Omelia Veglia di preghiera XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù – Annone Veneto, 12 aprile 2014

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Omelia Veglia di preghiera XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù

Annone Veneto, 12 aprile 2014

“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli” (Matteo 5,3)

Carissimi giovani, un saluto cordiale e pieno di affetto! Sono contento e felice di essere insieme con voi per celebrare la Giornata Mondiale della Gioventù 2014, con nel cuore ancora la bellissima esperienza dell’incontro di Rio! Prima di rispondere alle domande permettete che mi soffermi per ricordare il significato e il valore delle Beatitudini.
Papa Francesco ha invitato tutti voi giovani a ritmare il vostro cammino di fede e di preparazione al prossimo incontro internazionale dei giovani a Cracovia nel 2016 meditando sulle Beatitudini e, in quest’anno particolarmente sulla prima: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli” (Matteo 5,3). Le Beatitudini non sono una serie di norme di comportamento e nemmeno non vogliono dirci cosa dobbiamo fare; prima di tutto ci offrono uno stupendo messaggio su Dio e sul suo rapporto con l’umanità. Ci fanno vedere un Dio che ha cura di noi, che, come ci dice la prima beatitudine, nel suo Figlio Gesù ha scelto la via della povertà spogliandosi della sua gloria per arricchire tutti noi (cfr. Filippesi 2,5-7 e 2 Corinzi 8,9). Un’altra considerazione desidero offrirvi, presente pure nel messaggio di Papa Francesco: con il messaggio delle Beatitudini, Gesù ci comunica la vera via della vita e della felicità. E’ uno strano modello di felicità che Gesù ci offre, differente dalle felicità martellateci costantemente dai media, che ci propinano il successo ad ogni costo, l’arroganza e l’affermazione di sé a scapito degli altri. La parola beato, in greco, significa felice! Una felicità non a basso prezzo o a corto raggio, che dura l’attimo di ebbrezza della trasgressione. Non è felicità questa! La felicità delle beatitudini è la felicità del dono di sé, di una vita che si consuma per gli altri, in qualsiasi occasione o circostanza. Non lo dico perché è il personaggio del momento, ma perché mi ha commosso. Alla domanda della Carrà, perché sei venuta qua, suor Cristina, con una carica e semplicità strabiliante ha detto: “Beh, ho un dono … ve lo dono!”. E non era in chiesa o in un teatro parrocchiale ma a Voice!
Rispondo ora alla domanda di Paola che riassumo così: “Quando le cose vanno male, di fronte al dolore e alla sofferenza, c’è spazio per Dio?; come posso affidarmi a Lui?”. E’ lo stesso interrogativo che mi sono fatto 15 giorni fa, la mattina del venerdì 4 aprile aprendo il giornale e leggendo la notizia della tragica morte del giovane Lorenzo di 19 anni di Fiume Veneto avvenuta a Pordenone. L’articolo portava anche il dolore di suo papà: “Perché Dio ci ha abbandonato?, perché ci ha punito?”. E’ l’interrogativo che esprime la ricerca spirituale dell’umanità lungo i secoli, espresso nella Bibbia nel salmo 73: “Perché, Signore, mi respingi, perché mi nascondi il tuo volto”. Anche Giobbe se lo chiede, arrivando però a dire che il tentativo di gettare su Dio la responsabilità della sofferenza del mondo porta a un vicolo cieco, all’errore più grande. Perché è proprio con la sofferenza che noi possiamo entrare nella comprensione del ‘mistero’ di Dio che nel suo Figlio Gesù, si i donato totalmente per noi, per offrirci ‘cieli e terra nuovi’ e per donarci una speranza che non finisce mai, capace di sostenere ogni fatica e ogni dolore. Gesù ha bevuto con noi e per noi il calice amaro della sofferenza, trasformandolo però in una coppa piena di grazie e di benedizioni. Le grida degli oppressi, di ogni oppresso, nel corpo e nello spirito, salgono quotidianamente fino a Dio mettendo così in moto un processo di liberazione nel quale Dio si fa presente e interviene. Abbiamo bisogno del Dio che si è fatto carne e che ci mostra come Egli non sia solo un ragionamento o una bella teoria, ma Amore, amore capace di dare tutto per noi, un amore che si rende presente proprio nei momenti in cui nient’altro viene fatto se non amare. Si, perché l’amore è gratuito, non c’è nessun altro scopo o fine, se non amare e donare tutto. Questo ha fatto Gesù per noi e questo ci insegna a fare.
La seconda domanda di Stefania coglie sul vivo il tema della povertà, perché si chiede come vanno d’accordo chiesa e povertà? Non è forse triste la testimonianza che nei secoli la Chiesa ci ha dato proprio su questo aspetto? Anni fa un vescovo confidò a madre Teresa la sua amarezza nel vedere la fatica della chiesa a svestirsi delle sue ricchezze e del suo potere. Madre Teresa prese le sue mani e tenendole strette disse: “Ricorda l’episodio di Pietro che ebbe l’audacia di chiedere a Gesù di farlo camminare sulle acque?”. Alla risposta affermativa, continuò dicendo che quando Pietro camminava sulle acque non rappresentava la Chiesa. Usci allora al vescovo la domanda: “E allora, quando è, madre, che Pietro rappresenta la Chiesa?”. Prontamente madre Teresa rispose: “Quando Pietro affondava nelle acque del mare di Galilea. In quel momento Pietro rappresenta la chiesa, che è sempre in mezzo alla bufera e ai pericoli. Ma c’è una certezza: la mano di Gesù non si staccherà mai dalla mano di Pietro e dalla Chiesa”. E proprio in questi tempi stiamo sperimentando l’aiuto di Gesù, in particolare con il dono che ha fatto alla sua Chiesa di papa Francesco, che più che con le parole con l’esempio e la testimonianza rende la Chiesa tutta più credibile e più attenta alle povertà di tante persone. Ci ha lasciato tutti stupiti, a tre giorni dalla sua elezione, durante l’incontro con i giornalisti, la sua affermazione: “Ah, come vorrei una chiesa povera e per i poveri!”. Una Chiesa povera per i poveri incomincia con l’andare verso la carne di Cristo. Un’ultima battuta, su questo aspetto, vorrei rivolgervi cari giovani. Quando parliamo della povertà della Chiesa, non pensiamo solo alla chiesa istituzione, ma alla chiesa Popolo di Dio, alla Chiesa che siamo noi, che sono io che ti parlo, tu che mi ascolti! Ecco perché Papa Francesco, nel messaggio che vi ha rivolto per questa Giornata della Gioventù, insiste sulla necessità che una scelta di povertà si deve trasformare in stile di vita, incidendo concretamente nella nostra esistenza. Essere poveri in spirito domanda a tutti noi di essere liberi nei confronti delle cose, imparando a spogliarci delle cose superflue e inutili. Quanti sprechi di cibo, di energia elettrica, di tempo, … e tanti vostri coetanei anche oggi muoiono di fame, di mancanza di cure, e anche di noia!
La terza di Nicola è una domanda personale: la mia esperienza di povertà, di essere povero in spirito! Figlio di contadini, non mi è mai mancato il pane, anche se ho sempre aiutato la famiglia, con qualche lavoretto, anche nel tempo del seminario. Essere povero per me è esser capace di stare con gli altri, di condividere i doni che il Signore mi ha dato, di non pormi mai sopra le persone, e se possibile di mettermi dalla parte dell’altro. Ringrazio il Signore che mi ha fatto un grande regalo. Per alcuni anni ho avuto la possibilità – all’interno dell’Ufficio missionario della CEI di incontrare tanti missionari in vari paesi del mondo e di visitare le loro comunità. Situazioni di povertà umana incredibili, poveri veramente poveri, che mi hanno arricchito immensamente. Porto solo una testimonianza. Nel 2005 sono stato in Guinea Conakry a vistare alcuni progetti legati alla riduzione del debito. Il paese stava vivendo una delle tante guerre dimenticate! Per due giorni sono stato, insieme alle suore di Madre Teresa, a portare un pasto agli oltre mille carcerati, perché lo stato gli sfamava una sola volta la settimana. Non vi dico com’erano le condizioni del carcere. I carcerati, suddivisi in 4 stanzoni, non potevano sdraiarsi per terra tutti di notte, perché non ci stavano. Mentre aiutavo le suore a distribuire un po’ di riso, uno mi chiese di parlare e di confessarsi! E’ stata una delle confessioni più belle della mia vita di sacerdote.
L’ultima domanda di Mattia ci spinge alla testimonianza, ad uscire dal recinto, a non aver paura di annunciare al mondo, ai vostri coetanei lo stile del vangelo, la vera rivoluzione che il vangelo porta nel mondo. Come essere poveri, come vivere anche noi la povertà nella vita di ogni giorno? Ai giovani convocati nel meraviglioso lungomare di Copacabana, papa Francesco diceva: “Vedete cari amici, la fede compie nella nostra vita una rivoluzione che potremmo chiamare copernicana: ci toglie dal centro e mette al centro a Dio; la fede ci immerge nel suo amore che ci dà sicurezza, forza, speranza. … Cari amici, la fede è rivoluzionaria e io oggi ti chiedo: sei disposto, sei disposta e entrare in quest’onda rivoluzionaria della fede?”. Sempre papa Francesco nel messaggio per questa GMG vi affida “in modo particolare il compito di rimettere al centro della cultura umana la solidarietà”. Lo si può fare solo vincendo la tentazione dell’indifferenza. Dobbiamo stare con i poveri e non riempirci la bocca di belle parole sui poveri. Anche voi carissimi, come gruppo, nelle vostre parrocchie andate in cerca dei poveri, delle vecchie e nuove povertà. Anche tra i giovani. Perdete del tempo per loro, incontrateli, state con loro. E’ il modo più bello per essere testimoni dell’amore di Gesù!

Buon cammino, buona settimana santa e Buona Pasqua!

+ Giuseppe Pellegrini

vescovo

Annone Veneto
12/04/2014
Annone Veneto, Veneto Italia