Omelia Ordinazioni Diaconali
Pordenone, 18 maggio 2014
La celebrazione eucaristica di oggi, così come avviene ogni domenica, ci aiuta a costruire sempre di più un’autentica comunità cristiana e a consolidare la nostra fede e la testimonianza nel mondo di Gesù risorto. Il Vangelo si sofferma sulla promessa di Gesù: “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore” (Giovanni 14,2). E’ una parola di consolazione e di speranza, perché ci indica la méta del cammino: il Regno di Dio dove siamo attesi e accolti, dove Gesù risorto ci spalancherà le porte e ci prenderà con sé, perché Lui è la via, l’unica via per arrivare al Padre. Anche noi però, come le prime comunità cristiane del Nuovo Testamento, siamo chiamati a vivere la fede dentro un mondo complesso e spesso ostile, nella ricerca di dare un vero senso alla vita, di orientare le scelte non verso una felicità a corto raggio, dove dimora spesso angoscia e dolore, ma verso l’infinito amore di Dio che riempie l’abisso delle nostre fragilità e debolezze. Ecco perché ci fa bene e ci riempie il cuore di gioia sentirci dire da Gesù: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (14,1). Gesù – come ci ricorda l’apostolo Pietro nella seconda lettura – è la pietra solida, sopra la quale si struttura e si organizza la comunità dei credenti, chiamata a vivere il vangelo e a testimoniarlo nella vita concreta di ogni giorno. Tutti noi, sacerdoti e diaconi, consacrati e consacrate, fedeli laici, attraverso il battesimo formiamo la Chiesa e siamo “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato…” (1 Pietro 2,9).
Siamo la Chiesa fondata su Cristo che vive nel tempo, chiamata ad essere attenta ai ‘segni dei tempi’ e ai bisogni e alle necessità delle persone. Una Chiesa che è di Cristo ma affidata alle nostre mani e al nostro cuore! Ecco perché è bello e significativo che proprio oggi, nel giorno dell’ordinazione diaconale di Luca, Andrea e Giancarlo, la liturgia ci proponga anche il testo del capitolo sesto del libro degli Atti degli Apostoli che ci narra la costituzione di sette uomini nel ministero della carità. Sappiamo bene che san Luca non descrive propriamente una ‘ordinazione diaconale’, ma ci presenta l’istituzione da parte degli Apostoli – “dopo aver pregato, imposero loro le mani” (Atti 6,6) – di un nuovo ministero particolare nella Chiesa. Un ministero che viene presentato per ben tre volte come diaconìa, servizio, che per voi ordinandi diaconi e per tutti noi presbiteri ci ricorda l’importanza nella Chiesa e nella comunità del metterci a servizio degli altri. Il testo ci aiuta a mettere in luce un altro aspetto particolare, un’altra necessità della comunità primitiva e anche delle nostre comunità, che possiamo definire come il servizio alla comunione. La prima comunità di Gerusalemme è composta da diversi gruppi; qui ne vengono menzionati due: quelli di lingua greca e quelli di lingua ebraica. Diversi tra loro non solo per lingua, ma per provenienza, tradizioni, cultura e anche per organizzazione interna. Naturalmente tutto ciò, con l’aumentare delle persone, fece esplodere del malumore, delle divisioni. L’ideale della comunione, fondamentale e necessario per formare la Chiesa, viene messo in crisi, proprio perché è esposto a pericoli di fratture, è sottomesso a tensioni generate da diversità di vedute. Interessante notare nel testo il percorso che porta alla soluzione del conflitto e al recupero della comunione. Poiché è in gioco l’unità di tutta la comunità, tutta la comunità è chiamata a collaborare al superamento del problema: alcuni ricevevano più di altri. Così i primi cristiani sono riusciti a vivere lo scandalo trasformandolo da realtà negativa a una positiva, facendo nascere un nuovo carisma, un nuovo ministero nella Chiesa: il servizio caritativo! La prima comunità è stata capace, sostenuta dalla forza dello Spirito, a vivere concretamente il ‘mistero pasquale’, operando un passaggio dalla morte alla vita e avendo come unico criterio per la soluzione della crisi la ricerca della fedeltà a Dio, ciò che a Lui è gradito. In questo modo viene istituito agli inizi della Chiesa il ministero della carità che possiamo anche definire un ministero a servizio dell’unità e della comunione. Solo una comunione che ha come punto centrale la fedeltà a Dio, potrà ridare slancio missionario e possibilità di crescita alla comunità. Significative poi le qualità che vengono richieste a questi sette uomini: devono essere “uomini di buona reputazione”, poiché hanno a che fare con il denaro e le donazioni della comunità. Inoltre devono essere “pieni di Spirito e di sapienza”, operando così un retto discernimento di fronte alle scelte. Il fatto che debbano essere “pieni di Spirito”, sta ad indicare che l’azione dello Spirito Santo ha preceduto la scelta fatta dalla comunità.
Carissimi ordinandi Luca, Andrea e Giancarlo. Non vi ho detto questo per creare in voi paura o ansia. Ma per mettervi davanti la grande responsabilità che vi assumete: esser costruttori, tessitori di comunione e di unità all’interno della Chiesa diocesana, del seminario e delle comunità parrocchiali. Una comunione, come ho ricordato, che si fonda sulla fedeltà di Dio e sulla fedeltà a Dio. La comunione non è data dalle tecniche o dalle capacità organizzative, ma si fonda sulla convinzione che solo nell’unione vera e profonda con Gesù, solo nella comprensione della sua volontà, è possibile esercitare oggi un autentico ministero nella Chiesa. Messi a contatto, con l’ordinazione diaconale, con il corpo e sangue di Cristo, siete chiamati a conformare tutta la vostra vita a Lui e a annunziare con le parole e le opere il suo vangelo. Vi invito tutti a rileggere con attenzione e con profonda partecipazione le numerose indicazioni che Papa Francesco, quasi quotidianamente ci rivolge, per essere autentici testimoni del risorto, convinti evangelizzatori nel mondo di oggi, con uno stile di vita pienamente evangelico! Esprimerete fra poco alcuni impegni che l’ordinazione diaconale comporta; in particolare l’impegno della preghiera quotidiana con la Liturgia delle Ore; la scelta definitiva della castità e del celibato, come segno della possibilità di istaurare rapporti nuovi, con cuore libero ed indiviso, per dedicarvi a Dio e ai fratelli. Ricordatevi però che non sono scelte fatte una volta per tutte. Vanno vissuta quotidianamente e rinnovate giorno per giorno, sostenute con la preghiera e la carità. Carissimi ordinandi, amate in particolare le persone più deboli, quelle che, agli occhi della gente, contano meno, quelle escluse dagli altri. Non abbiate paura di stare tra la gente, cercatela, andate dove vive, dove si trova. Non chiudetevi tra di voi. La Chiesa non è un club privato.
Gesù è la via per arrivare al Padre. L’unica. Le altre sono solo delle scorciatoie che ci illudono. Lui è la via che siamo invitati a percorrere, accogliendo la sua persona come centro della nostra vita. Vivete sempre così e sarete le persone più contenti e più felici.
Ringraziamo il Signore per il grande dono che oggi fa alla nostra Chiesa di Concordia-Pordenone. Un dono reso possibile anche dall’impegno e dalla preghiera delle comunità parrocchiali e dei sacerdoti, dal seminario e in modo particolare dai loro genitori e familiari.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo