Omelia nella Festa del Ringraziamento Pordenone, 10 novembre 2013

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Omelia nella Festa del Ringraziamento

Pordenone, 10 novembre 2013

Carissimi fratelli e sorelle, in questa XXXII domenica del tempo ordinario che la Chiesa Italiana dedica alla Giornata nazionale del Ringraziamento, siamo chiamati a una riflessione profonda sul valore della terra e dei suoi frutti; riflessione illuminata dalla Parola di Dio.
Testimoniare la vita di fede è sempre impegnativo. Diventa durissimo nei momenti di persecuzione com’è riportato dal brano del secondo libro dei Maccabei che abbiamo ascoltato come prima lettura (2Mac 7,1-2.9-14). Non è, però, meno difficile la testimonianza di fede nella quotidianità della vita, come lo dimostra il brano del Vangelo di Luca (Lc 20,27-38). Sapere, infatti, che la nostra chiamata è per la vita eterna e che, di conseguenza, vivere questa vita come l’inizio e l’anticipo della vita futura, comporta un impegno di uomini e donne forti. Anche se ciò richiede responsabilità e conversione continua, noi possiamo vivere la nostra vita con questa impronta perché abbiamo ricevuto dallo Spirito il dono di una fede che si fa perseveranza nell’attesa di una certezza: la vita senza fine con Dio. Questo è il volto della nostra speranza, fondata sulla Parola di Dio “che non mente” (Tt 1,2).
Alla luce di questa fede vogliamo sostare per un momento di riflessione sulla festa del Ringraziamento, lasciandoci illuminare dalla Parola di Dio. Nella sua Parola – e più precisamente nella prima pagina della Genesi -, per mezzo dello scrittore sacro, Dio ci offre una (anche se non l’unica) chiave preziosa per comprendere il valore della terra: “Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie»”. (Gen 1,11). Con queste brevi parole Dio vuole dirci che la terra e i suoi prodotti sono primariamente una Parola di Dio diventata concretezza, diventata creazione, realtà che le nostre mani possono toccare. La terra e i suoi prodotti, dunque, vanno “ascoltati” perché sono altrettante parole che Dio rivolge a noi.
Spesso però le parole della terra e dei suoi frutti gridano al cospetto di Dio, come il sangue di Abele (Gen 4,10). Molte, infatti, sono le sofferenze che si nascondo dietro ai frutti della terra, come ci ricorda anche il messaggio della Commissione Episcopale:

– stima inadeguata per chi sceglie di fare l’imprenditore agricolo,
– burocrazia spesso lenta e impacciata nell’attuazione dei miglioramenti fondiari,
– credito non concesso,
– leggi non sempre all’altezza degli scopi che si prefiggono
– ed infine, ma non ultimo, lo sfruttamento che non tiene conto del rispetto e della dignità delle persone.

Oltre alle sofferenze dei lavoratori della terra, molti altri lavoratori soffrono per una grave crisi del tessuto produttivo del nostro territorio, quando improvvisamente viene a mancare il lavoro di grandi comparti industriali.
Le parole della terra, però, dicono anche che ci sono uomini audaci e generosi che hanno scelto di restare nei campi. Molti per convinzione e meritano di essere accompagnati con grande stima. Altri, invece, per rassegnazione. Altri ancora sono giunti alla nostra terra come immigrati. Per tutti le zolle della terra sono intrise del sudore e della fatica dell’uomo. Ma questo uomo non è solo. Il salmista, un uomo cha amava la terra come voi la amate, ringrazia Dio perché la potenza dell’Altissimo è passata attraverso le sue mani. Chi lavora la terra non è solo. C’è Dio con lui. Per questo motivo il salmista così prega: Tu Dio “così prepari la terra: ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli (Salmo 65). Da qui il dovere di essere, come ci ha ricordato papa Francesco “custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente” (Omelia di inizio del ministero petrino, 19 marzo 2013).
A questo canto si uniscono anche le nostre voci di riconoscenza verso Dio. La terra e i suoi frutti, infatti, ci donano il messaggio che Dio non si è stancato di noi. Accanto a questo messaggio ci donano anche altre Parole, ricche di sapienza e di speranza; parole che non possiamo lasciar cadere affinché il nostro grazie a Dio sia pieno. Di fatto la terra e i suoi frutti ci dicono diverse verità che appartengono alla nostra fede. Tra queste ne ricordiamo almeno due: – che la pazienza che accondiscende ai tempi della Provvidenza, ripaga sempre; – che l’accoglienza del seme è garanzia di generosità perché la terra accoglie un seme e restituisce una spiga.
Queste Parole che a noi giungono dalla terra e dai suoi frutti sono per noi consenso di quanto la Parola di Dio ci dice per mezzo di Paolo: il nostro corpo mortale, come il seme, verrà accolto nel grembo della terra, paziente e generosa, che nel giorno ultimo restituirà, per volontà e intervento di Dio, una spiga, cioè un corpo risorto, glorioso, incorruttibile e obbediente alle leggi dello Spirito (cfr 1Cor 15,42-44).
Grazie Signore per quella fede che sa accogliere i frutti della terra e sa ascoltarne le parole. Grazie terra, grazie uomini e donne che la custodite e alla quale vi dedicate.
Sia lodato Gesù Cristo!

 

+ Giuseppe Pellegrini

vescovo

Pordenone
10/11/2013
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia