Omelia Ordinazioni Presbiterali
Cattedrale Concordia 16 aprile 2016
Siamo nel tempo pasquale, la luce della risurrezione si fa sempre più viva, illuminando il nostro cammino e sostenendoci nelle fatiche e difficoltà di ogni giorno. Il primo sentimento che portiamo dentro di noi è di gratitudine verso il Signore per il dono che oggi fa alla nostra Chiesa di Concordia-Pordenone di tre giovani – Luca, Luca e Jonathan – che diventeranno presbiteri. Il presbiterato è una grazia singolare per l’esistenza e la vitalità stessa delle nostre comunità cristiane. Non dimentichiamo però che è sempre Lui, Gesù Cristo risorto, il protagonista e il datore di ogni dono per la vita della Chiesa e delle comunità. Attraverso il dono di tre nuovi sacerdoti, il Signore ci sta dicendo che non dobbiamo mai perdere la fiducia e la speranza, che non dobbiamo aver paura del futuro perché è Lui che guida e sorregge la Chiesa; che non dobbiamo scoraggiarci di fronte alla crisi della vita di fede e ai problemi che troviamo nell’annuncio del vangelo sul nostro territorio. Il Signore c’è, è all’opera ed è sempre fedele e oggi ce lo sta dimostrando. Lui ci è vicino, non ci perde di vista e cammina con noi, sostenendoci e donandoci la forza di proseguire sulla via che ci ha tracciato. Il nostro pensiero di gratitudine e di ringraziamento va anche a quanti hanno visto nascere, sostenuto e accompagnato la vocazione degli ordinandi: le famiglie, le varie comunità parrocchiali, non pochi sacerdoti, i parroci, i seminaristi con i loro formatori e i docenti, gli amici e tante altre persone a loro stessi note e meno note.
La Parola di Dio di questa IV domenica di Pasqua, giornata di preghiera per le vocazioni, ci invita a riconoscere la presenza di Gesù e a seguirlo con tutto noi stessi. E’ necessario, però, superare la tentazione di chiuderci in noi stessi, nel nostro gruppetto; di accontentarci di corti e piccoli orizzonti. “Io ti ho posto – ci ha ricordato il Signore nella prima lettura – per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra” (Atti 13,47). La risurrezione di Cristo, ci ha ricordato il libro dell’Apocalisse, abbattendo ogni separazione, ci permette di accogliere la salvezza e di accedere alla vita eterna: “vidi una moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (7,9). Gesù nel Vangelo ci ha ricordato che siamo sue pecore, chiamati ad ascoltare la sua voce di pastore, che ha cura di ciascuna e non lascia che siano strappate dalle mani del Padre. Queste parole del capitolo decimo di Giovanni sono pronunciate da Gesù nella cornice della festa della Dedicazione del tempio. I giudei vogliono sapere da Gesù se Lui è il vero Messia. Gesù risponde che sono le opere a rivelare la sua identità, perché le ha compiute nel nome del Padre che lo ha mandato. I giudei, non accolgono la sua testimonianza perché non vogliono appartenere al suo gregge, rifiutandosi di ascoltare la sua parola. Solo chi ascolta, infatti, dichiara di appartenere al nuovo popolo di Dio. “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono … e nessuno le strapperà dalla mia mano” (Giovanni 10,27-28).
Ecco, carissimi, cosa viene chiesto a tutti e in particolare a voi, cari ordinandi Luca, Luca e Jonathan: di ascoltare la voce del Signore Gesù per far parte del suo gregge e partecipare alla vita stessa di Dio. Si può seguire il Signore Gesù solo se si ascolta la sua voce e si accolgono le sue parole. Prima ancora di cose da fare o doveri da eseguire, diventiamo suo gregge, seguaci del Buon pastore, quando ascoltiamo e siamo attenti alla sua Parola. Ma per ascoltare non è sufficiente sentire o udire. Questo comporta solo una percezione sensoriale di un suono o di una parola. Il vero ascolto avviene quando la parola raggiunge la mia mente e il mio cuore e diventa ubbidienza, sequela. Siamo suoi discepoli quando, ascoltata la sua voce, ci poniamo alla sua sequela perché ci fidiamo di Lui, della sua parola e delle sue proposte di vita. L’ascolto è l’atteggiamento fondamentale del credente perché è l’inizio di una relazione d’amore con il Signore. Non si conosce veramente se non ciò che si ama. La conoscenza di cui parla Gesù non è una dottrina o qualcosa da sapere, ma si colloca a un livello più profondo, esistenziale. Essa coinvolge tutta la persona: intelligenza, volontà, affetti: in una parola tutta la vita.
Carissimi ordinandi, il Signore Gesù vi invita a non aver paura di mettere al centro della vostra vita e della scelta che state per fare l’ascolto della Parola di Dio. Così pregheremo nella preghiera di ordinazione: “Siano degni cooperatori dell’ordine episcopale, perché la parola del vangelo mediante la loro predicazione, con la grazia dello Spirito Santo, fruttifichi nel cuore degli uomini e raggiunga i confini della terra”. E negli impegni che liberamente vi prenderete, vi chiederò se “volete adempiere degnamente e sapientemente il ministero della Parola nella predicazione del Vangelo”. Riporto anche un passaggio dell’esortazione Evangelii Gaudium che papa Francesco rivolge ai presbiteri: “Chiunque voglia predicare, prima dev’essere disposto a lasciarsi commuovere dalla Parola e a farla diventare carne nella sua esistenza concreta. In questo modo, la predicazione consisterà in quell’attività tanto intensa e feconda che è comunicare agli altri ciò che uno ha contemplato” (150).
Che fa la differenza, cari ordinandi, nel vostro ministero pastorale e nella vostra vita spirituale sarà proprio l’ascolto orante della Parola. Non si può essere ministri della Parola se prima non ci si affida totalmente alla Parola di Dio, se non ci si lascia portare dalla Parola che è una realtà “viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio” (Ebrei 4,12). Nell’ultimo discorso ai presbiteri di Mileto, Paolo li “affida a Dio e alla parola della sua grazia” (Atti 20,32). Essere affidati alla Parola significa accettare che essa diventi la guida della nostra vita, che tutto nella nostra vita faccia affidamento alla Parola che si è fatta carne in Gesù di Nazareth. Carissimi Luca, Luca e Jonathan, ma anche noi presbiteri e diaconi, religiosi/e, seminaristi e tutti voi fratelli e sorelle, date quotidianamente del tempo all’ascolto della Parola. La fede, ci ricorda Paolo, nasce dall’ascolto (cfr. Romani 10,17).
E anche voi giovani presenti, se volete realizzare pienamente la vostra vita, se volete scoprire nella verità il progetto che Dio ha su di voi, se volete mettervi alla sequela del Signore, dedicate del tempo, ogni giorno, all’ascolto della sua Parola. Ogni vocazione nella Chiesa, sia nel matrimonio, nella vita consacrata o nel presbiterato, ha la sua origine nello sguardo misericordioso di Gesù che ci invita a fare della nostra vita un dono di amore per tutti. Se non ci si mette in ascolto, non ci si può innamorare e non si può seguire il Signore. Dio ha bisogno di voi, la nostra Chiesa ha bisogno di voi, io, per esercitare il mio ministero, ho bisogno di voi!
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo