Omelia Veglia per la Giornata Missionaria Mondiale
Concattedrale Pordenone, 18 ottobre 2019
Carissimi, un caro saluto e un ben ritrovati in questa Veglia di preghiera. Inizio la riflessione con una espressione che prendo dall’Evangelii Gaudium al n. 120, perché ci aiuta a considerare il nucleo più vero e più profondo della nostra missionarietà. “In virtù del battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario … La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismo di ciascun battezzato”. Richiamo la vostra attenzione sulla bellissima espressione discepoli-missionari. Non si può essere discepoli del Signore se non si è, allo stesso tempo, missionari. Non si può essere cristiani, comunità cristiana, Chiesa diocesana se non si è missionari, se non si accoglie la proposta esplicita di Gesù di portare in tutto il mondo la sua Parola e di comunicare a tutti l’amore di Dio. Questa espressione viene da lontano, dal documento di Aparecida: “Ogni discepolo è missionario, perché Gesù lo rende partecipe della sua missione e allo stesso tempo lo unisce a se stesso come amico e come fratello” (n. 144).
La veglia missionaria, che ha per slogan battezzati e inviati, si inserisce nell’ottobre missionario, che quest’anno, per desiderio di papa Francesco, ha un valore e un significato tutto particolare. All’inizio di questo mese, papa Francesco ha ricordato ai missionari che “questo mese missionario straordinario vuole essere una scossa per provocare a diventare attivi nel bene. Non notai della fede e guardiani della grazia, ma missionari. Ma come si fa a diventare missionari? Vivendo da testimoni: testimoniando con la vita di conoscere Gesù”. È uno stimolo per noi e le nostre comunità cristiane, spesso un po’ stanche e deluse, spesso chiuse a riccio e impenetrabili al soffio dello Spirito, a prendere un po’ più di entusiasmo e di coraggio per accogliere la forza e la presenza dello Spirito Santo, la presenza viva del Risorto, che ci invita a guardare oltre, a camminare con gioia insieme con Lui per le vie del mondo e diventare messaggeri del suo amore. Siamo invitati a diventare attivi nel bene! Questo è il missionario: il testimone di Gesù, non con le parole ma con la vita. Il missionario è un martire dell’amore, nella quotidianità della vita e, talvolta, anche con il versamento del suo sangue. Il missionario è colui che non tiene per sé la gioia di aver incontrato il Signore Gesù, ma lo annuncia a tutti perché, in un mondo pieno di dolore e di sofferenza, di guerre e di egoismi, è necessario che qualcuno gridi con la testimonianza della vita, l’amore di Gesù per l’umanità. Andare in missione non è scappare via dalla realtà, non è una fuga dalle fatiche del vivere quotidiano o un criticare tutti perché le cose non vanno bene. È invece un coinvolgimento totale della vita, vivendo in prima persona l’incontro con Gesù e il servizio agli altri, in particolare ai più poveri.
Nel messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno, papa Francesco racchiude in una espressione di Gesù il significato più vero della missione: gratuitamente abbiamo ricevuto il dono dell’unione con Dio e gratuitamente lo condividiamo (cfr. Matteo 10,8). L’unione con Dio, la vita in Dio, che ci vengono donati nel battesimo, non ci portano a fare proselitismo, ma sono una ricchezza che abbiamo ricevuto e che dobbiamo donare con la testimonianza della vita. “Chi ama – continua papa Francesco – si mette in movimento, è spinto fuori da sé stesso, è attratto e attrae, si dona all’altro e tesse relazioni che generano vita. Nessuno è inutile e insignificante per l’amore di Dio. Ciascuno di noi è una missione nel mondo perché frutto dell’amore di Dio”. Anche noi siamo invitati, stasera, a metterci in movimento, a non stare a guardare dalla finestra cosa capita nel mondo, ma a scendere in campo e andare a portare tutti la gioia dell’incontro con Gesù. Ce lo ricorda con forza il Vangelo proclamato, l’invio in missione dei 72 discepoli. L’evangelista Luca – oggi è la sua festa – oltre all’invio degli apostoli, riferisce anche dell’invio dei 72, proprio per rimarcare che la missione non è affidata solamente alle persone consacrate, ma è per tutti. Il compito di annunciare il Vangelo rientra nello specifico della vocazione cristiana ed è rivolto a tutti, nessuno escluso. Infatti, nella tradizione giudaica il numero 72 indica il numero delle nazioni ella terra.
La missione, secondo il racconto evangelico, ha il suo punto di partenza nell’invio. Uno non parte da solo, perché gli piace o perché vuole vivere una bella avventura, ma è mandato per portare a compimento un incarico ricevuto. Mandati per andare! Nel concetto di invio c’è l’idea del viaggio, della partenza. Non sono i popoli che devono incamminarsi verso i discepoli, ma sono questi che devono andare a cercare le persone e portare a loro il messaggio di Gesù. Non è sufficiente parlare, fare proclami o disquisizioni, ma è necessario uscire da se stessi e andare incontro agli altri. Cosa ci chiede il Signore per essere discepoli missionari e andare in missione? Quali comportamenti assumere? Il Vangelo ci offre tre suggerimenti:
- “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai” (Luca 10,2). Gesù ci chiede la consapevolezza dell’urgenza e della vastità del compito missionario. Ci sono ancora miliardi di persone che non conoscono Gesù e non ne hanno mai sentito parlare. Non c’è tempo per disquisizioni accademiche o discussioni inutili. Bisogna andare!
- “Non portate borsa, né sacca, né sandali” (v. 4). Il discepolo va con lo stile dei poveri, senza tante strutture e mezzi e senza lasciarsi appesantire da troppi bagagli, da troppe esigenze o resistenze personali; senza paure! Va in libertà di
- “Vi mando come agnelli in mezzo a lupi” (v. 3). Il discepolo è consapevole della sproporzione della missione. Ecco perché deve andare non contando sulle proprie forze ma sulla forza che viene dallo Spirito
Concludo con il bellissimo e significativo invito di papa Francesco: “Nessuno è escluso dalla missione della Chiesa. Sì, in questo mese il Signore chiama anche te. Chiama te, padre e madre di famiglia; te, giovane che sogni grandi cose; te, che lavori in una fabbrica, in un negozio, in una banca, in un ristorante; te, che sei senza lavoro; te, che sei in un letto di ospedale… Il Signore ti chiede di farti dono lì dove sei, così come sei, con chi ti sta vicino; di non subire la vita, ma di donarla; di non piangerti addosso, ma di lasciarti scavare dalle lacrime di chi soffre. Coraggio, il Signore si aspetta tanto da te. Si aspetta anche che qualcuno abbia il coraggio di partire, di andare là dove più mancano speranza e dignità, là dove troppa gente vive ancora senza la gioia del Vangelo.
… Coraggio, fratelli e sorelle; coraggio, Madre Chiesa: ritrova la tua fecondità nella gioia della missione!” (Omelia Inizio del Mese Missionario straordinario 2019).
+ Giuseppe pellegrini vescovo