Omelia nella ‘peregrinazione’ dell’urna di San Giovanni Bosco Pordenone, 25 novembre 2013

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Omelia nella ‘peregrinazione’ dell’urna di San Giovanni Bosco

Pordenone, 25 novembre 2013

È con grande gioia e riconoscenza al Signore che celebro questa sera la festa di San Giovanni Bosco nel giorno della peregrinazione della sua urna nella nostra diocesi. Saluto con affetto tutta la grande famiglia salesiana e tutti i giovani che trovano in don Bosco un Padre, un Maestro e un Amico. Giovanni Paolo II, nella lettera scritta alla famiglia salesiana Iuvenum Patris nel 1988, in occasione del centenario della morte di don Bosco, lo definiva “grande figlio della Chiesa, padre e maestro dei giovani, educatore santo … e in particolare “in questa lettera mi piace considerare di don Bosco soprattutto il fatto che egli realizza la sua personale santità mediante l’impegno educativo vissuto con zelo e cuore apostolico, che sa proporre, al tempo stesso, la santità quale meta concreta della sua pedagogia” (n. 5). Possiamo ben dire che don Bosco è un capolavoro della grazia di Dio, perché santi non si nasce, ma si diventa lasciando agire in noi l’amore di Dio che plasma e trasforma, a immagine del suo figlio, Gesù.
Le parole dell’apostolo Paolo: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto, siate lieti” (Filippesi 4,4), mettono in risalto il messaggio evangelico che san Giovanni Bosco ha accolto, ha vissuto e testimoniato in tutta la sua vita. Era solito dire ai suoi giovani: “Sta allegro, ma la tua allegria sia quella di una coscienza monda dal peccato”. Il servizio della Chiesa e di ogni cristiano verso tutte le persone deve essere caratterizzato dalla gioia e dalla cordialità; una gioia che nasce da un cuore carico di amore per Cristo e per ogni persona, in particolare per chi vive in situazione di dolore e di povertà. La missione che ci è stata affidata nasce dalla consapevolezza che siamo chiamati, nel nostro servizio di educatori, a testimoniare con la coerenza della vita il messaggio e il vangelo di Gesù, che è la ‘buona notizia’ per tutti. L’amore di Dio si riversa abbondantemente su tutti, senza distinzioni, anche su chi apparentemente può sembrare disinteressato, lontano. A noi far leva su quel po’ di disponibilità e di bontà che ognuno si porta dentro, per riaccendere nel suo cuore quel lucignolo fumante, consapevoli che la forza non viene da noi o da quello che facciamo ma, come dice san Paolo: “le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica” (Fil. 4,9). Sta davanti a noi l’esempio, la testimonianza di Gesù che, come ci narra il vangelo, invita i suoi discepoli a convertirsi per diventare come bambini; condizione indispensabile per far parte del Regno dei cieli! Ci troviamo di fronte ad un ordine di grandezza differente da quello solito, perché il bambino accolto si rivela essere Gesù stesso: “Chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me” (Matteo 18,5). Siamo invitati tutti a metterci davanti a Dio come un bambino davanti al padre, con lo stile di chi è piccolo, umile, di chi sa accogliere senza porre nessun ostacolo, mettendosi in un atteggiamento di servizio.
Ecco la conversione e il cambiamento che noi adulti siamo invitati a compiere, aiutati anche dalla testimonianza viva di don Bosco. Spesso noi adulti non vogliamo ammettere le difficoltà di dover cambiare il modo di essere e di rapportarci con le nuove generazioni. Oggi la crisi dell’educazione non sta nell’indifferenza o nel rifiuto da parte degli adolescenti e dei giovani, ma nel mondo adulto, privo spesso di veri valori di riferimento, di forza di testimonianza coerente, di ideali per cui impegnare la vita. Il santo dei giovani ci spinge a incontrarli, a stare insieme con loro, prima ancora di parlare, facendo loro sentire stima e apprezzamento per quello che sono, per quello che hanno dentro il cuore e che spesso non manifestano all’esterno, per timore di essere giudicati, o presi in giro, o non compresi nelle loro vere necessità. Scriveva don Bosco: “Uno solo è il mio desiderio, di vedervi felici nel tempo e nell’eternità”. Il buon educatore sa chiedere tanto ai giovani, come fa Cristo con il giovane ricco, invitandoli a essere capaci di cose grandi e meravigliose per se stessi e gli altri; a essere protagonisti in prima persona della propria crescita nella gioia e nel costante rinnovamento della vita. Ecco cosa significa accogliere nel suo nome bambini, ragazzi e giovani. Non è un generico abbraccio paternalistico quello di cui hanno bisogno, ma di segnali di stima, affetto e responsabilità nei loro confronti da parte dell’educatore adulto, testimone della vita buona del Vangelo e pronto a mettersi in gioco in ogni momento per imparare a camminare insieme con loro, non dandosi mai per vinto, anche di fronte al loro rifiuto. I giovani si conquistano con un amore forte e appassionato per Cristo, che è la fonte di amore profondo e convincente verso ciascuno di loro, perché l’educatore rimanda a Cristo e non li cattura per se stesso. E’ stato il Vangelo a suggerire a don Bosco l’amore per i più piccoli e per i più poveri. Era ancora ragazzo quando iniziò a radunare i suoi coetanei facendoli giocare e pregare. Sì, fu il Vangelo il suo primo e più autorevole maestro. E’ dal Vangelo, possiamo dire, capì la centralità dei giovani nella pastorale della Chiesa.
Carissimi, esprimo in particolare a voi tutti, membri della Famiglia Salesiana, l’auspicio che il grande insegnamento e la testimonianza di San Giovanni Bosco restino non soltanto fondanti il vostro carisma di servizio nella Chiesa e nella società, ma siano considerati stimolo continuo al rinnovamento della vostra vita, delle vostre comunità e della Chiesa in cui agite e operate con frutto. In questa peregrinazione dell’urna e nel decennio dedicato all’educazione, la Chiesa in Italia vi chiede un supplemento di impegno per testimoniare a tutti l’attualità e la luminosità del patrimonio educativo che don Bosco e i Salesiani nel mondo hanno sempre offerto e continuano ad offrire alla Chiesa e all’umanità intera. Lo avete sempre fatto con grande professionalità pedagogica e ministeriale, con umiltà e semplicità, ma anche con vigore intellettuale, morale e pastorale. La Chiesa di Concordia-Pordenone in particolare, che gode da molti anni della presenza e dell’attivo servizio di tanti e di tante di voi nella scuola, nell’oratorio e nella pastorale diocesana, vi rinnova oggi il suo più vivo “grazie”, sapendo che potrà contare ancora su di voi per una stagione nuova di rilancio dell’educazione e della pastorale a favore dei ragazzi e dei giovani. Carissimi, non abbiate paura di essere per la Chiesa e per l’umanità, proprio in questo momento particolare di emergenza educativa, un segno profetico, aprendo con coraggio nuove strade nell’educazione e formazione dei giovani. Grazie don Bosco di essere qui tra noi, grazie della tua fede e testimonianza. Com’è accaduto in tante parti del mondo, compi anche tra di noi quei prodigi di rinnovamento e conversione, soprattutto tra i giovani. Aiutaci a dare tutto noi stessi per il bene della gioventù!

 

Sia lodato Gesù Cristo!

+Giuseppe Pellegrini

vescovo

 

Pordenone
25/11/2013
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia