Diocesi di Concordia-Pordenone
Omelia S. Messa nella Cena del Signore – Pordenone, 17 aprile 2014
Servo per amore
La celebrazione di questa sera che apre il triduo pasquale, vertice di tutto l’anno liturgico, ci aiuta a penetrare più profondamente il dono che il Signore ci ha fatto. E’ la celebrazione dove Gesù consegna se stesso al Padre e a noi. Si comprende così ancora meglio l’espressione “Fate questo in memoria di me”. Gesù si offre al Padre e si offre anche a noi nei tre grandi segni sacramentali: nel sacramento dell’Eucaristia della sua presenza reale, nel sacramento del sacerdozio ministeriale e nella sacramentalità dell’amore fraterno rappresentato dalla lavanda dei piedi, parabola dell’amore gratuito di Dio che si china sull’umanità ferita e sofferente. Aiutati così dalla Parola di Dio appena proclamata, entriamo in comunione con il Signore che passa, visita e libera il suo popolo dalla schiavitù. E’ un passaggio che hanno sperimentato gli antichi padri in Egitto e che sperimentiamo anche noi ogni volta che accogliamo il dono che Gesù ci ha fatto con la sua morte e risurrezione. “Ogni volta – ci ricorda san Paolo nella seconda lettura – che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore finché egli venga” (1 Cor 11,26).
Siamo così invitati anche noi, come ha fatto Gesù, a fare della nostra esistenza un dono d’amore che assomigli a un pezzo di pane spezzato, a un sorso di vino consumato insieme. Questa sera però, come ci ricorda il Vangelo, il segno del dono di sé rappresentato dal pane e dal vino, si arricchisce di un altro segno, di un altro gesto, che per l’umanità di ieri e di oggi, rappresenta più plasticamente il dare la vita per amore: mettersi un grembiule, chinarsi ai piedi e lavarli con acqua fresca, baciarli con un gesto di umiltà e di autentico servizio. Il vangelo di questa sera ci presenta un amore che va oltre al sentimentalismo del cuore, un amore romantico fatto di baci e di carezze, un sentimento che tuttalpiù ci tormenta il cuore. E’ invece un amore che sa mettersi in ginocchio e lavare con umiltà i piedi sporchi e stanchi di ogni persona. E’ un amore che non rimane ‘seduto’, in attesa che sia l’altro o l’altra a venirci incontro, a fare il primo passo e a chiedere qualcosa, un amore prigioniero del nostro egoismo e della nostra pigrizia. L’amore che ci testimonia Gesù ha bisogno di ‘alzarsi’ e di chinarsi sull’altro, di fare il primo passo verso chi è nel bisogno e nella sofferenza.
Contempliamo ancora una volta la scena evangelica. Gesù si toglie la veste e rimane con la sola tunica, unico indumento degli schiavi. Era un gesto che nessun ebreo avrebbe mai compito, nemmeno ad un altro ebreo! Poi comincia a lavare i piedi ad uno ad uno dei suoi discepoli, incontrandoli personalmente e indicando loro la via dell’umiltà, della piccolezza e del perdono. Pietro si oppone, rappresentando così anche la nostra paura e resistenza ad un dono che lo poneva nella condizione di essere debitore a sua volta verso gli altri. Se è difficile ricevere doni con animo libero e gratuito, ancora più difficile è accettare di dover dare qualcosa a qualche altro, di dover dire grazie. Alla fine poi Gesù invita i discepoli, se lo vogliono seguire, a fare altrettanto. E’ uno stile di vita che Gesù insegna a chiunque voglia essere suo discepolo. L’amore che Gesù ci offre non può rimanere rinchiuso dentro una stanza né si può consumare solo fra un gruppetto di amici, ma deve essere diffuso e comunicato a tutti: “Se dunque io, il Signore e il Maestro, go lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni gli altri” (Giovanni 13,14). Gesù si mostra un vero maestro d’amore, sulle cui orme dovranno tutti camminare, amandosi gli uni gli altri, fino al punto di lavarsi reciprocamente i piedi. Nell’Eucaristia Gesù l’ha dimostrato, diventando per tutti pane spezzato e vino versato. L’Ultima Cena, anticipazione della morte di Gesù e la sua morte in croce, sono la più grande espressione dell’amore, così com’è rappresentato nella lavanda dei piedi Gesù dimostra la sua identità profonda e l’identità di Dio: Dio è amore! Non esiste un Dio che non sia servo, che non si metta a servizio dell’umanità.
Carissimi tutti, ecco indicata la nostra vera identità di cristiani. In quanto siamo amati da Dio e facciamo esperienza del suo amore gratuito, anche noi possiamo metterci in atteggiamento semplice, amorevole e disponibile, al servizio gli uni verso gli altri. Sappiamo bene che il servizio si impara non studiandolo sui libri e nemmeno con tante parole, ma servendo! Imparando da Gesù, anche noi, prendiamo la decisione di servire gli altri, partendo dalle persone vicine, dai nostri di casa, dai colleghi e amici, fino ai più poveri che sono tra di noi. Lo ha fatto Gesù! Facciamolo anche noi. Questo è il senso più vero dell’Eucaristia che ogni domenica celebriamo.
+Giuseppe Pellegrini
vescovo