Omelia Pasqua di Risurrezione – Pordenone, 20 aprile 2014

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Omelia Pasqua di Risurrezione 

Pordenone, 20 aprile 2014

Era il primo giorno della settimana, erano passati tre giorni d’inutile attesa, ed è diventato all’improvviso il primo giorno di una vita nuova che vince l’oscurità della notte e ci riporta alla gioia più vera, l’alba del giorno più importante della storia: Gesù vivo e risorto, luce che illumina il nostro cammino e la nostra vita. Un cammino non facile, sia quello dei primi discepoli che anche il nostro: non facile ma possibile e praticabile. La Pasqua è molto di più di una festa tra le tante, non è solo il ricordo di un evento, di un fatto del passato, pur bello, ma è per ciascuno di noi la possibilità di sperimentare e di vivere ogni giorno il dono di una vita nuova, di una gioia che inonda il nostro animo e la nostra vita portandoci pace e la serenità. Cristo è risorto, è vivo e cammina quotidianamente al nostro fianco. Non chiudiamoci alla novità di Dio1 A noi però la decisione di accoglierlo, di accorgerci che ci passa accanto.
Come prendere questa decisione? La Parola di Dio che abbondantemente ci è stata offerta nella Veglia Pasquale e nell’Eucaristia della Pasqua ci invita a farlo suggerendoci di uscire da noi stessi e di metterci in cammino. L’essenza della Pasqua è proprio il movimento, il camminare verso una meta ben precisa. Il popolo ebreo celebrò la pasqua “con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano” (Esodo 12,11), aspettando il passaggio del Signore che li liberava dalla schiavitù dell’Egitto e mettendosi anche loro in cammino verso la terra promessa, senza più voltarsi indietro. Anche Maria di Magdala, come ci narra il vangelo, corre di buon mattino al sepolcro; e corrono pure i due apostoli. Possiamo ben dire che a Pasqua tutti corrono, perché non si può rimanere fermi quando si ama, quando si è alla ricerca del significato più profondo e più vero della vita. Anche perché una delle tentazioni dell’umanità di sempre, di ieri come di oggi, è di fermarsi, di cedere alla paura che tarpa le ali e ci impedisce di raggiungere la meta e di compiere le scelte più importanti della vita. Le novità spesso ci fanno paura, anche la novità che Dio ci dona, le sorprese che Lui ci riserva. Spesso siamo stanchi, delusi, pensando di non essere capaci, di non farcela e così perdiamo la fiducia e ci rassegniamo.
Invito ciascuno a entrare per un istante, come hanno fatto le donne e i discepoli, nel sepolcro, per trovare un po’ più di forza e di incoraggiamento nel cammino da compiere, certi che proprio qui troveremo tutte le risposte alle nostre domande e ai nostri interrogativi. Le donne e gli apostoli entrano e trovano la tomba vuota. Ci sono però delle tracce: “vide i teli posati là” (Giovanni 20,5). Erano le bende e i teli che avvolgevano il corpo di Gesù morto, piegati con cura. Anche per Gesù la Pasqua ha significato un passaggio dalla morte alla vita. La presenza delle bende sta ad indicare che il risorto è il crocifisso, colui che ha donato la vita, sparso il suo sangue per noi. E’ il segno che una morte vissuta per amore, come dono totale di sé, apre sempre ad un nuovo inizio, ad una vita nuova. Ora però il cuore, anche il nostro cuore, può ricominciare a sperare perché Gesù non è più imprigionato dalle catene della morte, ma è vivo e risorto. Non è semplicemente tornato in vita, ma è la vita stessa, il Figlio del Dio vivente. Gesù non è più nel passato ma vive nel presente ed è proiettato nel futuro. C’è un secondo aspetto che vorrei sottolineare nel racconto della risurrezione tramandatoci dall’evangelista Giovanni. La prima parola di Gesù risorto, come ci racconta Giovanni, parola che ci commuove ancora, è rivolta alla Maddalena: “Donna, perché piangi?” (20,15). E’ lo stile di Dio che non è preoccupato delle nostre paure, dei nostri dubbi e nemmeno dei nostri tradimenti, ma è preoccupato di noi, di come stiamo, delle nostre sofferenze e di quello che ci affligge. Un Dio non lontano, indifferente, ma un Dio vicino che ci ama e ci conosce profondamente. Gesù non ci ha abbandonato, non ci lascia soli a lottare contro le fatiche, i dolori e le contrarietà della vita. Penso in questo momento alle tante persone che soffrono negli ospedali, nelle carceri. Penso ai lavoratori e agli imprenditori del nostro territorio che vivono in prima persona la crisi economica, in particolare i giovani. Gesù, il crocifisso è risorto; c’è ancora speranza perché l’amore è più forte del male e della stessa morte e ha la capacità di trasformare anche il nostro dolore e le nostre sofferenze. Lasciamoci tuti rinnovare dall’amore di Dio e annunciamo al mondo, con la testimonianza della vita, con scelte di amore e di solidarietà che Dio è vicino a tutti.
In questo modo è indicata e evidenziata la meta del nostro cammino: la vita nuova, il regno di Dio, il paradiso! Così è precisato il progetto di vita di Gesù, un progetto che è capace di realizzare ogni vita perché fondato non sulle sole forze umane ma nell’obbedienza al Padre. La risurrezione di Gesù ci mette in movimento, va accolta, compresa e vissuta. Gesù risorto ci lascia delle tracce perché noi possiamo seguirlo e camminare vicino a Lui e dietro di Lui ed essere segno di questo amore con gesti di solidarietà. Concludo con le parole di Papa Francesco della Pasqua dell’anno scorso: “Accetta allora che Gesù Risorto entri nella tua vita, accoglilo come amico, con fiducia: Lui è la vita! Se fino ad ora sei stato lontano da Lui, fa’ un piccolo passo: ti accoglierà a braccia aperte. Se sei indifferente, accetta di rischiare: non sarai deluso. Se ti sembra difficile seguirlo, non avere paura, affidati a Lui, stai sicuro che Lui ti è vicino, è con te e ti darà la pace che cerchi e la forza per vivere come Lui vuole”.

Buona Pasqua a tutti!

+Giuseppe Pellegrini

vescovo

Pordenone
20/04/2014
33170 Pordenone, Friuli Venezia Giulia Italia