelle vicende dell’umanità e della Chiesa l’iniziativa nascosta di Dio che opera per la salvezza di tutti. Esercizio non facile che, mentre domanda l’attenzione ai fatti e alla loro faticosa rilettura, deve continuamente far ricorso all’ascolto e alla comprensione attenta delle Scritture per cogliere le costanti dell’agire di Dio nella vita e nella storia di oggi. Possiamo così comprendere l’insistenza in questi anni di papa Francesco sulla necessità per la Chiesa di un autentico discernimento della volontà di Dio per dare slancio e vigore all’annuncio del Vangelo, per far conoscere a molte più persone la bellezza e la gioia del messaggio cristiano: Dio ci ama e ci vuol bene, si appassiona alla nostra vita e alla storia di oggi. Non si potrà rinnovare la Chiesa e la vita delle nostre comunità se non si ha il coraggio di “entrare in un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma” (Evangelii Gaudium 30). Ai numero 50 e 51 papa Francesco parla di discernimento evangelico, che si nutre della luce e della forza dello Spirito Santo, che implica riconoscere, interpretare e scegliere, cercando di scoprire quello che il Signore ha da dire in ogni circostanza. Il discernimento non è avere buon senso o virtù della prudenza o semplice capacità di giudizio corretto, ma esercizio della nostra libertà nel prendere decisioni per comprendere la volontà di Dio nella vita e nella storia. Mai come oggi sentiamo la necessità di un autentico discernimento per la vita della Chiesa e nel cammino pastorale della diocesi e delle nostre parrocchie. E anche se è difficile e costa fatica, invito tutti ammetterlo in atto, se non si vuol essere preda di autoritarismo o di un lasciar fare, perché si è sempre fatto così!
° Un altro atteggiamento che balza all’evidenza nell’assemblea gerosolimitana, e necessario ugualmente per noi, consiste nella capacità di comunicazione e di dialogo, pure in presenza di tensioni e conflitti. Spesso quando ci si trova in queste situazioni si preferisce tacere ed evitare il confronto per la paura che la parola faccia emergere con più forza le diversità e le contrapposizioni. Un silenzio che perpetua irrigidimenti, sospetti reciproci e progressive lontananze che sono la reale minaccia per l’unità ecclesiale. Vi invito a non tralasciare mai il confronto, che ci chiede la capacità non solo di presentare le proprie posizioni ma anche di ascoltare con libertà interiore e con carità evangelica le ragioni e le esperienze dell’altro. Questo ascolto domanda l’intelligenza del comprendere e insieme la buona disposizione interiore nei confronti dell’altro. Ma un ascolto ancora più alto e particolare è richiesto all’ascolto del disegno di Dio che si rivela nella storia e nella Chiesa. Porsi in ascolto della volontà di Dio attraverso la rilettura della Parola e dell’agire di Dio nella storia, diventa il momento decisivo e più difficile della comunicazione ecclesiale e del discernimento. Non è mai facile prendere le distanze dalle prospettive particolari e dalle posizioni parziali che ciascuno vuole difendere. L’assemblea di Gerusalemme ha messo in luce in maniera evidente la convivenza rispettosa delle diversità. Paolo, pur sapendo che “non esiste al mondo alcun idolo e che non c’è alcun dio” (1 Corinzi 8,4), consapevole che ci possono essere alcuni cristiani deboli per la cui fede potrebbe costruire scandalo, accetta le limitazioni della carità che rispetta la sensibilità e la debolezza di altre persone. Un discorso che riguarda anche me vescovo e noi preti e diaconi, soprattutto nelle relazioni fraterne. Quanta fatica ad accettare idee, comportamenti, scelte pastorali e modi di fare diversi. Quanto chiacchiericcio, battute, giudizi, pensando di avere in tasca la verità. Una regola d’oro, che funzione: faccio io il primo passo.
° È interessante notare quante volte, nel testo, viene menzionato l’atto del narrare che incontra l’ascolto attento e suscita la gioia nella comunità dei cristiani. Al centro della narrazione sta quello che Dio ha fatto per mezzo dei testimoni nelle diverse esperienze missionarie o quello che ha operato in situazioni di pericolo, difficoltà e persecuzioni. Il narrare ‘teologico’ diventa mezzo di condivisione per riconoscere l’opera di Dio nella storia della salvezza, e non per mettere in luce il nostro operato e le nostre capacità. Una particolarità che diventa essenziale nella comunione e nello scambio tra Chiese. L’accresciuta coscienza ed esperienza missionaria dovrà esprimersi sempre più nei legami che Chiese di antica origine creano con altre Chiese dei paesi di missione, attraverso l’invio di presbiteri e laici e nei ponti di solidarietà che gruppi, associazioni e parrocchie stabiliscono con comunità cristiane di nazioni più povere. Perché questi legami non rischino di rimanere soltanto a livello di efficienza e attraverso l’invio di personale e di beni materiali ed economici, è fondamentale che siano sostenuti dalla parola che narra quanto Dio sta operando nella vita delle persone e delle nuove comunità. Si tratta di rileggere l’esperienza delle nuove comunità, per cogliervi l’iniziativa e l’amore di Dio che è all’opera. Solo così la missione e lo scambio tra le Chiese potrebbe essere una fonte di arricchimento e rinnovamento reciproco. Mentre le Chiese e le comunità di lunga tradizione cristiana portano in dono la ricchezza della loro esperienza e la generosità di persone e di beni, riceverebbe in cambio dalle giovani Chiese freschezza e entusiasmo nel vivere la fede e lo sforzo di incarnare il Vangelo in forme di vita e tradizioni differenti.
+ Giuseppe Pellegrini, vescovo