Omelia per la celebrazione eucaristica nel 50° della tragedia del Vajont Fortogna, 9 ottobre 2013

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Omelia per la celebrazione eucaristica nel 50° della tragedia del Vajont

Fortogna 9 ottobre 2013

 

Siamo qui non solo per commemorare il disastro della notte del 9 ottobre 1963, ma ci siamo radunati come popolo santo di Dio, raccolti attorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia, uniti al sacrificio di Cristo e alle 1971 vittime del Vajont, consapevoli con san Paolo che “né morte né vita, ne angeli né principati, né presente né avvenire… potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù” (Rom 8,38).
Sta davanti a noi, con tutta la sua devastazione, vergogna e carico di dolore ancora vivo, il disastro del Vajont. Insieme con questo abbiamo presenti tante altre tragedie che ogni giorno in varie parti del mondo rivelano i mali dell’umanità, accompagnati dall’indifferenza e talvolta anche dalla malizia. Ma abbiamo davanti a noi anche la crocifissione di Gesù, crimine intessuto di menzogne e di violenza, segno che raccoglie tutte le iniquità che sono sulla terra. Nello stesso tempo la croce è atto di fede nell’amore di Dio che non abbandona mai chi spera in Lui. La morte di Gesù infatti non è l’ultima parola perché è inseparabile dalla Risurrezione, che è il Si di Dio alla promesse, garanzia della nostra vita nuova e della nostra resurrezione. L’abisso della notte e del tradimento si è trasformato in un abisso di luce e di grazia, generando il crocifisso risorto che illuminerà per sempre tutta l’umanità e tutta la storia.
Il disastro del Vajont, così come molte altre catastrofi, sono solo in parte frutto di una calamità naturale. Il Vajont è una ferita ancora aperta, sanguinante, risultato di grande irresponsabilità e indifferenza alla valutazione dei rischi umani ampiamente annunciati e poi successivamente verificati e provati! Proprio per questo dobbiamo riconoscere che ben più grave e vasta è la frana ‘antropologica e sociale’ che si è abbattuta e si abbatte continuamente sull’umanità, più devastante dei milioni di metri cubi di terra e di acqua che si sono riversati sui paesi, provocando distruzione e morte. E’ la frana dell’egoismo e dell’interesse umano ed economico che sovrastano la dignità della persona umana. Di fronte agli interessi l’uomo non conta più niente. Perché?
Noi quest’oggi siamo qui per parlare della vittoria di Dio sul male e sulla morte e per confessare come Dio sappia trarre la luce dalle tenebre. Con san Paolo, carissimi, diciamo “che tutto concorre al bene, per quelli cha amano Dio. … E se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Chi ci separerà dall’amore di Cristo?” (Rom 8, 28.31.35). Non ci sono altre parole, meglio non c’è nessun’altra esperienza umana che possa dare un senso e un significato a questa tragedia! Alla fine non trionferà la morte ma la vita, nella misura però in cui anche noi saremo capaci, come Cristo, di fare della nostra vita un dono d’amore per l’umanità. Solo nell’abbandono e nella fedeltà, solo nel lasciarci interpellare dalla sofferenza, diventeremo capaci di riconoscere l’amore di Dio e di testimoniarlo a tutti. Se dare la vita per gli amici è una grande prova d’amore (cfr. Gv 15,13), Gesù si è donato e si dona per tutti, nessuno escluso. Ed è da questo gesto, dalla sua morte in croce che l’amore di Gesù si rivela come il dono più grande per tutta l’umanità. Da ogni tragedia può nascere sempre un seme di speranza. Anche nel Vajont! Mi piace ricordare a questo proposito che proprio il Vajont è stato definito la prima grande storia di solidarietà del nostro paese. Forze dell’ordine, gruppi di soccorso e moltissimi semplici cittadini giunsero come volontari da ogni parte d’Italia per dare una mano.
Di fronte a questa immane tragedia molti sono i sentimenti che ci portiamo nel cuore. Come cittadini, pur percependo tutta l’amarezza di una giustizia che non si è ancora pienamente compiuta, chiediamo che questo evento, che fa parte della nostra storia, entri nei libri di scuola, senza renderci prigionieri del passato e del male che abbiamo vissuto. Diventi invece motivo per una rinnovata sensibilità da parte delle istituzioni nei confronti delle popolazioni che abbisognano di maggiori servizi e del territorio per il quale chiediamo prevenzione, maggiore tutela e salvaguardia. Come discepoli del Signore, che hanno vissuto il mistero della croce nel fango e nella distruzione, invochiamo da Dio la forza per far nostre le parole di Gesù sulla croce: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc. 23,34).

+Giuseppe Pellegrini

Nel fare memoria di questo evento chiediamo una e una vicinanza delle istituzioni. Molti di noi sono qui anxche come credenti. Tenendo lo sguardo sul crocifisso e contemplando il gesto da’more di gesù per tutta l’umanità

Fortogna
09/10/2013
32013 Longarone Fortogna, Veneto Italia