VI Domenica T.O. 30ma Giornata Mondiale del Malato

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Omelia

Omelia VI Domenica T.O.

Seminario di Pordenone, 13 febbraio 2022

30ma Giornata Mondiale del Malato

Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Luca 6,36). Papa Francesco ha scelto questa parola di Gesù come tema per la trentesima Giornata Mondiale del Malato. Giornata ideata da papa Giovanni Paolo II e che viene celebrata nel giorno della memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, per sensibilizzare il popolo di Dio, le istituzioni sanitarie cattoliche e tutta la società, all’attenzione verso i malati e verso quanti se ne prendono cura.

Nella preghiera iniziale abbiamo chiesto al Signore di vivere secondo lo spirito delle Beatitudini. Agli occhi di Dio, secondo il racconto delle Beatitudini dell’evangelista Luca (6,17-26), è beato chi è povero, chi è affamato, chi piange e chi viene disprezzato e non considerato. È beato chi si affida al Signore e si sente amato da lui ed è capace di condividere i suoi doni con gli altri.  Come ci ha ricordato il profeta Geremia nella prima lettura: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia” (17,7). La felicità consiste nel sentirsi amati da Dio e nell’amare gli altri, con lo stile di Gesù. Non il povero in quanto tale, o il sofferente perché soffre, sono amati da Dio, ma coloro che, pur in queste condizioni, non si disperano e si aprono all’amore di Dio, si affidano totalmente e pienamente a Lui. Il racconto di Luca evidenzia anche l’atteggiamento opposto, attraverso i quattro “Guai” (vv. 24-26). È l’atteggiamento dell’autosufficienza, del disinteresse verso gli altri e del distacco da Dio. Lo ricorda pure, il profeta Geremia: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno” (17,5). Costui è maledetto, cioè separato dalla fonte della vita che è Dio, assomigliando a una pianta che cresce spontanea. A noi a noi la decisione personale a quale categoria appartenere.

La felicità e la beatitudine sono un dono per tutti: per i forti e per i deboli, per i sani e per gli ammalati. Ogni persona è chiamata ad aprirsi con fiducia al Signore, ad accoglierlo nella propria vita in qualsiasi situazione fisica, morale o spirituale si trovi. Non c’è distinzione, ma è necessario aprirsi all’amore di Dio, fidarsi e affidarsi a lui. Gesù con la sua Parola ci ricorda che la felicità e la gioia non si possono riporre solo sulle cose materiali, perché prima o poi svaniscono e portano all’insoddisfazione. L’unica via che conduce alla felicità piena ce la tracciata e indicata Gesù: la via delle Beatitudini. Una via che sembra paradossale e impraticabile, ma che Gesù ha percorso e che tante altre persone, uomini e donne, lungo i secoli, hanno praticato, servendo gli altri e donando un senso pieno alla loro esistenza. Il beato è colui che non si arrende e si mette sempre in cammino, fiducioso di non essere solo, perché il Signore cammina con lui.

All’interno di questa prospettiva la Chiesa ci invita a celebrare la Giornata Mondiale del Malato. La celebrazione di questa giornata nella memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, ci mostra in maniera visibile – molti di noi hanno vissuto l’esperienza del pellegrinaggio a Lourdes, in particolare con l’OFTAL – lo stretto legame fra l’incontro e la relazione profonda con il Signore Gesù e sua Madre con la carità fraterna, nella vicinanza e nel servizio degli ammalati. La grotta di Massabielle è il luogo privilegiato dello Spirito dove sentirsi amati dal Signore e accesi di compassione verso i sofferenti. Le tante opere a favore dei malati sorte a Lourdes e i tanti gruppi che operano nelle nostre comunità parrocchiali e nella diocesi per la cura e l’accoglienza dei malati, trovano nell’amore misericordioso del Signore la loro ragione più profonda e la forza di continuare anche in questi tempi non facili. L’amore misericordioso e compassionevole di Dio diventa esempio e modello del nostro modo di essere vicini alle persone sofferenti, ammalate e anziane. Sappiamo che il prossimo sofferente è il volto visibile di Dio. Noi possiamo sperimentare la misericordia di Dio nella misura in cui siamo capaci di essere misericordiosi con gli altri. In un’udienza durante l’anno della Misericordia, Papa Francesco si chiedeva: “E’ davvero possibile amare come ama Dio ed essere misericordiosi come Lui?” (23.09.2016). La Chiesa, seguendo Gesù, Buon Samaritano dell’umanità, si è sempre prodigata verso coloro che soffrono, dedicando ai malati grandi risorse sia personali sia economiche. Pensiamo ai dispensari e alle strutture sanitarie sorte in ogni parte del mondo lungo i secoli; alle tante sorelle e ai tanti fratelli missionari che hanno speso la vita per curare i malati più poveri. Pensiamo anche ai numerosi santi e sante che hanno avviato opere sanitarie, coinvolgendo compagni e compagne e dando così origine a congregazioni religiose. Tutto questo ci dice che è possibile realizzare il comandamento del Signore.

Anche le nostre comunità cristiane, attraverso i tanti gruppi della carità e della sofferenza, attraverso la pastorale della salute e le associazioni, come l’OFTAL, si impegnano a porsi accanto e a prendersi cura di chi soffre. Una delle ‘opere di misericordia’ chiede espressamente di visitare e assistere le persone malate e sofferenti, non solo saltuariamente, ma in un cammino di carità, che porta a crescere nella relazione fraterna. Scrive Papa Francesco nel suo messaggio: “Il malato è sempre più importante della sua malattia, per questo ogni approccio terapeutico non può prescindere dall’ ascolto del paziente, dalla sua storia, dalle sue ansie, delle sue paure. Anche quando non è possibile guarire, sempre è possibile curare, consolare e far sentire una vicinanza che mostra interesse alla persona”. L’esperienza della malattia ci fa sentire fragili e bisognosi degli altri e nello stesso tempo chiede una domanda di senso, che nella fede si rivolge a Dio; una domanda che cerca un nuovo significato e una nuova direzione all’esistenza, anche se a volte può non trovare subito una risposta. San Giovanni Paolo II ha indicato, a partire dalla sua personale esperienza, il sentiero di questo cammino di ricerca. Non si tratta di ripiegarsi su sé stessi, ma, al contrario di aprirsi a un amore più grande. Ha scritto nella lettera apostolica Salvici doloris, 20: “Se un uomo diventa partecipe delle sofferenze di Cristo, ciò avviene perché Cristo ha aperto la sua sofferenza all’uomo, perché egli stesso nella sua sofferenza redentiva è divenuto, in un certo senso, partecipe di tutte le sofferenze umane.”

Questo tempo di pandemia, ci ricorda papa Francesco, ci sta insegnando ad avere uno sguardo sulla malattia come fenomeno globale e non solo individuale, e ci invita a riflettere su altri tipi di “patologie” che minacciano l’umanità e il mondo. Individualismo e indifferenza all’altro sono forme di egoismo che risultano purtroppo amplificate nella società del benessere consumistico, con conseguenti disuguaglianze che si riscontrano anche nel campo sanitario. Preghiamo in questa Eucaristia, per tutti gli operatori sanitari e i numerosi volontari che mettono tempo ed energie per alleviare le sofferenze dei malati e perché ognuno di noi, per intercessione della Madonna di Lourdes, possa offrire ad ogni persona sofferente una vicinanza fraterna e una testimonianza dell’amore del Signore.

+ Giuseppe Pellegrini
Vescovo

Pordenone
13/02/2022